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sabato 4 aprile 2015

1.Europa.Viaggio nel teatro francofono contemporaneo.




 IL FILO D’ARIANNA


Cattedrale di San Martino,Lucca
 A fianco è incisa la seguente iscrizione: "Questo è il labirinto che il cretese Dedalo costruì e dal quale nessuno, entratovi, potè uscirne; all'infuori di Teseo aiutato, per amore, da


ovvero
RICERCA SUL TEATRO FRANCOFONO CONTEMPORANEO

Ci sembra particolarmente interessante andare a indagare i possibili elementi comuni  e le ragioni di traiettorie che eventualmente si  intersechino nel teatro francofono contemporaneo dei vari continenti .


Per districare il groviglio...

IL TEATRO NELL’EUROPA DEL ‘900

    Se in Europa ,nel Novecento, volessimo circoscrivere ad un solo paese il terreno più fertile per  il rinnovamento culturale ,per le avanguardie, non vi è dubbio alcuno che sceglieremmo la Francia.
    E il teatro non fa certo eccezione,anche se con un certo ritardo. Numerose sono peraltro le definizioni,
 che, in quell’arco temporale,tentano di indicarlo : anti-teatro,teatro d’avanguardia,meta-teatro,farse metafisiche tragicommedie moderne ,ecc
    Tuttavia  l’espressione più riconoscibile,la più usata è quella del “teatro dell’assurdo”.[1]

    Ma se a rappresentante del teatro del Vecchio Continente scegliamo Tardieu ,che va oltre con la sua ricerca,forse la definizione più calzante è “teatro sperimentale.”Già Ionesco aveva sostenuto:”rinnovare il linguaggio,è rinnovare  la concezione,la visione del mondo. La rivoluzione è cambiare la mentalità.”
    Se Sartre e Camus  ci avevano mostrato che il mondo  è privo di senso ,i drammaturghi dell’assurdo
provano la stessa angoscia di fronte all’assurdità della condizione umana,ma invece di reagire come loro con l’impegno ,deplorandola,si rifugiano piuttosto nella derisione della loro stessa sofferenza, della stessa esistenza. Con immagini concrete rappresentano lo smarrimento,che è accentuato e reso grottesco
attraverso uno scarto  di senso che spesso viene innestato fra  quello che accade in scena e quello che dicono i personaggi.
    Diversa ,però , è la posizione in cui si colloca Jean Tardieu.E’ lui stesso che ce lo racconta.[2]“…  in effetti personaggi e situazioni,luci e tenebre,mormorii ,sorrisi,sospiri e grida,tutto questo gioco a nascondino nei corridoi dei miei sogni non mi sembrava  avere altra ragion d’essere  che la giustificazione  di un partito preso rigorosamente ed esclusivamente estetico.”
   Infatti la tentazione deve   essere grande per un apprendista drammaturgo di avere un approccio al teatro proprio con i suoi  mezzi ,piuttosto  che per i suoi fini;di interessarsi all’”oggetto scenicopiuttosto che al “soggetto” dell’opera , di cominciare  ogni volta partendo da un pretesto formale per sforzarsi  poi  - ,ma soltanto poi - di introdurre i significati e i valori,insomma di condurre  la ricerca dell’umano attraverso il rituale.

       Ecco ,ci sembra di aver incontrato un primo nodo da sciogliere:il rituale. La messa in discussione della sacralità stessa delle regole,l’interesse a scardinare la struttura stessa della identità teatrale,prima ancora che l’aggressione ai contenuti per rappresentare l’umano.

     Una sorta di avanguardia poetica,la sua, che si propone di  mostrare anch’essa l’assurdità e l’insicurezza della condizione umana ,ma lo fa attraverso gli strumenti dell’immaginario e della  realtà del sogno .In questa prospettiva si svuotano di senso i principi classici come la regola dell’unità,la coerenza  dei personaggi,o la necessità dell’intrigo.
   
