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martedì 19 febbraio 2013

Diario di bordo. (14)



M. DE LA ROCHEFOUCAULT
D’APRES LES MAXIMES ET REFLECTIONS DIVERSES:L’ART DE LA CONVERSATION.
(1658/1659)Publiées en 1664 et plusieurs fois rééditées du vivant de l’auteur.

          La conversazione era ,con la lettura,una delle distrazioni degli  habitués delle ruelles ,ovvero di quelli che nel XVIII s. si chiameranno  poi i salotti .Considerata ad un tempo come un’arte,in questo testo è l’oggetto di un’analisi approfondita. Non so come potrà essere utilizzata;intanto la metto da parte tradotta .D’altronde mi è sembrato un documento straordinario per mostrare il grado d'imbarbarimento delle nostre relazioni :mentre traducevo mi venivano davanti agli occhi con ossessiva insistenza i vari salotti televisivi e puoi immaginare le conclusioni che ne traevo sull’evoluzione della specie(per non parlare poi  dei confronti nei periodi di campagne elettorali ....)
     Quel che rende poche persone gradevoli nella conversazione:il fatto che ognuno pensi più a quello che egli ha l’intenzione di dire che a quel che gli altri dicono,e che non si ascolta quasi quando si ha molta voglia di parlare. Tuttavia è necessario ascoltare quelli che parlano;bisogna dar loro il tempo di farsi comprendere,e sopportare anche che dicano cose inutili.
      Ben lungi dal contraddirli e dall’interromperli,si deve,al contrario entrare nella  loro mente e nel loro gusto,mostrare che li si capisce,lodare quel che dicono tanto quanto merita d’essere lodato e far vedere
che è piuttosto per scelta che li si loda piuttosto che per compiacenza. Per piacere agli altri ,occorre parlare di quel che essi amano,e di ciò che li tocca,evitare le dispute su cose indifferenti e porre loro di rado domande ,e non lasciar loro mai credere che si pretende di avere più ragione di loro.
     Si devono dire le cose con un’aria più o meno seria e su temi più o meno elevati,secondo l’umore e la capacità delle persone che si intrattengono e ceder loro lietamente il privilegio di decidere,senza obbligarli a rispondere ,quando non hanno voglia di parlare. Dopo aver  soddisfatto così ai doveri della buona educazione,si possono esprimere i propri sentimenti,mostrando che si cerca di appoggiarli sull’opinione di coloro che ascoltano,senza atteggiamenti di  presunzione né  di ostinazione.
 Evitiamo soprattutto di parlare spesso di noi stessi e di porci come esempio. niente è più sgradevole di un uomo che cita se stesso ad ogni proposito.
  Non si può nemmeno applicarsi troppo a conoscere l’inclinazione  e la capacità intellettiva  di quelli a cui si parla,accordarsi alla mente  di colui che l’ha  più vivace ,senza ferire  la tendenza o l’interesse degli altri  con questa preferenza. Allora si devono far valere tutte le ragioni che egli ha detto,  aggiungendo modestamente  i nostri propri pensieri ai suoi,facendogli credere,per quanto è possibile,che è da lui che li si assume.
Non bisogna mai dire nulla con un’aria di autorevolezza,né mostrare alcuna superiorità intellettuale;rifuggiamo dalle espressioni troppo ricercate,dai termini duri o forzati,e non serviamoci affatto delle parole più grandi delle cose. Non è vietato  conservare le proprie opinioni, se sono ragionevoli,ma bisogna arrendersi alla ragione appena essa appare ,da qualunque parte venga:lei sola deve regnare sui nostri sentimenti,ma seguiamola   senza urtale i sentimenti degli altri , e senza far apparire il disprezzo per quello che hanno detto: è pericoloso voler essere sempre il padrone della conversazione ,e di spingere troppo lontano una buona ragione quando la si è trovata . L’onestà vuole che si nasconda talvolta la metà della propria intelligenza e che si gestisca con cura un testardo che si difende male ,per risparmiargli l’onta di cedere. Non piacciamo  certo quando si parla troppo a lungo  e troppo spesso di una stessa cosa, e si cerca di volgere la conversazione su soggetti di cui ci si crede più competenti degli altri. bisogna entrare indifferentemente su tutto quel che loro aggrada,soffermarcisi tanto quanto lo vogliano ,e allontanarsida tutto quel che non è conveniente per loro.
   Ogni sorta di conversazione ,anche se elevata non è adatta ad ogni genere di persone d’intelletto:
bisogna scegliere  ciò che è di loro gusto ,ciò che conviene alla loro condizione,al loro sesso,ai loro talenti,e scegliere anche il tempo per dirlo. Osserviamo il luogo,l’occasione,l’umore,in cui si trovano le persone che ci ascoltano ,perché se occorre molta arte per saper parlare a proposito,non ne occorre meno  per saper tacere. Esiste un silenzio eloquente che serve ad approvare e a condannare,c’è un silenzio di discrezione e rispetto,esistono infine toni,arie e maniere  che determinano tutto quel che esiste di gradevole e sgradevole ,di delicato o di sorprendente nella conversazione,ma il segreto di servirsene bene è concesso a poche persone;quelli stessi che ne fanno delle regole ci inciampano spesso,e la più sicura che si possa dare è ascoltare molto ,parlare poco,non dire niente di cui ci si possa pentire. 




(continua)

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