Translate

lunedì 6 aprile 2015

4.Africa.Viaggio nel teatro francofono contemporaneo.



Teseo e il minotauro:mosaico romano al museo del Bardo di Tunisi

Per districare il groviglio












Il teatro africano.
Cerchiamo di affrontare la ricerca sul teatro africano,prima di tutto con una prospettiva storica per cercare di scoprire non solo i nodi della sua identità attuale,ma anche le ragioni che essi sottendono
e le tappe che hanno segnato il percorso che ha permesso di tratteggiarne il profilo.

A rappresentare questo complesso intreccio di elementi abbiamo scelto un drammaturgo ,Sony Labou Tansi,che ci è subito apparso significativo per un insieme ricco e originale di motivi.

E’ noto come in Africa il teatro sia stato lo strumento privilegiato dagli intellettuali per provare a regolare i conti con il colonizzatore,che già se ne era servito per cercare di tenere sotto controllo la loro resistenza.

E’ quindi ancora mediante il teatro che con la decolonizzazione – quando siamo negli anni ’60 – i drammaturghi provano a infondere speranza nel popolo perché creda nella possibilità di diventare
attore del proprio destino. Basta ricordare quanto impegno Aimé Césaire dedicò al teatro
africano,convinto di quanto esso fosse più utile della sua poesia a sostenere la causa della
négritudine.
Nel decennio successivo si manifesta la necessità di denuncia di nuovi problemi che logorano
il tessuto socio-politico del continente. Il potere della borghesia nera ha rivelato il suo volto
autoritario e corrotto. la satira entra allora da aspra protagonista nelle rappresentazioni che devono
peraltro rinunciare ad ogni forma di realismo per poter mantenere la propria forma di denuncia. E’ infatti indispensabile distogliere l’attenzione del censore,che è sempre in agguato,col ricorso al registro fantastico. Mettere in discussione l’arte teatrale occidentale porta a ridiscutere
inoltre del tutto naturalmente anche gli strumenti linguistici perché favoriscano il coinvolgimento dello spettatore e che siano funzionali all’allargamento del pubblico In primis è certamente l’uso del
francese a far discutere. si è consapevoli di come esso favorisca la comunicazione con l’universo
della francofonia,ma non si ignora neppure come sia insita in quella lingua la sopravvivenza di una connotazione che la storia ha reso piuttosto ambigua. Che la forte diffidenza nei confronti di una lingua introdotta e imposta dal colonizzatore sia un problema che sopravvive,lo testimonia,ad esempio,l’affermazione del drammaturgo congolese Tchicaya U Tam,che,però,lo affronta costruttivamente:”La lingua francese mi colonizza,io la colonizzo a mia volta.”Altri preferiscono
far coesistere con funzioni di definizione di identità sociale la lingua francese,parlata dunque dai personaggi che rappresentano il potere in opposizione con il français de moussa (il gergo parlato
nei vicoli delle città della Côte d’Ivoire,ad esempio) con cui si esprimono i personaggi popolari.
Altri autori,invece,preferiscono intervenire riforgiando quella lingua.
E’ quello che comincia Sony Labou Tansi negli anni’70.Egli infatti adotta un atteggiamento più libero dei suoi predecessori nei suoi confronti,giocando con le strutture grammaticali e con il lessico. La sua lingua deriva dall’evoluzione del rapporto con la lingua francese e dalla concezione
del suo controllo. Al di là della sua creatività linguistica,del suo personalissimo universo,il suo teatro rappresenta una svolta nella drammaturgia dell’Africa nera francofona nella misura in cui
i suoi personaggi si caricano di una parola individuale e non sono più i rappresentanti di una comunità.

Intanto ,però,decostruendo e destrutturando – siamo in piena età strutturalistica – la lingua,fino a mescolare quella della classe dirigente con quella parlata dal popolo nei vicoli delle città,i drammaturghi africani permettono una più forte adesione del pubblico alla comprensione dello spettacolo.

La contaminazione più interessante,più creativa,più originale della lingua è dunque il lavoro compiuto in Congo da Sony Labou Tansi con il suo teatro terapeutico,che gioca con risultati di grande suggestione con il lessico come con  le strutture grammaticali. E la funzione di questa drammaturgia che chiama anche “teatro della guarigione”,una sorta di psicodramma curativo consiste nel dare un ruolo a un malato – il più spesso a un malato mentale – in una storia che doveva  coinvolgere l’intero villaggio durante i pleniluni fino al momento in cui il malato.

