Nei loro salotti, infatti, le preziose attuano un’opera
di civilizzazione imponendo regole al linguaggio
e decidendo gli argomenti di conversazione.
Con l’epurazione linguistica le Preziose
intraprendono anche un’azione
di perfezionamento sentimentale. Il bando alle parole volgari
non è segno di ipocrita moralismo, ma affermazione del diritto al
rispetto. Le lunghe conversazioni in cui si analizzano i sentimenti
servono a far emergere,esprimere e raffinare anche quelli degli uomini,
ai quali vengono dettate complicate regole di corteggiamento che conferiscono
alle donne diritto di scelta e deciso e definitivo rifiuto della loro secolare
condizione di subordinazione.
Se La Fontaine era molto apprezzato in questi ambienti
per le sue caratteristiche di intellettuale libero e originale,Perrault fece
parte del gruppo di scrittori che si eressero a veri e propri difensori delle
idee dei circoli preziosi,senza esitazioni né ironie,in opposizione con il
gruppo molto critico e contrario,il cui più noto esponente è stato Boileau.La
rilevanza della figura intellettuale di Perrault è legata al fatto che egli si dedicò
a quell’opera gigantesca di ricerca della tradizione popolare nazionale di cui le fiabe erano impregnate e della
loro successiva riscrittura, arricchita
di tratti originali,personali .Un’iniziativa che dette un contributo
fondamentale alla costruzione dell’idea nascente di Nazione,mettendo anche in
qualche modo in relazione non formale il Popolo ,la Corte e i Grandi del paese.
Fiabe Classiche - C.Perrault: Barbablu
(traduzione
di Carlo Collodi da "I racconti delle fate")
C'era una volta un uomo, il quale aveva palazzi e ville
principesche, e piatterie d'oro e d'argento, e mobilia di lusso ricamata, e
carrozze tutte dorate di dentro e di fuori. Ma quest'uomo, per sua disgrazia,
aveva la barba blu: e questa cosa lo faceva così brutto e spaventoso, che non
c'era donna, ragazza o maritata, che soltanto a vederlo, non fuggisse a gambe
dalla paura. Fra le sue vicinanti, c'era una gran dama, la quale aveva due
figlie, due occhi di sole. Egli ne chiese una in moglie, lasciando alla madre
la scelta di quella delle due che avesse voluto dargli: ma le ragazze non volevano
saperne nulla: e se lo palleggiavano dall'una all'altra, non trovando il verso
di risolversi a sposare un uomo, che aveva la barba blu. La cosa poi che più di
tutto faceva loro ribrezzo era quella, che quest'uomo aveva sposato diverse
donne e di queste non s'era mai potuto sapere che cosa fosse accaduto. Fatto
sta che Barbablu, tanto per entrare in relazione, le menò, insieme alla madre e
a tre o quattro delle loro amiche e in compagnia di alcuni giovinotti del
vicinato, in una sua villa, dove si trattennero otto giorni interi. E lì, fu
tutto un metter su passeggiate, partite di caccia e di pesca, balli, festini,
merende: nessuno trovò il tempo per chiudere un occhio, perché passavano le
nottate a farsi fra loro delle celie: insomma, le cose presero una così buona
piega, che la figlia minore finì col persuadersi che il padrone della villa non
aveva la barba tanto blu, e che era una persona ammodo e molto perbene. Tornati
di campagna, si fecero le nozze.
In capo a un mese, Barbablu disse a sua moglie che per un affare
di molta importanza era costretto a mettersi in viaggio e a restar fuori almeno
sei settimane: che la pregava di stare allegra, durante la sua assenza; che
invitasse le sue amiche del cuore, che le menasse in campagna, caso le avesse
fatto piacere: in una parola, che trattasse da regina e tenesse dappertutto
corte bandita."Ecco", le disse, "le chiavi delle due grandi
guardarobe: ecco quella dei piatti d'oro e d'argento, che non vanno in opera
tutti i giorni: ecco quella dei miei scrigni, dove tengo i sacchi delle monete:
ecco quella degli astucci, dove sono le gioie e i finimenti di pietre preziose:
ecco la chiave comune, che serve per aprire tutti i quartieri. Quanto poi a
quest'altra chiavicina qui, è quella della stanzina, che rimane in fondo al
gran corridoio del pian terreno. Padrona di aprir tutto, di andar dappertutto:
ma in quanto alla piccola stanzina, vi proibisco d'entrarvi e ve lo proibisco
in modo così assoluto, che se vi accadesse per disgrazia di aprirla, potete
aspettarvi tutto dalla mia collera." Ella promette che sarebbe stata
attaccata agli ordini: ed egli, dopo averla abbracciata, monta in carrozza, e
via per il suo viaggio.
