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martedì 5 febbraio 2013

Viaggio sull'onda dell'immaginazione.(1)



Viaggio sull’onda dell’immaginazione.

          ‘...  Inchiodata come sono a questa poltrona per il mio piede infortunato e confinata nel ruolo di terzo incomodo in questa casa in cui mi sono ostinatamente andata a cacciare...se non voglio impazzire ...mi devo inventare qualcosa per distrarmi! Sì, potrei provare a partire … sulle ali della fantasia, come facevo da bambina. In fondo,  è una buona occasione per rivisitare i paesaggi che più  mi sono cari, rileggendo i testi dei miei poeti preferiti che porto sempre con me, ma che di solito non ho il tempo di riassaporare.
         Potrei cominciare da... Prévert[1]. La sua " A casa mia", forse,  potrebbe aiutarmi ad attenuare il disagio che provo in questa casa anonima, dove anche la libreria mi è abbastanza estranea. Ho proprio bisogno di un po' di luce e di colori del sud, almeno per evocazione, dopo aver visto il giardino qui sotto la finestra ... Solo qualche ramo risecchito che spunta da sotto il manto di neve, come scheletriche braccia che si levano al cielo per chiedere pietà per la loro penosa condizione. Uno spettacolo di desolazione che mi stringe il cuore...’
         E così Gaby lascia trascorrere il giorno rileggendo le sue amate poesie, udendo echi di suoni lontani e immaginando i colori più vari sullo schermo lattiginoso del suo portatile:










Jacques Prévert


A casa mia [2]
     Nella mia casa lei verrà
     d'altronde non è la mia casa
     non so di chi è
     sono entrato così un giorno
     non c'era nessuno
     solo peperoncini rossi attaccati al muro bianco
     son restato a lungo in questa casa
     nessuno è venuto
     ma tutti i giorni e tutti i giorni
     io l'ho attesa.

     Non facevo niente
     cioè niente di serio
     talvolta la mattina
     lanciavo gridi di animali
     urlavo come un asino
     con tutte le forze
     e questo mi faceva piacere
     e poi giocavo coi piedi.
     Sono molto intelligenti i piedi
     Vi portano lontano
     e poi quando non volete uscire
     restano lì, vi tengono compagnia
     e quando c'è la musica ballano
     non si può ballare senza di loro.
     Bisogna essere stupidi come l'uomo lo è così spesso
     per dire cose tanto stupide
     come stupido come i piedi gaio come un fringuello
     il fringuello non è gaio
     è soltanto gaio quando è gaio
     e triste quando è triste o né gaio né triste
     forse che si sa cos'è un fringuello
     d'altra parte non si chiama realmente così
     è l'uomo che ha chiamato quest'uccello così
     fringuello fringuello fringuello fringuello

     Come son curiosi i nomi
     Martino Ugo Vittorio il nome
     Bonaparte Napoleone il nome
     perché così e non così
     un gregge di bonaparte passa nel deserto
     l'imperatore si chiama Dromedario
     ha un cavallo cassa e cassetti da corsa
     lontano galoppa un uomo che non ha che tre nomi
     si chiama Tim Tam Tom e non ha un gran nome
     un po' più in là ancora c'è uno qualunque
     molto più in là ancora c'è uno qualunque
     molto più lontano ancora c'è una cosa qualunque  
     e poi che può fare tutto questo 

     Nella mia casa tu verrai
     e quando sarai entrata nella mia casa
     ti leverai tutti i vestiti

     e resterai immobile nuda in piedi con la tua bocca rossa
     come i peperoncini rossi appesi al muro bianco
     e poi tu ti sdraierai ed io mi sdraierò accanto a te
       
                 ecco                                                                                                   Jacques Prévert
     nella mia casa che non è la mia casa verrai.











        ‘ L'attesa della donna amata ha come sfondo questa casa enigmatica, senza padrone … Ma come non riconoscere i segni del Sud mediterraneo con i suoi muri calcinati e abbaglianti su cui spicca la macchia rossa della treccia di peperoncini messi a seccare al sole? Una spezia che accende la fantasia nell'attesa. Del resto che può fare un innamorato che aspetta la sua lei, ma non sa quando possa arrivare? Non riesce a concentrarsi su niente, si trastulla, anche coi piedi, e poi comincia a cavillare tra sé fino a che la fantasticheria diventa un godibilissimo nonsenso che lo aiuta a rinfrancarsi, a scacciare quell'ansia che si insinua inquietante e, agli ultimi versi, dove torna ad augurarsi il suo arrivo, la sente più vicina. Ora può darle del tu, rivolgersi direttamente a lei e riuscire a materializzare la visione del suo corpo nudo e trionfante, all'interno della casa misteriosa e accogliente, con la bocca generosamente rossa proprio come la treccia di peperoncini appesa al sole.
                                                                                                                                (continua)


[1] Jacques Prévert nasce a Neully-sur-Seine nel 1900 e muore a Omomille- La-  Petite nel 1977.
[2] Jacques Prévert da "Paroles", Le point du jour, NRF, Gallimard 1949; di. trad. di M.G. Bruni.

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