     Più importante diventa   l’attenzione al linguaggio,alla ricca concatenazione di associazioni  verbali. E’ di nuovo il nostro autore che interviene a precisare:”… è un abbozzo di ricerca  che perseguo per costruire un’arte drammatica nuova,né surrealista  né irrealista,che non sia nemmeno arbitraria,ma che si sbarazzi del fatto drammatico,cioè del fatto umano,di tutto quel che non è essenziale …” Nei limiti in cui queste opere  costruiscono un oggetto teatrale più che un soggetto è evidente che tendono ad allontanarsi da un’estetica realista,deformando il linguaggio,sovrapponendo piani di significato e lasciando intravvedere “altro” mediante atti e parole apparentemente “naturali”.
    Un gioco sulle disfunzioni più grottesche e più patetiche della conversazione,alla ricerca di una parola autentica,che percorre tutta la gamma delle miserie e degli splendori del verbo.
  Anche a causa del posto privilegiato che Tardieu si trova ad occupare per il suo lavoro, ha avuto,dunque,come abbiamo già all’inizio accennato, modo  di constatare,deplorandolo,il ritardo
dell’arte drammatica su tutte le altre,rispetto allo stile,alla forma,al contenuto e si prefigge allora
di mettersi al lavoro per cercare una risposta alla necessità di un rinnovamento  delle forme
teatrali non più rinviabile.
    Comincia quindi col proporre ,quasi un manifesto,  “un’arte drammatica astratta”:”a partire dal rituale
 teatrale e nelle forme così definite dal quadro stesso della SCENA,far entrare i contenuti espressivi attraverso le ombre e le luci diversamente mescolate  con umorismo,farsa e incubo.”
    Un’arte drammatica astratta,insomma,che giochi  con le forme del rituale teatrale,da un lato commedie-lampo concepite come un catalogo di forme drammatiche ,che si burlano ad un tempo delle convenzioni del teatro e  delle convenzioni della conversazione, moltiplicando all’infinito le disfunzioni, fino al burlesco come in " 0SWALD ET ZÉNAÏDE",esilarante/spassosa commedia,composta in pratica,quasi solo di  a-parte,che esibisce con compiacimento le regole desuete del  vaudeville ,a dispetto delle sostituzioni  verbali  strambe che servono a confondere il testo .Ci mostra insomma che cosa si può fare con le convenzioni teatrali .A tale sfruttamento meccanico e  comico di un artificio teatrale,Jean Tardieu aggiunge in effetti volentieri una  sapiente sregolatezza  della lingua che può condurre all’effetto buffo come a quello angoscioso.
    Una  pièce in cui l’autore ci mette di fronte al paradosso di un copione in cui gli attori più che comunicare dialogando tra loro,rappresentano al pubblico il loro imbarazzo a comunicare,la loro strutturale difficoltà ,animano quel  copione intessuto di a-parte. Attraverso quest’ espediente di  destrutturazione,semplicemente, con efficace immediatezza molto  maggiore che con i contenuti della trama,il drammaturgo riesce a comunicare quello che potremmo sintetizzare come” l’introduzione di significati e  valori,insomma l’invenzione di condurre  la ricerca dell’umano attraverso il rituale”.
 Ha piegato la linguasuperando tutte le regole della tradizione del  teatro occidentale ,al rigore della partitura musicale.
  
     Partitura musicale ,ecco l’immagine che evoca la sua scrittura più di quella tradizionalmente teatrale – e siamo qui al secondo nodo - ,per la cura estrema che egli dedica al coinvolgimento di  una lingua creativa non tanto nell’uso di fantasiosi neologismi,quanto piuttosto   affascinata  dalla  componente ritmica  della sua sintassi e dalle sonorità del suo lessico. Più importante diventa infatti nella sua drammaturgia  l’attenzione al linguaggio,alla ricca concatenazione di associazioni  verbali.

   Non solo,così Jean Tardieu  è riuscito a raggiungere la leggerezza impalpabile della rappresentazione  inquietante della realtà del sogno,particolarmente funzionale a far affiorare la sua costola metafisica .

