T. FRANCOFONO_OCEANIA_Nuova
Caledonia
Complessa e molto articolata,
al limite della frammentazione, la geopolitica della Nuova Caledonia,nel
continente Oceania.
Nouméa (si pronuncia numéa in francese, in Kanak: Numêea)
è la principale città e insieme il capoluogo amministrativo del territorio
francese[1]
della Nuova Caledonia. La città è situata su una penisola nella parte
sud-occidentale della Grande Terre,
l'isola principale e la più estesa
dell'arcipelago.
È anche la più grande città
francofona dell'Oceania. La popolazione ammonta a 91.386 abitanti che divengono
146.000
contando anche i sobborghi.
La maggioranza dei
residenti sono cittadini europei, sia autoctoni ("caldoches"), sia
cittadini della Francia metropolitana ("zoreilles") che risiedono nel
territorio per vari motivi. Vi è anche un'alta percentuale di Kanak,
Polinesiani e asiatici
(indonesiani, vietnamiti,
cinesi). È quindi una città cosmopolita,ma prevale la cultura europea, dove il
francese è molto
presente.
È la sede del Segretariato
della comunità del Pacifico. Nel 1966,1987 e 2011 è stata sede dei Giochi del
Pacifico,una
manifestazione
multisportiva cui partecipano gli Stati del Pacifico Meridionale. Nel 1984 e
nel 2000 è stata sede del
Festival of Pacific Arts,
una festa quadriennale che vede tutti i popoli dell'Oceania radunati per
manifestazioni artistiche
e sportive.
Maré
Isola di Maré, Nuova Caledonia
Maré è un comune della Nuova Caledonia nella Isole della Lealtà. Il comune
occupa l'isola di Maré e le isole vicine.
*°*°*°*°*
Ancora più complessa e articolata è la natura francofona della letteratura
melanesiana.
Prima di tutto perché la
produzione teatrale che abbiamo scelto appartiene alla Nouvelle
Calédonie,che non costituisce uno stato indipendente,ma è parte
integrante della Repubblica
Francese,quale Territorio
d’Oltre Mare. Infatti col modello interculturale proposto dai diversi
accordi ratificati nel 1988
e 1998 la Nuova Caledonia entra a pieno titolo nel campo della
letteratura francofona post-coloniale - nel senso di dopo-colonizzazione – più che
della
decolonizzazione,proprio
perché la Nuova Caledonia ,malgrado il suo statuto di grande
autonomia,non è una nazione indipendente. Ma
l’essenza della sua letteratura è
post-coloniale
nei limiti in cui essa emerge da un
contesto coloniale. L’orientamento
interculturale
costituisce per l’appunto l’originalità
di questa letteratura e gli scrittori
melanesiani sono impegnati in queste nuove prospettive.
L’oralità è il fondamento dell’identità della cultura
kanak.Quindi,la drammaturgia àncora
immediatamente la scrittura di Pierre Gope - l’autore
prescelto come particolarmente
rappresentativo - nell’oralità e fa della sua scrittura drammaturgica la forma più vicina
alla sua cultura. E’ lui stesso a spiegarci che l’espressione teatrale si
impone da sola:
”Il teatro è anche da noi,nei nostri villaggi,anche se
non esiste come forma letteraria.”
‘ La parola è messa in scena ogni giorno:il
teatro era già là,tutt’intorno a me,da sempre.’
La sua parola genera un
testo che si mette al servizio di quella stessa parola. L’appropriazione
del francese nella scrittura drammaturgica e nella sua rappresentazione non induce
affatto una parallela perdita della lingua
vernacolare. Anzi protende all’apertura di
quella comunità,abitualmente
chiusa nella sua parlata( in vernacolo),che ,tradizionalmente,
aggiunge frammentazione ,per non dire sbriciolamento,
a un territorio che,già per la sua
natura geografica, molto poco favorisce ,non riesce per niente a orientare ,
a far tessere
solide relazioni sociali ai suoi abitanti. L’adozione dell’uso
del francese nella scrittura e
nella rappresentazione teatrale ha permesso di andare incontro all’Altro ,ha favorito la
sperimentazione di un’apertura.
