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sabato 19 dicembre 2015

Qualche pagina dell'antologia da sfogliare.1.



5. VERSI DI CARNE  E  DESIDERIO



            Non molto tempo dopo, e dopo qualche altro veloce incontro di fine settimana, il Caso regala a Zoé, e a Gordon,  un’opportunità inaspettata che potrebbe farli riunire di nuovo e a lungo, perché possano riscaldarsi  in un vortice di carezze, tornare a intrecciare i loro corpi in ardenti abbracci e gioire di nuovo  della presenza appassionata l’uno dell’altra.

Gordie chéri,
mi manchi, questa lontananza mi fa impazzire.
       Ma  ho qualcosa di stupendo da proporti.  Sono stata appena coinvolta in un’iniziativa straordinaria e affascinante: mi hanno invitato a partecipare ad una crociera di lettori. Qualche giorno a bordo di una nave che salperà da un porto italiano per approdare a Barcellona, in occasione dei festeggiamenti di Sant Jordi[1], quando – così ho scoperto-  seguendo la tradizione catalana, gli uomini regalano alle donne una rosa e in cambio ricevono un libro. Mi hanno chiesto un intervento, sponsorizzato dalla mia casa editrice. Naturalmente ho già cominciato a prendere appunti e ti invio, come al solito, il file appena abbozzato per avere i tuoi consigli.
      Il tema non potrebbe essere più seducente: ”Il desiderio del corpo”, naturalmente in poesia. Sì, hai capito bene. A bordo, durante la traversata, avranno luogo una serie di eventi, in ogni momento e in ogni angolo della nave … Non trovi che sia  un’idea magnifica? E ora ascolta la mia di idee e cerca di assecondarmi; ho la possibilità di fare invitare anche te! Che ne dici di questa deliziosa opportunità  nella nave carica di libri, che ci sbarcherà in una città in festa, dove il libro la fa ancora da protagonista? Già  mi sembra di sentire la tua voce pacata e calda che disserta sui poeti caraibici... (conosco bene  le tue competenze sul meticciato delle Antille!)  Pensa: noi due, distesi al sole come lucertole di giorno,  ad ascoltare buona musica sotto le stelle la sera e  … altro ancora! Non ti sembra suggestivo? O mi trovi esageratamente romantica?  Considera che a Barcellona potremo assistere anche ad altre presentazioni, magari di poeti spagnoli. Sento già il profumo della tua rosa.  Coraggio allora! Getta alle ortiche  senza esitazione tutto quello che avresti dovuto fare e rispondimi al più presto per aggiungere  un altro tassello seducente  al mosaico  che stiamo cercando di costruire insieme.
        Che te ne pare?
        A prestissimo.                                                                               
        Ti amo,    Z.

Ed ecco l’allegato di Zoé:
  
 IL DESIDERIO DEL CORPO                                                                                               
             Il  linguaggio poetico  è  da sempre particolarmente vocato  all’espressione degli universi notturni, dell’inconscio, del profondo con il  suo codice simbolico. La lirica sa esprimere  proprio quel  momento prezioso della sintesi  tra immaginario e simbolico che la figuralità della  sua espressione favorisce. Può così cogliere istanti di pulsioni e forze interiori  che sono vitali e palpitanti all’interno di quel magma amorfo dove si annodano i  fondamenti, le spinte di vita.
            È perciò interessante  andare a vedere  alcuni esempi di espressione della corporeità  che si riferisce non soltanto al materiale e al visibile, ma anche  a quell’insieme di fantasie, di simbolizzazioni che determinano l’identità, la concettualizzazione e la consapevolezza del sé.
           Se per secoli il desiderio  si è espresso, in letteratura, nella lontananza, nell’assenza, alimentandosi ad un tempo  con il topos dell’inestinguibilità,  fino a renderlo il cardine della tradizione lirica, è davvero stimolante  andare a vedere quanto abbiamo  conquistato la libertà dall’autocensura e come la stiamo esercitando.       
         È cioè importante andare a documentarci sui diversi risultati che hanno prodotto, a esempio, l’esodo e l’esilio, che hanno trasformato il pianeta in un enorme contenitore dove le pareti dei comparti-stagno si sono fatte più sottili permeabili;  dove il punto di vista delle culture dominanti può avere talora il contrappunto delle culture altre minoritarie; dove, nell’arco del secolo, più generazioni si misurano, come anche più generi; dove le sensibilità culturali  delle più lontane regioni del pianeta possono essere messe a confronto. Il tutto riferito al corpo e alle emozioni  che sa suscitare secondo i molteplici, possibili punti di vista.
        Da sempre infatti il corpo dell'amato/a  accende il fuoco del desiderio, ma più raro è stato il suo canto. È stata una conquista graduale la nostra e le modalità del sentire sono molto diversamente coniugate, nello spazio, nel tempo e, solo recentemente, anche nei generi.
             Sorprendono alcuni confronti  tra poeti del Vecchio e del Nuovo Continente. Dall'Europa germanofona all'America anglofona ritroviamo gli stessi stilemi per cantare il corpo della donna con due titoli ai testi che, però, segnano l'opposto punto di vista.
          Un ritratto dai colori scurissimi, "Ritratto di un'ombra" di Paul Celan[2] che, ripercorrendo analiticamente ogni  elemento del corpo della sua donna, gli affianca immagini segnate da forte aggressività, quando non  corrosive e perfide:                             

Ritratto di un’ombra[3]

I tuoi occhi, orma di luce dei miei passi;
la tua fronte, solcata dal lampo delle spade;
i tuoi sopraccigli, orlo della rovina;
le tue ciglia, messi di lunghe lettere;
i tuoi riccioli, corvi, corvi, corvi;
le tue guance, stemma del mattino;
le tue labbra, ospiti tardivi;
le tue spalle, statua dell'oblio;
i tuoi seni, amici delle mie serpi;
le tue braccia, ontani alla porta del castello;
le tue mani, tavole di morti giuramenti;
i tuoi fianchi, pane e speranza;
il tuo sesso, legge dell'incendio boschivo;
le tue cosce, ali nell'abisso;
i tuoi ginocchi, maschere della tua boria;
i tuoi piedi, teatro d'armi dei pensieri;
le tue piante, cripte di fiamme;
la tua orma, occhio del nostro addio.
        