       In tutta la sua opera,in realtà,Jean Tardieu ha fatto scivolare,senza averne l’aria, - ed è l’inevitabile conseguente terzo nodo -  una critica metafisica. Piglia in giro,deride,critica le frasi fatte,le abitudini,le pretese,la quotidiana deformazione dell’uomo. La derisione impregna l’atmosfera delle sue opere ,si insinua fin dentro  certi titoli,mette in discussione l’esistenza stessa. Trae origine da una molteplicità di elementi(opposizione gesto/parola,contraddizione; significato/intonazione,ecc.),ma soprattutto l’opposizione comico/tragico,che come un contrappunto musicale ,è la struttura portante della sua composizione. Per fare coesistere questi due elementi antagonisti occorre che essi si coinvolgano e si respingano nello stesso tempo:come dire che per ottenere che il comico,come nella farsa, rappresenti la miseria umana ,basta spingerlo al parossismo,per vedere sorgere il tragico.

    Sa giocare con le convenzioni  teatrali come con i monologhi,con la relatività del linguaggio e dei costumi. 
        E’ ancora l’autore a  notare che:”spesso parliamo per non dire niente,che se per caso abbiamo qualcosa da dire ,possiamo dirla in mille modi diversi ,che i pretesi matti  sono chiamati così soltanto perché non si capisce il loro linguaggio,che nei rapporti degli umani ,molto spesso i movimenti del corpo,le intonazioni della voce  e l’espressione del viso,la dicono più lunga delle parole,e così le parole non hanno di per sé altro senso che quello che ci  piace di attribuire loro.”
 
       E’ di nuovo il nostro autore che interviene a precisare:”… è un abbozzo di ricerca  che perseguo per costruire un’arte drammatica nuova,né surrealista  né irrealista,che non sia nemmeno arbitraria,ma che si sbarazzi del fatto drammatico,cioè del fatto umano,di tutto quel che non è essenziale …” Nei limiti in cui queste opere  costruiscono un oggetto teatrale più che un soggetto, è evidente che tendono ad allontanarsi da un’estetica realista,deformando il linguaggio,sovrapponendo piani di significato e lasciando intravvedere “altro” mediante atti e parole apparentemente “naturali”.

In conclusione potremmo sintetizzare:
Primo nodo:de-strutturazione del rituale;
Secondo nodo: lingua creativa non tanto nell’uso di fantasiosi neologismi,quanto piuttosto   affascinata  dalla  componente ritmica  della sua sintassi e dalle sonorità del suo lessico. Più importante diventa infatti nella sua drammaturgia  l’attenzione al linguaggio,alla ricca concatenazione di associazioni  verbali.
Terzo nodo: una critica metafisica. La derisione della quotidiana deformazione dell’uomo. Trae origine da una molteplicità di elementi(opposizione gesto/parola,contraddizione; significato/intonazione,ecc.),ma soprattutto l’opposizione comico/tragico,che come un contrappunto musicale ,è la struttura portante della sua composizione.

    Tardieu  ha insomma  dissimulato con l’humour la sua emozione , ironizzando sul nostro mondo. Un’ironia ora esplicita ora velata,ma sempre destinata a svelare il nulla dell’esistenza. Con la sua poesia  testimonia  anche i sentimenti dell’uomo del nostro tempo,la sua paura  che sfocia nell’angoscia,la sua solitudine nel mondo e l’impossibilità per lui di sapersi collocare nel tempo e nello spazio,la sua incertezza identitaria .
    Il suo teatro è un tentativo di trovare  un modo per esprimere gli sforzi dell’uomo alla ricerca d’identità in un universo privo di senso. Niente più linguaggio ipnotico o ossessivo. Egli crea,con il linguaggio scenico,opere aperte,rappresentazioni dalle molteplici interpretazioni,dove si elude ogni traccia di senso in un vacillare di significato che rimette tutto in discussione.

                                                                 *****


                                                               Continua




[1] Gli autori più noti:Becket e Jonesco.
[2] J.Tardieu,Préface à ‘Théâtre de chambre’,Gallimard,Paris,1966.

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