La lingua di Pierre Gope è dunque ancora una volta
tagliente,diretta,improntata a un’oralità
che fa piuttosto emergere la durezza e le difficoltà dei rapporti sociali. Anche qui troviamo
che l’Altro si è introdotto dunque nella
drammaturgia in relazione con le altre culture,
attraverso
l’uso della lingua francese .E ancora
una volta lo spazio identitario diventa così
un
luogo dove le tensioni si manifestano,le esperienze si incrociano, si
incontrano,si
confrontano. E’al teatro che viene affidato il compito di rappresentare le
appartenenze
multiple,senza più timori di
contaminazioni identitarie,nella consapevolezza piuttosto
dell’opportunità offerta di reciproco arricchimento
e irrobustimento. Si può notare un
cambiamento di valore legato proprio alla alterità:è
l’introduzione del teatro nella società
kanak che favorisce quindi la sua
apertura e la rende tanto più sensibile all’altro,alla sua
differenza.
Pierre Gope nel suo “Dov’è il diritto?Okorenetit?”[2]fa
una originale operazione linguistica
polivalente già nel titolo. Infatti il
punto interrogativo,più che l’effetto di chiasmo tentato
con l’accostamento delle
due lingue,suggerisce che Okorenetit non è che la traduzione in
lingua nengone dell’interrogazione
precedente e che costituisce la dominante dell’intreccio.
Configurazione che anticipa
simbolicamente la questione della diglossia
con cui si confronta
questo genere di autori. A proposito poi del lungo discorso d’apertura in nengone -una delle
lingue melanesiane,quella
di Maré, l’isola natale di Pierre Gope,nell’arcipelago della Loyauté -
bisogna sottolineare che è
impossibile per coloro che non conoscono il nengone rendersi conto
se quel che segue sia la
traduzione francese o la continuazione in francese del discorso. Ogni
invenzione del Vecchio Bolé
procede così mantenendo lungo tutta l’opera l’ambiguità che
incarna la Parola della comunità kanak. Così
l’irruzione nel discorso delle canzoni rappresenta un mezzo di
trasposizione dell’oralità
nella scrittura drammatica. I canti non
sono insomma che presentati
in fondo al libro,seguiti da traduzione,mentre
nella messa in scena dell’autore essi
intervengono,
al contrario ,nel corso dell’intrigo e non
sono offerti al pubblico che in nengone.
Affermazione questa di un sistema di valori che non
sono occidentali ,ma si esprimono
in lingua francese .Un’operazione
che nello stesso tempo la fertilizza e – anche se lei si
rivolge a quel popolo
melanesiano - favorisce pure il superamento
della chiusura linguistica
che caratterizza quel mondo;questa letteratura ha
infatti un ruolo unificatore sia per il
decentramento delle
referenze culturali che essa opera,di cui ciascun frammento della
comunità insulare si può
appropriare rielaborandolo a suo modo, sia perché propone
figure culturali comuni per il pubblico melanesiano,qualunque
sia la sua origine e la sua
lingua materna, che ha necessariamente una comprensione molto più
sottile che non può
possedere il lettore di origine europea.
Condizione del resto già
conosciuta da Jean Paul Sartre,quando
affermava con Léopold
Ed ecco che anche qui ci si
ripresenta un fenomeno simile a quelli incontrati nel teatro
francofono degli altri
continenti. La volontà di valorizzare il bilinguismo della rappresentazione
nell’immediato per perseguire il più evidente
obiettivo di aprire gli orizzonti della
cultura dell’isola
e col bilinguismo costruire un
multiculturalismo ricco di energie e di spunti vitali.