            Edward Estlin Cummings (e.e.cummings)[4] nel suo "Cara"  traccia anche lui la mappa del corpo dell'amante con cura minuziosa, ma per esaltarne, invece, le virtù regali, dove luce, colori, suoni, profumi riescono ad esprimere il meglio di sé. E, anche quando i capelli o le spalle evocano in lui immagini guerriere, il senso attribuito è quello del valore trionfante che hanno assunto ai suoi occhi:         

cara[5]

cara
i tuoi capelli sono un regno
 dove sovrana è l'oscurità
la tua fronte è una fuga di fiori
la tua testa è bosco vivo
 pieno di assonnati uccelli
i tuoi seni grappoli d'api bionde
 sul ramo del tuo corpo
il tuo corpo è per me aprile
dalle sue ascelle giunge primavera
le tue cosce pariglia di bianchi cavalli  a un cocchio
 di re
sono il tocco d'un buon menestrello,
e sempre vi risuona un dolce canto
 cara
il tuo capo è uno scrigno
per la fresca gemma della mente
i capelli sul capo sono un guerriero
ignaro della sconfitta
i capelli sulle spalle un'armata
di vittorie e di trombe
le tue gambe sono alberi di sogno
i suoi frutti vero mangiare d'oblio
le tue labbra satrapi scarlatti
nei cui baci combaciano i re
i tuoi polsi
sono santi
custodi del tuo sangue
i tuoi piedi sulle caviglie fiori in vasi
d'argento
nella tua bellezza oscillano i flauti
i tuoi occhi tradiscono
campane intese fra incenso
               
         Due seduzioni ritmiche martellanti quasi a dire  la propria diversa ossessione, quasi sovrapponibili, come a lanciare, però, due opposti messaggi: quello cupo e irridente della voce del Vecchio Continente contro quello solare, caldo ed esaltante di quella del nuovo mondo.    
              Più sofferti  il desiderio e l’estasi di Ameen Rihani [6] in:

Laylat-Al-Layālī[7]

Di notte sulla raggiante Rialto,[8]
vicino alle stelle, nelle loro case di vetro,
vagai con l’anima in tasca
pregando che quel momento non finisse mai.
Ho visto il mio cuore, il mio spirito, il mio pudore
prostrarsi ai piedi della Bellezza.
Quelle sembianze! Quante volte mi avevano allettato,
e quante volte sono caduto nell’inganno!
 E quante migliaia  e migliaia di volte
ho camminato all’ombra di una Layla!
Ma l’estasi e la beatitudine della visione
finivano sempre in una frustrazione profonda.
Ho colto ogni invito
sussurrato dalle pieghe del suo abito, ma non osavo.
Ho visto ogni mia fantasia
indietreggiare dinanzi al nero dei suoi capelli.
                                             
Ho desiderato che  ogni edificio intorno a noi
fosse un cedro, un pioppo, un pino,
che gli uomini e le donne fossero statue
e la pioggia che cadeva fosse vino.
Che le luci fossero fiori eterei
E le automobili fossero rifugi nel bosco …
“Oh, basta così!” esclamò lei e mi diede un bacio.
“questa soffitta e questo letto vanno benissimo”.

             Il Mediterraneo e l’Atlantico confluiscono nella sensibilità che ispira questo poeta, arabo che vive a New York, a rappresentare la dimensione della memoria e quella del presente. La prima ottava racchiude il sortilegio del paesaggio metropolitano, architettonico e umano, così affascinante da intimidire, ma che si rivela presto ingannevole.  Come nel linguaggio filmico, dall’inquadratura panoramica si passa all’inquadratura più ravvicinata per ribadire gli allettamenti e l’ammiccare delle Belle e dei loro abiti che svolazzano leggeri e capricciosi, con l’inevitabile delusione per le fantasie irrealizzate, nella seconda strofaInfine, quasi a sottolineare il disagio dello spaesamento, l’evocazione del paesaggio familiare libanese con le sue foreste di cedri, di pioppi e di pini e, in conclusione, il  colpo d’ali di lei che lo accompagna, che tronca le sue esitazioni per liberarlo con un bacio, completamente a suo agio, anche in quella squallida soffitta, perché quel  che conta è che lui  sia lì.   
          Altro orizzonte si apre se esploriamo il corpo femminile attraverso la voce cilena di Pablo Neruda[9]  ne  :

 L’Infinita [10]          


Vedi queste mani? Han misurato
la terra, han separato
 i minerali e i cereali
han fatto la pace e la guerra,
hanno abbattuto le distanze,
di tutti i mari, di tutti i fiumi,
e tuttavia
quando percorrono
te, piccola,
grano di frumento, allodola,
non riescono a comprenderti,
si stancano raggiungendo
le colombe gemelle
che riposano o volano sul tuo petto
percorrono le distanze delle tue gambe
si avvolgono alla luce della tua cintura.
Per me sei un tesoro più colmo
d'immensità che non il mare e i grappoli,
e sei bianca e azzurra e vasta come
la terra della vendemmia .
In questo territorio,
dai tuoi piedi alla tua fronte
camminando, camminando, camminando,
passerò la mia vita.