Le vicine e le amiche non aspettarono di essere cercate, per
andare dalla sposa novella, tanto si struggevano dalla voglia di vedere tutte
le magnificenze del suo palazzo, non essendosi arrisicate di andarci prima,
quando c'era sempre il marito, a motivo di quella barba blu, che faceva loro
tanta paura. Ed eccole subito a sgonnellare per le sale, per le camere e per le
gallerie, sempre di meraviglia in meraviglia. Salite di sopra, nelle stanze di
guardaroba, andarono in visibilio nel vedere la bellezza e la gran quantità dei
parati, dei tappeti, dei letti, delle tavole, dei tavolini da lavoro, e dei grandi
specchi, dove uno si poteva mirare dalla punta dei piedi fino ai capelli, e le
cui cornici, parte di cristallo e parte d'argento e d'argento dorato, erano la
cosa più bella e più sorprendente che si fosse mai veduta. Esse non rifinivano
dal magnificare e dall'invidiare la felicità della loro amica, la quale,
invece, non si divertiva punto alla vista di tante ricchezze, tormentata,
com'era, dalla gran curiosità di andare a vedere la stanzina del pian terreno.
E non potendo più stare alle mosse, senza badare alla sconvenienza di lasciar
lì su due piedi tutta la compagnia, prese per una scaletta segreta, e scese giù
con tanta furia, che due o tre volte ci corse poco non si rompesse l'osso del
collo. Arrivata all'uscio della stanzina, si fermò un momento, ripensando alla
proibizione del marito, e per la paura dei guai, ai quali poteva andare
incontro per la sua disubbidienza: ma la tentazione fu così potente, che non ci
fu modo di vincerla. Prese dunque la chiave, e tremando come una foglia aprì
l'uscio della stanzina. Dapprincipio non poté distinguere nulla perché le
finestre erano chiuse: ma a poco a poco cominciò a vedere che il pavimento era
tutto coperto di sangue accagliato, dove si riflettevano i corpi di parecchie
donne morte e attaccate in giro alle pareti. Erano tutte le donne che Barbablu
aveva sposate, e poi sgozzate, una dietro l'altra. Se non morì dalla paura, fu
un miracolo: e la chiave della stanzina, che essa aveva ritirato fuori dal buco
della porta, le cascò di mano. Quando si fu riavuta un poco, raccattò la
chiave, richiuse la porticina e salì nella sua camera, per rimettersi dallo
spavento: ma era tanto commossa e agitata, che non trovava la via a pigliar
fiato e a rifare un pò di colore. Essendosi avvista che la chiave della
stanzina si era macchiata di sangue, la ripulì due o tre volte: ma il sangue
non voleva andar via. Ebbe un bel lavarla e un bello strofinarla colla rena e
col gesso: il sangue era sempre lì: perché la chiave era fatata e non c'era
verso di pulirla perbene: quando il sangue spariva da una parte, rifioriva
subito da quell'altra.
Barbablu tornò dal suo viaggio quella sera stessa, raccontando
che per la strada aveva ricevuto lettere, dove gli dicevano che l'affare, per
il quale si era dovuto muovere da casa, era stato bell'e accomodato e in modo
vantaggioso per lui. La moglie fece tutto quello che poté per dargli ad
intendere che era oltremodo contenta del suo sollecito ritorno. Il giorno dipoi
il marito le richiese le chiavi: ed ella gliele consegnò: ma la sua mano
tremava tanto, che esso poté indovinare senza fatica tutto l'accaduto.
"Come va", diss'egli, "che fra tutte queste chiavi non ci trovo
quella della stanzina?" "Si vede", ella rispose, "che
l'avrò lasciata di sopra, sul mio tavolino." "Badate bene",
disse Barbablu, "che la voglio subito." Riuscito inutile ogni
pretesto per traccheggiare, convenne portar la chiave. Barbablu, dopo averci
messo sopra gli occhi, domandò alla moglie: "Come mai su questa chiave c'è
del sangue?". "Non lo so davvero", rispose la povera donna, più
bianca della morte. "Ah! non lo sapete, eh!", replicò Barbablu,
"ma lo so ben io! Voi siete voluta entrare nella stanzina. Ebbene, o
signora: voi ci entrerete per sempre e andrete a pigliar posto accanto a quelle
altre donne, che avete veduto là dentro."
Ella si gettò ai piedi di suo marito piangendo e chiedendo
perdono, con tutti i segni di un vero pentimento, dell'aver disubbidito. Bella
e addolorata com'era, avrebbe intenerito un macigno: ma Barbablu aveva il cuore
più duro del macigno. "Bisogna morire, signora", diss'egli, "e
subito." "Poiché mi tocca a morire", ella rispose guardandolo
con due occhi tutti pieni di pianto, "datemi almeno il tempo di
raccomandarmi a Dio." "Vi accordo un mezzo quarto d'ora: non un
minuto di più", replicò il marito. Appena rimasta sola, chiamò la sua
sorella e le disse: "Anna", era questo il suo nome, "Anna,
sorella mia, ti prego, sali su in cima alla torre per vedere se per caso
arrivassero i miei fratelli; mi hanno promesso che oggi sarebbero venuti a trovarmi;
se li vedi, fà loro segno, perché si affrettino a più non posso". La
sorella Anna salì in cima alla torre e la povera sconsolata le gridava di tanto
in tanto: "Anna, Anna, sorella mia, non vedi tu apparir nessuno?".
