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martedì 24 dicembre 2013

Diario di bordo.(85)





Cara Marion,
mi sono sforzata di raccogliere un po’ di materiali per mandarteli ora che sarai a casa per qualche giorno e ,forse ,avrai qualche minuto per guardarli un po’. Se il mio lavoro è quello del tessitore,del  mercante di stoffe e del tintore ,che sceglie i colori più interessanti per i suoi tessuti,almeno secondo la sua idea,il tuo,
o almeno quello che io ti ho attribuito nella mia testa è quello del sarto che sceglie le stoffe opportune nel campionario,le taglia(che è la parte del lavoro che ti riesce da campione),e le cuce
con un filo leggero così sottile da far sembrare,alla fine ,che tutto è stato concepito fin  dall’origine come un unicum.
Appena sarai pronta,fammi sapere le tue impressioni e le tue prime decisioni,per sapere quale supplemento di lavoro mi aspetta .I miei amici(Isabella ,insegnante di francese,Eugenio,ex allievo di francese,esperto di teatro,Gabriela,di cui sai tutto e che può leggere indifferentemente italiano e francese)sono avvisati che tu potrai affidar loro dei brani da leggere. Chiedono solo di saperlo qualche giorno prima per preparare un minimo la lettura .Io,per mio conto,vorrei anche sapere ,appena lo hai deciso ,se la prova generale è per il 7 o per l’8  e a che ora e dove,per potermi organizzare.
Non ti posso ancora augurare buone feste e ,neanche, buone vacanze,Spero di completare l'invio provvisorio prima di Natale.Entro domani sera ti farò certo un altro invio.Non so se completo. Sarà comunque l'occasione per gli auguri.
Un abbraccione 
Mariel



 Bollettini,sempre secondo l’uso del salotto di Mme Doublet ,ma come didascalie che servono a introdurre,secondo il nostro punto di vista , gli stralci di documentazione.


                                                                  
4.Ed è dalle opere  dei filosofi che cominciano ad affiorare l’ordito e la trama del necessario cambiamento.
L’analisi storica , sociale,antropologica nonché  psicologica, sembra preparare quella giuridica.

Montesquieu

A.
L’esprit des lois,livre II,ch.II.

Dei governi.

Ci sono tre specie di governi:il repubblicano,il monarchico e il despotico. Per scoprirne la natura basta l’idea che ne hanno le il corpo del popolo,o soltanto una parte del popolo persone meno istruite. Suppongo tre definizioni,o piuttosto tre fatti:uno ,che “il governo repubblicano è quello in cui ha il potere sovrano,il monarchico, quello in cui uno solo governa,ma con leggi fisse e stabilite,invece nel dispotico,uno solo,senza leggi e senza regole,trascina tutto con la sua volontà e con i suoi capricci”.

Il governo repubblicano si suddivide a sua volta in democrazia e aristocrazia:
quando,nella repubblica,il corpo del popolo ha il potere sovrano,è una democrazia. Quando il potere sovrano è nelle mani di una parte del popolo,ciò si chiama una aristocrazia.

B.
L’esprit des lois,livre III,ch.III

Principio democratico.

Non occorre molta probità perché un governo monarchico o un governo dispotico si mantenga o si sostenga. La forza delle leggi nell’uno e il braccio del principe sempre alzato nell’altro,regolano o contengono tutto. Ma in uno stato popolare ci vuole una molla in più,che è la virtù.
Quel che dico è confermato dal corpo intero della storia ed è molto conforme alla natura delle cose. Perché è chiaro che in una monarchia in cui colui che fa eseguire le leggi si giudica al di sopra di esse,occorre meno
 virtù che in un governo popolare ,in cui colui che fa eseguire le leggi sente che vi  è egli stesso sottomesso
e che ne porterà il peso.
  E’ ancora chiaro che il monarca che per cattivo consiglio  o per negligenza,cessa di fare eseguire le leggi,può agevolmente riparare il male: non c’è che da cambiare di Consiglio,o correggersi da questa stessa negligenza. Ma quando ,in un governo popolare ,le leggi hanno cessato di essere eseguite,siccome ciò non può avvenire che dalla correzione della repubblica,lo Stato è già perduto.

C.
L’esprit des lois,libro III, ch.VII.

Principio della monarchia.

Mi affretto,e cammino a grandi passi affinché non si creda che io faccia una satira del governo monarchico. No;se manca una molla ,ce n’è un’altra:l’onore,cioè il pregiudizio di ogni persona e di ogni condizione prende il posto della virtù politica di cui ho parlato e la rappresenta dovunque. Vi può ispirare le più belle azioni,può,unito alla forza delle leggi,condurre a buon fine  il governo come la virtù stessa.