o quella messicana di Octavio Paz[11] in:

Corpo in vista[12]                    

E le ombre s'aprirono nuovamente e mostrarono un corpo:
i tuoi capelli, autunno denso, caduta d'acqua solare,
la tua bocca e la bianca disciplina dei tuoi denti cannibali, prigionieri in fiamma,
la tua pelle di pane appena dorato, gli occhi di zucchero bruciato,
luoghi dove il tempo non passa,
valli che solo le mie labbra conoscono,
passaggio della luna che ascende alla tua gola tra i tuoi seni,
cascata pietrificata della nuca,
alta pianura del tuo ventre,
spiaggia senza fine del tuo costato 
i tuoi occhi sono gli occhi fieri della tigre
e un minuto dopo sono gli occhi umidi del cane
ci sono sempre api nei tuoi capelli
la tua schiena fluisce tranquilla sotto i miei occhi
come la schiena del fiume alla luce dell'incendio.

Alta pianura del tuo ventre,
spiaggia senza fine del tuo costato 
i tuoi occhi sono gli occhi fieri della tigre
e un minuto dopo sono gli occhi umidi del cane
ci sono sempre api nei tuoi capelli
la tua schiena fluisce tranquilla sotto i miei occhi
come la schiena del fiume alla luce dell'incendio.

Acque addormentate battono giorno e notte la tua cintura d'argilla
e sulle tue coste, immense come gli arenili della luna,
il vento soffia per la mia bocca e il suo lungo lamento copre con due ali grigie
la notte dei corpi
come l'ombra dell'aquila la solitudine dell'altopiano deserto.
Le unghie delle dita dei tuoi piedi son fatte del cristallo dell'estate.

Tra le tue gambe c'è una pozza d'acqua addormentata,
baia dove il mare di notte s'acquieta, nero cavallo di schiuma,
grotta a piede della montagna che nasconde un tesoro,
bocca del forno dove si fabbricano ostie,
sorridenti labbra socchiuse ed atroci,
unione della luce e dell'ombra, del visibile e dell'invisibile
(lì attende la carne la sua resurrezione e il giorno della vita perdurabile)
Patria di sangue, unica terra che conosco e mi conosce,
unica patria in cui credo, unica porta sull'infinito.
       
              La versificazione è più variata da interrogativi, ha un respiro più aperto, da voce latina, per riprendere con più gusto e vigore lo slancio e l'esaltazione successivi. La natura tutta partecipa all'adorazione dei corpi femminili. Se in  Octavio Paz il corpo dell'amata ha la forza di squarciare le tenebre ed i suoi occhi sono luoghi dove il tempo non passa e "nella bocca del  forno dove si fabbricano ostie" c'è il segno dell'eternità, le mani di Pablo Neruda che hanno abbattuto le distanze di tutti i mari, quando percorrono il corpo di lei, accusano momenti di affaticamento tanto infinito è "il territorio dai tuoi piedi alla tua fronte" che "camminando, camminando e camminando,/passerò la mia vita."
      O ancora la voce di Joaquìn Pasos[13] dal Nicaragua che unisce l’immagine sensuale e possente delle giovani indie, che sfidano il vento opponendogli i loro seni denudati, a quelle di una natura selvaggia e bellissima

Tormenta[14]

Il nostro vento furioso grida attraverso palme giganti

Sordi bramiti scendono dal cielo incendiato da lingue di leopardi
Il nostro vento furioso cade dall’alto.

Il colpo del suo corpo scuote le radici dei grandi alberi
Escono dal suolo gli scarabei                                                                                                               
I serpenti maschi.

Il nostro vento furioso continua il cammino bagnato
È il succo oscuro della sera che bevono i tori selvaggi
Imperversa sui campi.

Gli uomini  odono in silenzio i gemiti del vento
Con l’anima spezzata,il corpo levato
I piedi e la faccia di fango.

Le indie giovani vanno nel cortile,lacerano le loro camicie
Offrono al vento i loro seni nudi, che esso aguzza come vulcani.
        
               Nella poesia  di Joaquìn Pasos scopriamo ancora una volta la fantastica capacità di fondere le esperienze delle avanguardie -con la soppressione di nessi grammaticali, caotiche enumerazioni e invenzioni di immagini molto forti e originali, che ben rappresentano il vigore della sua terra –e un certo gusto degli artifici che ricordano quasi la retorica barocca.
          Ancora più fantasioso e variato è il punto di vista delle voci mediterranee  sul  corpo  amato; con brevi cambiamenti sintattici, ad offrire necessarie rotture per non cadere nell'ovvio.Prendiamo ad esempio  Jacques Prévert, Nazim Hikmet e Konstantinos Kavafis. Che dire della poesia di Jacques Prévert[15] che ci dipinge il quadro, dopo una notte scatenata d'amore?

Fiesta [16]  

E i bicchieri erano vuoti
la bottiglia in frantumi
il letto tutto aperto
e la porta chiusa
e tutte le stelle di vetro
della felicità e della bellezza
luccicavano nella polvere
della stanza spazzata male
Io ero ubriaco morto
e un  falò di gioia
e tu ubriaca viva
tutta nuda fra le mie braccia.