Se è utile e possibile aprirsi al confronto e
il teatro è lo strumento opportuno che consente,
con l’uso del francese, di
superare, ricucendolo, l’isolamento in cui versano le numerose comunità
melanesiane, la sua pratica può palesemente
mostrare che la loro
natura sbriciolata di isole
non è necessariamente una condanna alla
chiusura, alla sterilità che l’isolamento necessariamente
produce. Il teatro può costituire un
correttivo fertile che l’uomo propone alla natura. Ma l’intreccio
con la tradizione kanak porta
anche altre conseguenze: l’osservazione più attenta e approfondita, per
esempio, di quest’opera di Pierre Gope “:”Où est le
droit? Okorenetit?”, mostra che si
producono
anche altri effetti,
nient’affatto secondari. Ecco dunque che quando si considera fondamentale
intrecciare la tradizione culturale kanak con
quella francese, l’intervento non può limitarsi soltanto
all’uso delle due lingue. Il teatro è un
genere di espressione, ci ha detto Pierre Gope,” che è anche
da noi,nei nostri villaggi,anche se non esiste come forma letteraria”. Appunto. E’ necessario
rendere
familiare anche la ‘forma letteraria’che si intende inserire nell’esperienza dei popoli
melanesiani,
se si vuole ottenere che ne
diventi patrimonio, acquisizione culturale, arricchimento. Per ottenere
questo risultato è necessario tessere qualche motivo indigeno
accanto ai fili che si intrecceranno
nel dialogo in francese
della rappresentazione. E questo intervento produce un terremoto nel rituale
classico del teatro europeo; anche questo
teatro melanesiano adotta infatti palesemente una
dimensione assolutamente multidisciplinare. Vistosa
infatti è in quest’opera la presenza dei canti
in lingua nengone e che nella rappresentazione non
si ritiene necessario neppure tradurre. Come
per incanto,
eccola allora di nuovo di fronte
a noi un’esperienza multidisciplinare. L ’autore
infatti per praticare
utilmente la diglossia, introduce la lingua nengone
nella sua rappresentazione
alternando il dialogo dei
personaggi in lingua francese, con i canti che costituiscono l’espressione
intatta della cultura kanak. Ancora una volta assistiamo a
un’incursione nel rituel della
tradizione
classica del teatro europeo che lo modifica, quasi
lo stravolge, col ricorso costante alla
pratica di
strumenti multidisciplinari di derivazione locale, ogni
volta che la sua struttura si trova ad
immergersi
nelle culture tradizionali di altri continenti. Operazione
che tuttavia consente una soluzione alta.
La soluzione che favorisce il confronto fra
culture offre infatti sempre l’arricchimento reciproco,
favorisce l’opportunità
della conoscenza dell’altro, consente la percezione che non bisogna aver
paura della diversità, semplicemente mostrando i personaggi che si adattano ora alla parola
d’importazione ora a quella indigena, secondo
gli strumenti espressivi, familiari o
innovativi
utilizzati nei diversi passaggi della rappresentazione. Un modo
efficace di innestare la più
caratteristica forma di
espressione culturale locale all’interno
della rappresentazione che è in
una lingua’ altra’, che arricchisce entrambe attraverso un confronto diretto che consente di
godere appieno dello
spettacolo sia agli indigeni,sia ad un
pubblico esterno a quel mondo, ma
capace di entrarci proprio grazie
all’utilizzazione di una lingua
conosciuta e per merito di una
pratica teatrale manipolata, ma percepibile,nella
sua nuova veste,come vivace e
interessante.