D.
L’esprit des  lois,livre III,ch.IX.

Principio del governo dispotico.

Come serve la virtù in una repubblica,e in una monarchia,l’onore,occorre la paura in un governo dispotico:quanto alla virtù non è per niente necessaria e l’onore vi sarebbe pericoloso.
Un governo moderato può,finché lo vuole,e senza pericolo allentare le sue molle. Si mantiene con le sue leggi e con  la stessa sua forza. Ma ,quando,nel governo dispotico il principe cessa per un momento di levare il braccio,quando non può annullare all’istante coloro che hanno i primi posti,tutto è perduto:poiché la molla del governo,che è la paura,non essendoci  più,il popolo non ha più protettore.

Jean Jacques Rousseau
Du Contrat Social
 E.
De la liberté naturelle à la liberté civile.  

Questo passaggio dallo stato di natura mallo stato civile produce nell’uomo un cambiamento molto notevole,sostituendo nella sua condotta la giustizia all’istinto e attribuendo alle sue azioni  la moralità
che mancava loro precedentemente. E’ solo allora che,la voce del dovere succedendo all’impulso fisico
e il diritto all’appetito,l’uomo che fino ad allora non aveva guardato che se stesso si vede forzato ad
 agire su altri principi,e di consultare la sua ragione prima di ascoltare le sue inclinazioni. Sebbene si privi in questo stato di parecchi vantaggi che deriva dalla natura,ne guadagna di così grandi,le sue facoltà si esercita tal punto ano e si sviluppano,le sue idee si espandono,i suoi sentimenti si nobilitano,la sua anima tutta intera
si  eleva  a tal punto che ,se gli abusi di questa nuova condizione non lo degradavano  spesso al di sotto di quella da cui è uscito,dovrebbe benedire senza tregua l’istante felice che da lì lo strappò per sempre, e che ,di un animale stupido e limitato ,fece un essere intelligente e un uomo.
Riduciamo tutta questa bilancia a termini facili da comparare: ciò che l’uomo perde  col contratto sociale,è la sua libertà naturale e un diritto illimitato a tutto ciò che lo tenta e che può raggiungere;quel che guadagna è la libertà civile e la proprietà di tutto quel che possiede. Per non sbagliarci nelle  compensazioni ,bisogna ben  distinguere la libertà naturale ,che non ha altri limiti che le forze dell’individuo ,dalla libertà civile ,che è limitata dalla volontà generale;e il possesso che non è che l’effetto della forza o del diritto del primo occupante ,dalla proprietà che non  può essere fondata che su un titolo positivo.
Si potrebbe,su ciò che precede,aggiungere all’acquisizione dello stato  civile la libertà morale , che soltanto rende  l’uomo davvero padrone di sé:poiché l’impulso del solo appetito è la schiavitù ,e l’obbedienza alla legge che ci si è prescritta è libertà.

Voltaire
Dictionnaire philosophique

 F.
Article “Torture”


I Romani  non inflissero la tortura che agli schiavi,ma gli schiavi non erano considerati uomini..Non c’è apparenza non più  che  un consigliere del tribunale criminale del parlamento di Parigi guarda come uno dei suoi simili un uomo che gli si conduce smunto,  pallido disfatto,gli occhi cupi,,la barba lunga e sporca,coperta di  parassiti da cui è stato divorato  in una galera. Egli si concede  il piacere di applicarlo alla grande e alla piccola tortura,in presenza di un chirurgo che gli tasta il polso,fino a che sia in pericolo di morte,dopo di che si ricomincia e,come dice molto bene la commedia dei Plaideurs (di Racine)”Ciò fa sempre passare un’ora o due”.
Il grave magistrato che ha comprato per qualche soldo il diritto di fare queste esperienze sul suo prossimo,
racconterà a cena a sua moglie quel che è accaduto la mattina. La prima volta la signora ne è stata stravolta
,la seconda ci ha preso gusto,perché,dopotutto le donne sono curiose;e in seguito la prima cosa che lei gli dice  quando rientra  a casa in toga:”Cuoricino mio,oggi non avete fatto infliggere la tortura a nessuno?”
I Francesi,che passano,non so perché,per un  popolo molto umano,si sorprendono che gli Inglesi ,che hanno avuto l’inumanità di prenderci tutto il Canada,abbiano rinunciato al piacere di infliggere la tortura.
Quando il cavaliere de La Barre,nipote di un luogotenente generale dell’esercito,giovanotto di molto spirito e di grande speranza,ma avendo tutta la storditezza di una gioventù sfrenata,fu convinto d’aver cantato canzoni empie,e anche d’aver  passato davanti  a una processione di cappuccini senza aver tolto il cappello, i giudici di Abbeville, gente comparabile ai senatori romani,ordinarono,non soltanto che gli si strappasse la lingua,che si si tagliasse la mano,che gli si bruciasse il corpo a fuoco lento;ma gli applicarono ancora la tortura per sapere con precisione quante canzoni aveva cantato e quante processione aveva visto passare,col cappello in testa.
Non è nel XIIIe o nel XIVe secolo che questa avventura è accaduta,è nel XVIIIe .Le nazioni straniere giudicano della Francia dagli spettacoli,dai romanzi,dai versi graziosi,dalle ragazze dell’Opéra,che hanno costumi molto dolci,dai nostri ballerini dell’Opéra,che posseggono la grazia,da Mme Clairon,che declama versi da rapirci .Non sanno che non c’è per niente, in fondo,nazione più crudele della francese.