        Una situazione un po' bohème, dove la camera sporca, il letto in disordine, le schegge  di bottiglia sul pavimento sono la cornice perfetta per  far rifulgere "le stelle di vetro della felicità e della bellezza," dell'appagamento del desiderio e dell'ebbrezza conquistata. E ancora una volta una sottolineatura realistica in omaggio al gentil sesso da parte del poeta amico : l'ebbrezza rende lui privo di forze, mentre in lei genera rinnovata vitalità.
       A Nazim Hikmet[17] batte forte il cuore per la nudità del corpo della sua lei, che le sue braccia accolgono; i suoi capelli sono capaci di riverberare in lui l'intero spazio urbano e il tempo misterioso del vespro; riesce  a contenere tutto lo spazio e tutto il tempo che contano, e la forza identificatrice dell'amore trasmette anche al poeta le dimensioni dell'infinito e dell'eterno.

Nelle mie braccia tutta nuda[18]

la città la sera e tu
il chiarore l'odore dei tuoi capelli
si riflettono sul mio viso.

Di chi è questo cuore che batte
più forte delle voci e dell'ansito?
È tuo è della città è della notte
o forse è il mio cuore che batte forte?

Dove finisce la notte
dove comincia la città?
Dove finisce la città dove cominci tu?
Dove comincio e finisco io stesso?
          
            L'emozione inquieta di Konstantinos Kavafis[19], infine, sembra voluttuosa ed estetica ad un tempo. È l'apparizione della bellezza che abbaglia la vista, la sua poesia. Una bellezza che cattura per le linee del corpo, per il colore pieno delle labbra, per i capelli statuari, anche quando ricadono in disordine sulla candida fronte. Un'emozione d'amore cantata nei suoi versi, ma anche nelle sue notti di gioventù enigmaticamente inconfessate.                                                               

Molto ho guardato la bellezza, e ne è piena la vista.[20]

Linee del corpo. Rosse labbra. Corpo voluttuoso.
Capelli  come  presi  da  statua  greca:
sempre belli, anche spettinati,
che ricadono appena sulla candida fronte.
Visi dell'amore, come li voleva
il mio verso...nelle notti della mia giovinezza,
nelle mie notti, nascostamente incontrati...

*** NOTA PER GORDON
            A questo punto devo trovare una invenzione per uno scatto che renda dinamico e lieve il mio intervento. Non voglio infatti rinunciare ai materiali che seguono perché  sono, credo,  molto interessanti; te li mando ugualmente, anche se ancora non ho trovato l’idea per proporli nel modo più efficace:  nella stessa circostanza o in una diversa collocazione? Tu hai qualche suggerimento da darmi?
         Io, per ora, dispongo del filo conduttore forte che li tiene insieme e che è quello del desiderio ossessivo, stavolta  circoscritto a una parte ben definita del corpo. Ci sono infine due testi per uno straordinario confronto di stilemi e di ritmi che rappresentano in modo sorprendente quando c’è assenza  d’amore, indifferenza, brutale violenza …         HELP!!    J

         Ecco allora la schiera dei poeti  che, per un momento almeno, si fanno feticisti e affidano in particolare a un solo chicco del rosario corporeo  la  leva del desiderio.   Ogni grano col suo colore e sapore, ogni poeta con la sua ossessione esaltante, con la sua  monomania delirante da sublimare nel verso per formare – tutti insieme - una collana bizzarra che sta a ben rappresentare la follia dell'amore. Variegata e curiosa, spettacolare e coinvolgente come la tavolozza del pittore più fauve[21].
        Una tavolozza che va dal rosso audace della bocca succosa e sapida come il mango maturo di Gina Valdès[22]  che in "Mangiando fuoco"  è combattuta fra il desiderio fertile del cuore di lui, che l'attanaglia con la sua lingua e il suo respiro di nuvole, arricchendo la sua ispirazione, e  l'urgenza di libertà che la preme e le fa implorare il distacco per il bisogno d'impegno che urge verso chi non ha pane ...

Mangiando fuoco[23]

Con la tua bocca audace
tu fai all'amore
con la mia bocca il sapore è
migliore di quel mango,
quello saturo di succo
che lentamente assaporai un giorno
finché non ci fu più
nemmeno una fibra gialla
nel bianco guscio.

Non fermarti,
lascia che il sole mi esploda
in silenzio nella bocca
che è il  modo in cui amo vivere,
mangiando fuoco, ascoltandoti
il polso, i sogni
il cuore dentro la mia bocca.

Non fermarti,
voglio che il tuo bacio duri
una poesia, uno sguardo di civetta.
               […]
Non so da dove giunga
un sospiro, non so se è
mio o tuo, o di qualche 
donna che muore o di un bimbo appena nato.

Non sospiro nella tua bocca
assorbo il tuo respiro di nuvole.
Amo quello che mi dice la tua lingua:
il tuo cuore nella mia bocca mi fa
sentire quello per cui scrivo, per cui
lotto, per quello che
m'indigna quando manca.

Non fermarti,
dammi quello che tu senti quando
apri gli occhi all'alba,
che ti fa saltar giù dal
letto verso il sole. Non voglio
che ti fermi, sono intrappolata
nell'audacia della tua bocca.

Ma lasciami libera, lasciami andare, dammi
il tuo respiro e lascia che m'allontani.
Voglio avvicinarmi ad altri fuochi.
Ho necessità di scrivere, di scrivere
d'amore, di mani come petali,
di ponti, di porte. Ho bisogno

di scrivere di amore appassionato:
l'amore del pane, riso, mais
sulla tavola di ognuno.