Ma non si limita a questo
aspetto, pur fondamentale,di lavoro sulle lingue l’originalità che ha fatto
cadere la scelta su questa
pièce di Pierre Gope.Questo autore infatti controlla con sapienza
elementi caratteristici
della scrittura drammaturgica per trarne effetti di ricca originalità, che
affianca con naturalezza
sorprendente alla struttura multidisciplinare e disglossica, arricchendo
ulteriormente il suo testo. Si assiste fin
d’all’inizio, infatti a un alternarsi di toni, che consentono
allo spettatore di meglio
avvicinarsi e assorbire l’essenza alta del discorso di fondo. Si passa dal
tono drammatico obbligato
dalla discussione sullo scontro tra la tradizione e necessità di adattamento,
all’atmosfera tragica della
voce solista della vittima che si vede costretta ad attentare al costume
per chiedere giustizia alla
cultura “altra”, poiché nella propria le donne sono dakö(nulla)e la parola
wadrawa,dell’igname è
parola maschile,tanto da far prevalere l’orgoglio maschile fino a cancellare
l’amore paterno.
L’isolamento che porta la protagonista ad
allontanarsi dall’amica e dal fidanzato
assume toni struggenti.
L’introduzione dell’elemento classico del coro
favorisce toni molto
sorprendenti di ironia a
sottolineare con effetti di contrappunto dalla sorprendente originalità
ancora una volta il
contrasto tra le due culture. Non manca l’uso efficace dell’a-parte per mettere
in evidenza lo sdoppiamento di personalità del
gendarme che si rivela anche nella sua
intimità. Il
registro alto del discorso legato alla natura
del problema affrontato non impedisce all’autore di far
ricorso all’uso della macchietta ,disegnando con i comportamenti tipici dell’infanzia di
fronte alla
paura,le reazioni di terrore
incontrollato che la mancanza di conoscenza - quindi di integrazione rispetto
alla cultura kanak - produce nei gendarmi. A cui segue, peraltro, un
atteggiamento conclusivo che
i gendarmi mostrano di assoluta perplessità
anche riguardo ai propri valori. Il contrasto tra il tono
grottesco del dialogo dei due ubriachi e la languida canzone dolorosamente nostalgica del fidanzato
serve ad arricchire il
tratteggio sottile di un ulteriore contrasto,pieno di sospetti e incomprensioni:
quello tra il kanak di
campagna e quello di città,ovvero tra un malinteso senso di appartenenza
stretta alla tradizione e una
evoluzione solamente presunta. Particolarmente interessanti sono le
conversazioni tra detenuti dove
si introduce, con l’inevitabile denuncia della responsabilità dei bianchi
sulla malattia del sistema, l’osservazione che parte della
responsabilità dello stato attuale delle cose
è anche indigena. Sta
infine al tribunale dei bianchi chiedersi se la ribellione a questo stato di
cose
sia ricerca di giustizia o
contestazione del costume. La conclusione del drammatico percorso di ricerca
è inesorabile: l’esito dei due tribunali a
confronto porta la protagonista a fondare l’utopia del riscatto
nella morte ineluttabile in
quanto vittima inconsolabile e incompresa nel regno dei vivi.
Ancora una volta il
Teatro-Rituale d’oggi cerca di favorire con la sua partitura l’accesso a un livello
di coscienza superiore dove si possa
recuperare in se stessi la maniera di liquidare le forze negative
e risolvere i propri
problemi,anche quando la soluzione vera sembra ancora lontana.
Un’operazione riuscita,insomma,un modo concreto degli autori della Nuova
Caledonia di attuare
quel modello interculturale che i diversi accordi fra il
1988 e il 1998 le istituzioni
hanno ratificato.
*°*°*°*°*°
[1] E’ uno dei
territori d’Oltre Mare,come la Martinica di Césaire,che fa parte integrante del
territorio dello Stato francese,
pur godendo di alcune regole che tengono conto della
differenza costituita dalla particolare condizione
storica e geografica .
[2] Pierre Gope:”Où
est le droit? Okorenetit?”,éd.Grain de Sable,Nouméa,2002.
[3] J.P.Sartre”Orphée
noir”,Léopold Senghor”Anthologie de la poésie nègre et malgache de langue
francaise ”(1948)
Éd.PUF.coll.Quadrige,Paris,2001,p.XI
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