Marivaux

Le Paysan parvenu
 G.
Première partie.

Fui di ritorno a casa nel momento in cui ci si stava per mettere a tavola. Mannaggia,la succulenta cenetta!Ecco quel che si chiama brodo,per non parlare di un piattino d’arrosto d’una finezza,di una
cottura così perfetta … Bisognava aver l’anima ben rodata dalla prova del piacere che possono offrire i buoni bocconi,per non cadere nel peccato di  leccornia mangiando di quell’arrosto e poi di quel ragù poiché ce n’era di una delicatezza di condimento che non ho mai incontrato altrove.Se i mangiasse in cielo,non vorrei essere meglio servito;Maometto,di quel pasto ,avrebbe potuto fare una delle gioie del suo paradiso.
Le nostre dame non mangiavano per niente bollito,non faceva che apparire sulla tavola,e poi lo si toglieva per darlo ai poveri.(…)
Mai avevano appetito;almeno non si poteva vedere affatto quello che esse avevano;facevano sparire i bocconi;
sparivano senza  che paressero quasi  toccarli..Si vedevano quelle dame servirsi con negligenza con le loro forchette,appena avevano la forza di aprire la bocca;gettavano sguardi indifferenti su quella bella vita:Oggi non ho punto gusto. E io neppure. Trovo tutto insipido. E io tutto troppo  salato.
Quei discorsi mi gettavano la polvere negli occhi,di modo che io credevo di vedere le creature più disgustate del mondo,e tuttavia il risultato di tutto questo era che i piatti si trovavano così considerevolmente diminuiti quando si serviva che io nei primi giorni non sapevo proprio come regolare tutto questo.
Ma alla fine vidi di che ero stato vittima nei primi giorni. Erano proprio quelle arie di disgusto che sottolineavano le nostre padrone che mi avevano nascosto la sorda attività dei loro denti.
Il più divertente è che immaginavano se stesse esser piccole e sobrie mangiatrici: e siccome non era decente che le devote fossero golose ,che bisogna nutrirsi per vivere e non vivere per mangiare; che malgrado questa massima ragionevole e cristiana,il loro ghiotto appetito   non voleva perdere niente ,esse avevano scovato il segreto di lasciarlo fare ,senza intingere nella sua ghiottoneria;ed era per mezzo di quelle apparenze di sdegno per le carni,era per l’indolenza con la quale esse le toccavano,che esse si persuadevano di essere sobrie conservandosi il piacere di non esserlo;era in favore di quella scimmiottatura  che la loro devozione
lasciava innocentemente il campo libero all’intemperanza .Bisogna confessare che il diavolo è ben fine,ma anche che noi siamo ben sciocchi! Il dessert fu in armonia  con  il  pasto:confetture secche e liquide,e sul tutto liquorini,per aiutare la digestione ,nonché per rinvigorire quel gusto tanto mortificato …(…)
In seguito si toglieva il coperto;si lasciavano allora andare in una poltrona,la cui mollezza e profondità
invitavano al riposo;e a quel punto si intrattenevano alcune riflessioni che si erano fatte dalla lettura delle sante scritture,o di un sermone del giorno e della vigilia del quale trovavano il soggetto ammirevolmente conveniente per tale Monsieur o per talaltra Madame.

                                                                             ***

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