"Non vedo altro che il sole che fiammeggia e l'erba che
verdeggia."
Intanto Barba-blu, con un gran coltellaccio in mano, gridava con
quanta ne aveva ne' polmoni: "Scendi subito! o se no, salgo io".
"Un altro minuto, per carità" rispondeva la moglie. E di nuovo si
metteva a gridare con voce soffocata: "Anna, Anna, sorella mia, non vedi
tu apparir nessuno?".
"Non vedo altro che il sole che fiammeggia e l'erba che
verdeggia."
"Spicciati a scendere", urlava Barbablu, "o se no
salgo io." "Eccomi" rispondeva sua moglie; e daccapo a gridare:
"Anna, Anna, sorella mia, non vedi tu apparir nessuno?".
"Vedo" rispose la sorella Anna, "vedo un gran polverone che
viene verso questa parte..." "Sono forse i miei fratelli? "
"Ohimè no, sorella mia: è un branco di montoni."
"Insomma vuoi scendere, sì o no?", urlava Barbablu.
"Un'altro momentino" rispondeva la moglie: e tornava a gridare:
"Anna, Anna, sorella mia, non vedi tu apparir nessuno?".
"Vedo" ella rispose "due cavalieri che vengono in qua: ma sono
ancora molto lontani." "Sia ringraziato Iddio", aggiunse un
minuto dopo, "sono proprio i nostri fratelli: io faccio loro tutti i segni
che posso, perché si spiccino e arrivino presto."
Intanto Barbablu si messe a gridare così forte, che fece tremare
tutta la casa. La povera donna ebbe a scendere, e tutta scapigliata e piangente
andò a gettarsi ai suoi piedi: "Sono inutili i piagnistei", disse
Barbablu, "bisogna morire". Quindi pigliandola con una mano per i
capelli, e coll'altra alzando il coltellaccio per aria, era lì lì per tagliarle
la testa. La povera donna, voltandosi verso di lui e guardandolo cogli occhi
morenti, gli chiese un ultimo istante per potersi raccogliere. "No,
no!", gridò l'altro, "raccomandati subito a Dio!", e alzando il
braccio...
In quel punto fu bussato così forte alla porta di casa, che
Barba-blu si arrestò tutt'a un tratto; e appena aperto, si videro entrare due
cavalieri i quali, sfoderata la spada, si gettarono su Barbablu. Esso li
riconobbe subito per i fratelli di sua moglie, uno dragone e l'altro
moschettiere, e per mettersi in salvo, si dette a fuggire. Ma i due fratelli lo
inseguirono tanto a ridosso, che lo raggiunsero prima che potesse arrivare sul
portico di casa. E costì colla spada lo passarono da parte a parte e lo
lasciarono morto. La povera donna era quasi più morta di suo marito, e non
aveva fiato di rizzarsi per andare ad abbracciare i suoi fratelli.
E perché Barba-blu non aveva eredi, la moglie sua rimase padrona
di tutti i suoi beni: dei quali, ne dette una parte in dote alla sua sorella
Anna, per maritarla con un gentiluomo, col quale da tanto tempo faceva
all'amore: di un'altra se ne servì per comprare il grado di capitano ai suoi
fratelli: e il resto lo tenne per sé, per maritarsi con un fior di galantuomo,
che le fece dimenticare tutti i crepacuori che aveva sofferto con Barbablu.
Così per tutti gli sposi.
Da questo racconto, che risale al tempo delle fate, si potrebbe
imparare che la curiosità, massime quando è spinta troppo, spesso e volentieri
ci porta addosso qualche malanno.
Tutti i miei blogs hanno nuovi posts:
RispondiElimina- In http://cerfvolant3436.blogspot.com
www.cerfvolant3436.blogspot.com
ho arricchito di molti giochi il post dei
"Jeux linguistiques".
- In mariellaemporio.blogspot.com
ho aggiunto molte poesie che mi sembrano molto interessanti.
- In marielbrubazar ho completato il racconto
"Le due finestre".
-In questo blog.gaby souk.blogspot.com
ho anche inserito Perrault e una delle sue fiabe più conosciute.
*Aspetto notizie e reazioni da Maria,che in questi giorni è impegnata con il suo conservatorio.Spero che qualcuna delle mie fatiche vi interessi abbastanza.Grazie dell'attenzione.