        ... Alla pelle scura di "Moreno" che attrae Gina Valdès per il suo profumo
 di foresta e di mare o a quella che affascina Seifert[24] perché ha il puro candore
del bucaneve. Ma anche a quella del giovane principe che la giovinetta 
dell’hain teny malgascio evoca con fremiti di desiderio per il suo
 indimenticabile profumo: quasi che, dal Centroamerica di Gina 
Valdès all’Africa malgascia, l’incantamento femminile resti 
costantemente lo stesso…  

A Moreno    [25]

Tu sei come una foresta
umida, frondosa e verde
nei tuoi rami nei tuoi fiumi
vorrei tanto scomparire!

Il tuo corpo, la tua pelle scura
hanno profumo di foresta
quando mi smarrirò nei tuoi torrenti
senza che io ti chiuda per lasciartinon so se poi ritornerò.

La luna piena, la luna
la pelle la sabbia ardente,
cresce la marea cresce
si schiantano i cavalloni.

Sopra c'è la luna piena
sotto il mare che ribolle
tu col ritmo della luna
odoroso come il mare.

Al  ritmo della marea che sale
mi accarezzi sulla sabbia,
mi sollevi sopra un'onda
a raggiungere le stelle.

La tua pelle ha il candore dei bucaneve [26]

La tua pelle ha il candore dei bucaneve
ma la bocca ha il profumo di rosa.
Son le monotone parole d'amore,
a che cosa mi servono adesso

che aspetto la tua risposta
e confuso mi affanno in quest'attesa?
La tua pelle ha il candore dei bucaneve
ma la bocca ha il profumo di rosa.    

Solo non deludermi alla fine,
e la paura che ti chiude gli occhi
sparisca presto, ti prego,

come la neve di un anno fa.
La tua pelle ha il candore dei bucaneve
ma la bocca ha il profumo di rosa.

Hain teny[27]

Parlare a colui –che –riceve –belle -acclamazioni,
Il giovane Principe,all’est di Namehana.
Se lo chiamo,temo che la gente non senta,
Se mi alzo,temo che non mi veda.
Aspetto:ditegli il mio rimpianto.

La pelle di colui che amo è profumata. 

Parlate a Chi -riceve –le- lodi ,
Quel giovane principe,all’est di Namehana .
Se lo chiamo la gente,mi  sentirà,
Se mi alzo,mi vedrà.
Non mi muovo:ditegli il mio desiderio.
La pelle dell’amato ha un buon odore.

***ALTRA  NOTA  PER  GORDON.
       Con Rabindranath Tagore ci siamo già imbattuti in una parte del corpo che, a sorpresa, emana sensualità e spiritualità a un tempo: i piedi dell'amata, che nudi e fragili lo calamitano in più di un canto. (  Tu, poi, non puoi certo  averlo dimenticato... J)

       Eccotene un altro esempio  con effetto estatico, nient’affatto ossessivo:

 Vedendo i tuoi piedi[28]                      

Vedendo i tuoi piedi nudi e fragili
 penso che i fiori siano le orme
 dei passi dell'estate.

 I tuoi tracciano leggermente sulla sabbia
 la storia delle loro avventure,
 una storia che, passando, la brezza cancella.
 Vieni, fai scivolare sul mio cuore
 questi teneri piedi!

Lascia un'impronta duratura sulla via
 del paese dei miei sogni.

           C'è poi la smania maschia e sofferta del soldato Hemingway[29] per una caviglia di cui vorrebbe condividere i segreti per dare un senso alla breve licenza in quel di Schio, prima di ripiombare nell'inferno della prima linea. Intanto si stordisce con una bottiglia insieme con i suoi commilitoni.

C'erano Ike e Tony e Jaque e il sottoscritto[30]
che giravano per il centro di Schio.
Tre giorni di licenza e ti senti un gran dritto.
Sbronzi duri, ma l'occhio aperto e fitto
Si  guardavan com'eran fatte, loro e io.
Solo com'eran fatte, santo dio.

Perché la faccia non interessa, quando hai solo tre giorni di licenza
né a Ike né a Tony né a Jaque né al sottoscritto.
La faccia è gratis, la guardi, ne hai diritto,
ma una caviglia ti costa sofferenza
perché la caviglia è un segno.

Buono è il cognac anche se Martel non è,
la caviglia ha segreti che tiene per sé.
Certe volte li serba o li scambia con te.
Fra tre giorni saremo di nuovo all'inferno, ecco perché
non ce ne importa un fico se anche lei Martel non è.


       Diverso, ma attraente e ugualmente interessante, è lo sguardo  al femminile, che sia quello fisico e  terragno della poetessa contadina occitana Marcella Delpastre[31] come quello metafisico di Yvonne Caroutch, che sia il canto di un corpo  di donna o di maschio.

Donna in fiore[32]

Donna in fiore come un grande castagno che spande i suoi profumi possenti
tu ti ergi sulla campagna, fiammeggi di buoni odori,
prendi il  sole e la pioggia sui tuoi rami carichi di frutti.
Sei in piedi sulla collina,i l blu dello spazio e il vento grondano
su di te dalla bocca  ai talloni.
Le messi crescono sulle tue braccia, il biondo rotondo dei  seni gonfia  il tempo dei raccolti maturi,
e nel tuo seno già la notte profonda fermenta; già
il grande mare avvolge su di te la curva delle sue onde.