L’opera che abbiamo scelto è inoltre tra le sue più particolari perché – scritta con un carattere di sperimentalismo molto radicale per l’editore belga Lansman nel 1992 dal titolo Une vie en arbre[1]
et chars…bons,con evidente gusto di citazione evocativa e di gioco con le sonorità omofone – approda per lo stesso editore nel 1998 ad una riscrittura,dove l’autore confessa – in una lettera allo stesso – di aver sentito  il forte impulso a una comunicazione allargata,riconoscendo”qu’on ne pouvait pas le presente à qui que ce soit tel qu’il était…[2]che lo porta a scegliere perfino un nuovo titolo Monologue d’or et noces d’argent pour douze personnages[3], prima e poi ,semplicemente,il definitivo Monologue d’or et noces d’argent.In questa stessa lettera egli afferma di valutare il notevole progresso della propria scrittura drammaturgica non solo rispetto alla pièce del 1992,ma anche  a Une chouette petite vie bien osée[4],sempre per Lansman,del 1992.

Il lavoro acharné[5] sulla lingua,dunque,è elemento fondamentale che appare in tutta la sua splendente evidenza.e’ lui stesso ad affermare che nella sua pièce celebra la più tropicale,lussureggiante,“noce du verbe”[6].
 Ma  per dire cosa? ancora una volta è lui stesso a rivelarcelo:”En terme d’Afrique la macdonaldisation du monde.Je retourne à ma vieille effronterie de vouloir engrosser non point
une histoire,mais un dire assez dur pour défoncer tous les sommeils de ce monde.[7] La trama resiste quindi semplicemente come pretesto per la denuncia,appena camuffata dal velo mitico,dal tono fiabesco.

Ai piedi del gran mambarino,Charlotte e Colette piangono il rimpianto Georges,venuto a sprecare otto anni in quel buco con l’ingannevole impegno di studiare l’albero più vecchio della terra.Intanto l’uomo-mostro e l’uomo-orologio,seguiti da una triste colonna di amaricnsfascisti,si avvicinano al villaggio Carmanio- svuotato nel passato dei suoi abitanti in un sol giorno- per chieder conto a quell’albero,che ha bevuto tanti annida esserne caduto ebbro di vita,come gli uomini sono ebbri d’alcool,di denaro,di potere,di suicidio,di fantasmi o d’insanità.
Ascoltiamo le intenzioni di messa in scena dell’autore per meglio apprezzare il senso del tentativo in atto:
“Le pari est énorme de vouloir mettre une forêt dans une salle.mais les moyens de langages sont énormes[…]Il s’agit avec des mots,des musiciens,des instruments,des formes – l’arbre[…]a vu
les dinosaures,il faut en faire une magnifique marionette géante dans un champ d’instruments de musique-,dans un village de donner la parole à un univers mourant. une mort-mutation qui déménage les habitudes,les coutumes,les acquis et les certitudes,pour donner plus d’espace à l’interrogation,à la spontanéité,au brut vital.”[8]

