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lunedì 11 febbraio 2013

Viaggio sull'onda dell'immaginazione.(8)



      Ecco l'India dei mille e mille villaggi di cui parlava Gandhi-gi[1].

      ‘ Riconosco il suono del sitār[2] che accompagna i canti del poeta, ma anche lo sciacquio che fanno le mani della ragazza, seduta indolente sulla sponda del fiume. Indugia, quasi ad aspettare qualcuno che tarda ad arrivare.
 









                                                                              RaviShankar,il più grande virtuoso del sitar .




 Le onde ammiccano con sorrisi d'intesa e sussurri. Anche le nuvole vagabonde sembrano indugiare sorridenti e complici laggiù all'orizzonte. Non più la natura in cui l'uomo europeo si rispecchia e proietta la sua interiorità, ma una natura in cui l'uomo è parte allo stesso titolo delle altre creature, sullo stesso identico piano.

Perché siedi là facendo tintinnare i braccialetti[3]
così solo per gioco?
Riempi la tua brocca. È ora che torni a casa.

Perché muovi l'acqua con le mani
e ogni tanto guardi nella via se qualcuno arriva
così solo per gioco?

Riempi la brocca e vieni a casa.
Le ore del mattino passano, l'acqua scura scorre.
Le onde ridono e sussurrano tra loro, così, solo per gioco.

Le nuvole vagabonde si sono raccolte
all'estremo orizzonte, sopra la collina
indugiano, ti guardano in viso, sorridono,

così, solo per gioco
riempi la tua brocca e vieni a casa.


[1] Il suffisso –gi si attribuisce in hindi in segno di rispetto ai nomi delle persone.
[2] Strumento a corde tradizionale della musica indiana
[3] di Rabindranath Tagore da "Il giardiniere" - Carabba ed.   1915.




(continua)

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