         Il linguaggio della poetessa etnologa del Midi della Francia identifica i seni della sua donna in fiore con il vigore della terra per esaltarne la provvida fertilità che la fa uguale agli altri elementi della natura. Anche qui, come in Tagore , le onde del mare, con un rotondo abbraccio, le tributano il loro omaggio appassionato. Una straordinaria comunione donna /natura, che dichiara anche Francesca Yvonne Caroutch[33] .
        Nei suoi testi il linguaggio è ugualmente ricco di immagini forti, sensuali, appassionate, ma non ha più la semplicità solare e generosa di Marcelle Delpastre, anzi,  a tratti,  si fa  drammatico, aggressivo e febbrile quasi  a  meglio  esprimere l’urgenza del desiderio:

Tu mio sosia nell’arte d’amare[34]
L’indecenza di contemplare il tuo sonno
Sotto i resinosi inebetiti di felicità
Tu mi avvolgi come un velo di calore
Voluttà dell’assenza straziante
Febbre d’incontro
Negli aromi della passione

Divorarci l’un l’altro
Come quarti di luna
 Sotto il grande artificiere in trance
                                       
                                          ***



Desiderio cieco che cozza nelle tenebre

  Desiderio cieco che urta nelle tenebre
Depositi del destino oscuro
Che voga verso gli spazi sempre più vergini dei cieli

I  fichi cantano
Malgrado lo scorpione nel cuore
Tutti gli uomini amati non  ne fanno che uno
Nell’etere che brucia

Non resta che una bocca
che è in comunione con i frutti sacri della terra
Che urla all’interno che tace
che bacia l’impronta dei tuoi passi sulla sabbia

          o che costruisce quell’alone romantico di  donna orientale dal ”sangue nomade e ribelle” della poetessa bulgara Elisaveta  Bagryana [35]   con la sua:

La discendente[36]

Non ho né ritratti d’antenati,
né libro di famiglia,
né i loro volti,la loro anima,la loro vita.

Ma sento pulsare in me
l’antico sangue nomade,ribelle;
corrucciato,è lui che mi sveglia la notte,
lui che mi conduce al peccato originale.

Forse la mia antenata dagli occhi di jais
in chalvars[37] e turbante di seta,
una notte nera è riuscita a fuggire
con qualche straniero,superbo khan.

Forse gli zoccoli del cavallo hanno risuonato
nelle pianure del Danubio
e li ha salvati dal pugnale
il vento che cancella le loro tracce.

Forse è per questo che io amo
le distese che lo sguardo non può vedere,
la corsa di un cavallo,sotto la frusta che schiocca,
una voce libera che il vento fa muovere.

Forse sono peccatrice e codarda
forse mi spezzerò a metà cammino...
Non sono che la tua figlia fedele,o terra
madre che mi hai dato in eredità il tuo sangue.

           o che si esprime infine con quello popolare della sfida ribelle e sicura di sé nel canto delle donne d’ Algeri; una testimonianza -importante per un paese dove la condizione delle donne non è certo delle  migliori- di Mohammed Kacini El Hassani[38]:

La mela non voglio mangiare[39]
il suo rosso prenderò per le guance.
Un vecchio non voglio sposare,
lo getterò in fondo al mare.
Al suo posto prenderò un giovanetto,
con lui giocherò nel cuore del letto.
       

               E in una sorta di parossistico climax si approda a un erotismo quasi  metafisico, moltomediorientale; l'ombelico del Desiderio  di Adonis[40] appare al grande poeta come un'ammaliante ninfea che schiude i suoi petali in un lago; egli ci si smarrisce, attratto come il vento che si perde nei suoi antri e finisce per cantare in suo nome, cancellando le strade.

29. Quello è il suo ombelico? Una gaia ninfea[41]
che su un lago di fiori distende i suoi petali
in cui si aggirano le mie viscere e la mia fantasia
ne indosso il roseo corpo, congiunto
ad ogni luce, come se indossassi l'orizzonte.
Quello è il suo ombelico? Precipito, mi perdo
come si perde il vento, mi attraggono i suoi antri
mi chino e canto in suo nome scendendo
 al fondo e in suo nome cancello le strade
              
    Si culmina col sofisticato ed elegante "sederino di porcellana" della ragazza nordamericana di Claudio Bertoni[42], come in sogno sedotto dal suo dimenarsi sculettando tra le sue primordiali, sane  mani latino-americane,che, al momento dell’ineluttabile addio, trasforma in un molto fisico culo da leccare,manifestando   tutto il suo rabbioso rimpianto per quel che avrebbe potuto essere e non è stato, sfuggito, semplicemente per essersi limitato - da non credersi! - a baciarle le mani, per fare il compìto, per mostrarsi un latinoamericano all'altezza... Un attacco feroce e sarcastico alle gerarchie culturali travestite di perbenismo ipocrita e sterile di autentici rapporti. Un risvolto amaro della colonizzazione culturale patita da tutta l’America Latina.

Avresti dovuto avrebbe dovuto avremmo dovuto[43] 
o
qui a Denver non abbiamo il mare
appena
    la
    vidi
    le
chiesi
    se
    era
Nordamericana
    per-
    ché
    il nostro
amore
    fosse
fiorito
    avresti dovuto
    essere
    stata
Scandinava
    avremmo
    avuto
    più
tempo
    e non una sola
notte
    e una sola
visita
    a un
museo
    dove ci
    piacquero
    gli
    stessi