Identità innovatrici emergono alla modernità e il pensiero dominante diffuso dai centri del potere si lacera.le letterature post-coloniali,che hanno forgiato in questa lotta per la libertà il loro linguaggio,manifestanola loro attitudine alla destabilizzazione del sistema stabilito. Consapevoli che gli elementi drammaturgici della tradizione africana e quelli del teatro all’occidentale si
fiancheggiano sulla scena senza penetrarsi,alcuni autori cercano gli strumenti drammaturgici per rendere possibile quest’incontro.
Riflettendo sulle forme spettacolari della loro cultura comunitaria gli artisti africani hanno messo in discussione i fondamenti della forma teatrale occidentale ,che,peraltro,già le avanguardie europee avevano fatto vacillare.
Le forme di spettacolo africane hanno tradizionalmente una natura multidisciplinare,ed ecco che gli artisti cercano ora di integrare la musica,la danza,il canto nelle loro drammaturgie,rimettendo in discussione il primato del testo nello spettacolo teatrale.
ecco allora un altro elemento caratterizzante del percorso che gli autori di teatro in africa hanno intrapreso e che ritroviamo in Sony Labou Tansi:la multidisciplinarità ovvero la mescolanza e la contaminazione dei generi.
Si torna inoltre alla cultura ancestrale,si rivolge una nuova attenzione alla tradizione animista.
In Africa la Parola è legata al gesto,al ritmo,implica in modo stringente il corpo .E il teatro,a partire soprattutto dagli anni ’80 ,manifesta la volontà esplicita di restituirgli un ruolo centrale,in forme che discendono da una cultura dove realtà e immaginario non si oppongono,anzi,compenetrandosi,si completano.
Come permeabile è anche la separazione tra sacro e profano,fra le lingue e il sistema religioso:la costola metafisica affiora costantemente nelle manifestazioni culturali. Il rituale,ad esempio,tra
le forme spettacolari endogene comprende una serie di attività che includono narrazione,musica e movimenti,con sequenze spesso animate da maschere.”Il portatore presta la realtà alla maschera,che ne prende possesso durante i riti e la danza A quel punto è lo spirito rappresentato dalla maschera,che danza,che parla,non è più né l’uomo, che la porta né l’oggetto scolpito”,come ci spiega Ousmane Diakhaté. 
In modo più generale ,questo ritorno alle sorgenti del sacro si manifesta con un lavoro drammaturgico che passa anche attraverso l’utilizzazione della letteratura orale sacra,esoterica e profonda,costituita dalla preghiera e ancor più dal mito,quest’ultimo ponendosi in relazione diretta con le forze che governano l’architettura del mondo,il senso dell’universo,nei limiti in cui il mito è un punto d’incontro tra la durata storica e l’extratemporalità,un luogo dove la dimensione simbolica ha la meglio.
E’ ancora Sony labou Tansi che ci racconta della sua pièce:”je parled’une magnifique femme,qui a nom “la Terre”.Et pouquoi une femme? Parceque,même si tous les hommes l’ont oublié, la femme
La letteratura profana,che contemporaneamente viene utilizzata,con la sua costante funzione ludica ed educativa,è fondamentalmente costituita da proverbi,racconti,leggende,favole,canti popolari,poemi epici,liriche d’amore. Il racconto,dal profilo quasi sempre mitico,è il nutrimento più adottato per il teatro,dove gli esseri,i fenomeni,le cose della civiltà africana vivono tutti una doppia vita:una concreta,percepibile dai nostri sensi come dal buon senso,dalla ragione,e una che trascende la prima,animata –nel senso pieno dei dare un’anima e di costituirla- così che il personaggio appare la manifestazione della seconda vita degli esseri e delle cose,come animali e vegetali,dai tratti fortemente umanizzati.
Queste forme spettacolari tradizionali servono in modo particolare nel teatro di Sony Labou Tansi,oltre all’incredibile forza della sua parola,per la riappropriazione delle funzioni sociali e “terapeutiche” che sono proprie del teatro,in particolare del suo teatro.
Il Teatro-Rituale d’oggi cerca di favorire con la sua partitura l’accesso a un livello di coscienza superiore,dove si possa recuperare in se stessi la maniera di liquidare le forze negative e risolvere i propri problemi.
 Nella giungla della società moderna,insomma,l’eroe appare come un giustiziere incaricato di difendere la società civile,ordinaria,la nostra,contro le forze che tentano di distruggerla. I predatori sono tutti i dittatori del mondo,tutti gli squali degli affari,i mostri,con il  loro esercito di tori-tangheri,che non si contentano soltanto di arricchirsi,ma diventano banditi.
Siamo,insomma,di fronte a un teatro utile che promuove a modo suo il miglioramento sociale. Assistiamo alla riappropriazione di funzioni sociali con l’utilizzazione di elementi culturali ancestrali. Una drammaturgia dove si osa confondere i riferimenti e decostruire i referenti,ricca di esuberanza e di fantasia,con una capacità di inventare che ha aperto la via.
Cerchiamo allora di fissare i punti emersi lungo questo percorso d’analisi..
Primo nodo: la contaminazione più interessante,più creativa,più originale della lingua è dunque il lavoro compiuto in congo da sony labou Tansi,che gioca con risultati di grande suggestione con il sessico come con le strutture grammaticali.Il lavoro acharné[9] sulla lingua ,dunque è elemento fondamentale.
Secondo nodo:Ma per dire cosa?Una trama che resiste quindi semplicemente come pretesto per la denuncia,appena camuffata dal velo mitico,dal tono fiabesco.
Terzo nodo:natura multidisciplinare,ricerca per integrare la musica,la danza,il canto nelle loro drammaturgie,rimettendo in discussione il primato del testo nello spettacolo teatrale. La mescolanza e la contaminazione dei generi porta una nuova attenzione alla tradizione animista,dove la Parola è legata al gesto,al ritmo,implica necessariamente il corpo,in forme che discendono da una cultura dove realtà e immaginario non si oppongono,anzi,compenetrandosi,si completano.. Il rituale,tra le forme spettacolari endogene,comprende una serie di attività che includono narrazione,musica e movimenti,con sequenze spesso animate da maschere.E’lo spirito rappresentato ad agire servendosi del portatore e dell’oggetto scolpito.[10]