bicchieri
    di
birra
    facemmo
errori
    come quello di non
ballare nudi
    quella
notte
    del
"homecoming"
    ci mancava
    quella
qualità
    di
razzo spaziale
    che ci portasse
fuori
    dalla
realtà
quella
notte
    in cui ti conobbero
    i miei
genitori nordamericani
    avresti dovuto
    ridere
impudicamente
    dondolando
    il tuo
sederino
    di porcellana
    tra le mie mani
latinoamericane
    piene di
tesori vergini
    e
sudori oscuri
    avremmo dovuto
sciogliere
    il   
ghiaccio
    con il nostro
solo
calore
    invece
    di
baciarti
    la
mano
    avrei
    dovuto
leccare
    il tuo
culo disperato
    di
    non
    vederti
mai
    più
mai
    più
    di
    non
vederti
    più
    di

    non
vederti

         Se il corpo fa accendere il desiderio e cantare l’estasi, la sua gestualità è anche una forma di comunicazione molto immediata, espressiva. Ed è sorprendente ritrovare stilemi straordinariamente simmetrici in regioni diverse del mondo per dire l'indifferenza subentrata all'amore o addirittura la violenza che  tout court  lo sostituisce.
Gestualità lapidarie, diversamente misogine.
         Quella alienata di cui si serve Prévert  per rappresentare con pochi tratti incisivi l'interno urbano parigino, dove si consuma il dramma della solitudine della donna di fronte a un compagno che l'indifferenza ha trasformato in un automa, in un manichino dalle sembianze umane.
        Quella estrema  che si produce nell'interno algerino, dove Youcef Sebti[44] ripercorre l'anafora martellante di Prévert per denunciare in modo inequivocabile la violenza demente della notte nuziale brutale. L'effetto è di produrre sbalordita indignazione nel lettore, anche per l'eco dei versi prévertiani, che accresce la sua reazione rabbiosa, quando deve constatare che in Europa come in Africa, sia pure con moneta molto diversa, a pagare, nelle difficoltà della coppia, è sempre e comunque la donna.
Bersaglio colpito...per il talento dei due poeti.

 PRIMA COLAZIONE [45]                                                      NOTTE DI NOZZE [46]                                

Ha messo il caffè                                                                  
Nella tazza    
Ha messo il latte                                                                  Ha messo la chiave
Nella tazza di caffè                                                               Nella serratura
Ha messo lo zucchero                                                          Ha bussato con violenza
Nel caffelatte                                                                        Ha spinto la porta
Col cucchiaino                                                                       Con violenza
Ha girato                                                                                È entrato
Ha bevuto il caffelatte                                                         Ha camminato  
Ha riposato la tazza                                                              Ha sollevato il velo
Senza parlarmi                                                                      Mi ha rialzato la testa
Ha acceso                                                                              Mi ha ghignato sul naso
Una sigaretta                                                                        Mi ha spogliata
Ha fatto i cerchi                                                                    Si è spogliato
Col fumo                                                                                Non mi ha detto niente
Ha messo la cenere                                                             Ha rotto uno specchio
Nel portacenere                                                                   Ha fatto tutto
Senza parlarmi                                                                     Ha fatto tutto alla svelta
Senza guardarmi                                                                  È uscito
Si è alzato                                                                              Aveva bevuto 
Si è messo il cappello in testa                                            Ed io
Ha messo                                                                               Ho preso
L'impermeabile                                                                     Le lenzuola fra i denti
Perché pioveva                                                                     E sono svenuta  
Ed è partito                                                                         
Sotto la pioggia

Senza una parola                                                                              
io mi son presa
La testa tra le mani
e ho pianto.

Fammi sapere, PER FAVORE!!   J
Love,
Z.




[1] Nella realtà la festa di Sant Jordi ha luogo a Barcellona il 25 aprile.
[2]Paul Celan, pseudonimo di Paul Antschel, nasce a Czernowitz nel 1920.Poeta rumeno di lingua tedesca, di origini ebraiche, vive a Parigi dal 1948, dove muore nel 1970 gettandosi nella Senna dal Pont Mirabeau.
[3]Paul Celan, “Ritratto di un’ombra”, in Poesie, a cura di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, Meridiani,1998.
[4] Edward Estlin Cummings (ee.cummings), nasce a Cambridge, Massachussetts, nel 1894 e muore a North Conway, New Hampshire nel 1962.
[5]ee.cummings ,”cara” da Tulips and Chimneys,1923, in  Poesie, trad. di Mary de Rachewitz,Einaudi, 1987.
[6] Ameen Rihani (Amīn Fāris al Rīhānī) nasce a Freike, Libano, nel 1876. Muore nel villaggio natale nel 1940, dopo una lunga permanenza a New York (USA). In quella città è membro de “ Il Circolo di Gibran”.       
[7] Ameen Rihani,Laylat-Al-Layālī “, da Poeti Arabi di  New York, Palomar editore, 2009. Layat- Al- Layālī è l’amata  di Qays. L’equivalente  arabo-persiano di Giulietta e Romeo.