In modo più generale si può affermare che questo ritorno alle fonti del sacro si manifesta con un lavoro drammaturgico che passa anche attraverso l’utilizzazione del mito,che si pone in relazione con le forze che governano l’architettura del  mondo,il senso dell’universo,nei limiti in cui è un punto di incontro tra la durata storica e l’extratemporalità,un luogo dove la dimensione simbolica
 ha la meglio. Ecco allora la costola metafisica affiorare costantemente nelle manifestazioni culturali

Tutto questo lo lasciamo ,però,affermare ,a conclusione,direttamente al nostro drammaturgo con
due  domande che egli stesso si pone per attirare l’attenzione sulla funzione dei contenuti e del genere della struttura drammaturgica:
Voici une histoire qui ,au lieu de faire rire les bouches et les mains,décide subitement de faire rire les coeurs et les cervelles[…]Comment mettre en scène tout un village mangé par un arbre?Et à une époque où les gens ont une trouille bleue du rire qui secoue toute chair à lui faire lâcher les repères coutumiers de l’être légalisé[11]?

-A cui segue un’affermazione messianica per indicare l’obiettivo dell’azione dei personaggi:

Ils ont rêve et mission d’inaugurer une terre potable au sens que l’eau potable a des vertus d’incoloration,dinodoration et d’absence de saveur:comme notre civilisation perd de saveur.”[12]

Ecco ,infine,  offrirci l’anello che mette in connessione il Continente Nero con l’Umanità
dell’intero pianeta e permetterci di leggere una conclusione che si riferisce a se stesso e al suo  strenuo impegno per contribuire alla costruzione di un futuro universale degno del nome:
“Je déferle comme la forêt vierge dans tous les domaines privés du langage parce qu’il serait tragique que la liberté vieillisse nous avons besoin que l’avenir dure longtemps.[13]
 “Je déferle comme la forêt vierge dans tous les domaines privès du langage parce qu’il serait tragique
 que la liberté vieillisse nous avons tous besoin que l’avenir dure longtemps.- -[14]

                                                                           *°*°*

                                                                                



[1] Colette:”Le bleu  en herbe”,1954.
[2] Non lo si poteva presentare a chiunque,così com’era …
[3] Monologo d’oro e nozze d’argento per dodici personaggi.
[4] Una bella vitarella molto osata.
[5] Accanito
[6] Nozze del verbo
[7] In termini africani la macdonaldizzazione del mondo,ritorno alla mia vecchia sfrontatezza di voler ingravidare tanto una storia ,ma un linguaggio sufficientemente duro da sfondare tutti i sonni di questo mondo”
[8] “La scommessa è enorme nel voler mettere una foresta in una sala,ma le potenzialità dei linguaggi sono enormi[…]
Si tratta di lavorare con parole,musicisti,strumenti,forme-l’albero […]ha conosciuto dinosauri,occorre farne una magnifica marionetta gigante in un campo di strumenti musicali- in un villaggio dare la parola a un universo che sta morendo. Un morte-mutazione che fa traslocare le abitudini,i costumi,le acquisizioni e le certezze,per far più posto al dubbio,alla spontaneità,al vitale grezzo.”
[9]Accanito.
[10] come ci spiega Ousmane Diakhaté
[11] “ecco una storia che invece di far ridere le bocche e le mani decide all’improvviso di far ridere i cuori e i cervelli[…]-Come mettere in scena un intero villaggio mangiato da un albero?E  per giunta in un’epoca in cui la gente ha una paura matta del riso che scuote le carni al punto di fare abbandonare i riferimenti abituali dell’essere legalizzato?”
12Hanno il sogno e la missione d’inaugurare una terra potabile nel senso che l’acqua potabile ha proprietà incolore,inodore e insapore. Come la nostra civiltà perde il sapore.
[13] “Io tracimo, come la foresta vergine in tutti gli aspetti privati del linguaggio,perché sarebbe tragico che la libertà invecchiasse:abbiamo bisogno che l’avvenire duri a lungo.-”




Nessun commento:

Posta un commento