[8] A Broadway, New York,N.Y.
[9]Pablo Neruda, pseudonimo di Neftali Ricardo Reyes, nasce a Parral, Cile, nel 1904 e muore a Santiago, Cile, nel 1973. Nel 1971 gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura.
[10] Pablo Neruda,” L’Infinita”, da I Versi Del Capitano, in Poesie,Passigli editore,1995.
[11] Octavio Paz, pseudonimo di Octavio Lozano, poeta e diplomatico, nasce nel 1914 a Città del Messico e muore nel 1998. Nel 1990 gli è conferito il premio Nobel per la letteratura.
[12] Octavio Paz,” Corpo in vista”, da Libertà sulla parola. Op. cit.
[13] Joaquìn Pasos, poeta nicaraguense che nasce a  Granada nel 1914 e muore a  Managua nel 1947. Dal 1929 fa parte del gruppo Vanguardia (1928/1931)di José Coronel Urtecho, Pablo Antonio Cuadra, Manolo Cuadra e altri. Con  alcuni di loro fonda la rivista omonima, organo del movimento.
[14] Joaquìn Pasos, “Tormenta “, in Poeti ispanoamericani del Novecento,II vol., a cura di  Francesco Tentori Montalto, prefazione di Mario Luzi, Bompiani, Milano, 1987,da Poemas de un joven,con prefazione di E.Cardenal, México, Fondo de Cultura Economica, 1962.  Dello stesso autore precede in Nicaragua, ma nello stesso anno ( 1962), Sus mejores poesias, Managua, Club del Libro Nicaraguense. Successivo è Poesia escogida, México, CLE, 1974.Ci piace ringraziare il Prof. Giuseppe Bellini per averci aiutato con il puntuale recupero delle fonti.
[15] Jacques Prévert, poeta e sceneggiatore, nasce a Neuilly-sur-Seine nel 1900 e muore a Omomille - la -  Petite nel 1977. 
[16] Jacques Prévert, « Fiesta», da  Histoires, Le Pré au Clerc, Paris, 1946. Trad. Maria  Gabriella Bruni .   
[17]Nazim Hikmet  nasce a Salonicco nel 1902, privato della cittadinanza turca nel 1959 diventa cittadino polacco. Muore a Mosca nel 1963.  
[18] Nazim Hikmet , “Nelle mie braccia tutta nuda”, da  Lettere dal carcere a Munevver in Poesie d’amore; Trad. Joyce Lussu, Oscar Mondadori, 1991.                                                         
[19] Konstantinos Petrou Kavafis nasce ad Alessandria d’Egitto da famiglia greca nel 1863 e muore ad Alessandria d’Egitto, dopo aver vissuto nel Regno Unito, a Liverpool e in Turchia, a Costantonopoli,nel 1933. Solo dopo la morte è considerato uno dei più grandi poeti greci contemporanei.

[20]Kostantinos Kavafis, ”Molto ho guardato la bellezza…”, da Poesie d’amore, Passigli editore,2004.
[21]’Selvaggi’:pittori che a Parigi, all’inizio del ‘900, vengono definiti così per il loro uso violento del colore. 
[22]Gina Valdès nasce a Los Angeles nel 1943. Fanciulla soggiorna in Messico per poi rientrare negli USA dove conduce i suoi studi a S.Diego, California. Giovanissima ha una permanenza in Giappone, paese d’origine del marito, e torna negli USA.Vive a San Diego, alternando viaggi soprattuto in Messico e in Giappone. Il suo impegno letterario è improntato pittosto da interessi sociali che estetici. Insegna letteratura chicana a Sacramento.
[23] Gina Valdes, “ Mangiando fuoco”, dalla silloge Eating fire( 1986), in Sotto il Quinto sole. Antologia di Poesia chicana a cura di  Franca Bacchieca, Fabbri ed, 1996.

[24] Jaroslav Seifert nasce nel 1901 a Zizkov,quartiere operaio di Praga (Cecoslovacchia), e muore a Praga, nel 1986. Premio Nobel per la letteratura  nel 1984.
[25] Gina Valdès,” A Moreno”, in Sotto il quinto sole, op.cit.
[26] Jaroslav Seifert ,” La tua pella ha il candore del bucaneve”, in  Le più belle poesie d’amore, a cura di Piero Gelli,Dalai editore,2002.
[27]Hain teny dall’opera a cura di Bakoly Domenichini Ramiaramanana,autrice della gigantesca ricerca  ’Du ohabolana au hainteny ’ , Langue, Littérature et Politique à Madagascar ,éd.Karthala,Paris 1983.Tesi universitaria che si avvale della scoperta dei preziosi manoscritti ottocenteschi,fatta dalla stessa studiosa nel 1968. L’Ohabolana può avvicinarsi al proverbio, mentre l’hain teny è piuttosto una poesia popolare. Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[28] R. Tagore, ”Vedendo i tuoi piedi”, da Petali sulle ceneri in Poesie d’amore, a cura di B. Neroni, Guanda editore,2008
[29] Ernest Hemingway nasce a Oak Park, Illinois, nel 1899,e muore a Ketchum, Idaho, nel 1961.Ottiene il Premio Nobel per la letteratura nel 1954.
[30] Ernest Hemingway,”C’erano Ike e Tony e Jaque e il sottoscritto”; poesia riconducibile agli anni 1918/20, circa.E’ inserita nella raccolta “88 Poems”curata da Nicholas Gerogiannis e pubblicata postuma nel 1979,negli USA.In Italia, V.Mantovani cura la traduzione, che è pubblicata nella collana ‘Specchio’ da Mondadori col titolo 88 poesie nel 1982.
[31] Marcella Delpastre nasce nel 1925 a Germont-de-Chamberet, Limousin, Francia, e muore nel 1998. Poetessa e contadina, etnologa della sua stessa cultura, d’espressione occitana e francese.
[32]Marcella Delpastre, « Donna in fiore », da Il cacciatore d’ombre, Edicions dau Chamin de Sent Jaume, in Couleurs Femmes, Le Castor Astral/Le Nouvel Athanor, Paris, 2010.
[33]Francesca Yvonne Caroutch nasce a Parigi nel 1937; saggista,studiosa di simboli alchemici, soprattutto del liocorno, convertita al buddismo,  diventa famosa per un libro, Soifs, pubblicato quando era ancora al liceo. Lesse, per caso, in una traduzione, una delle poche allora apparse, l’inizio della “Notte”(Dino Campana), dove si parla della Place d’Italie, a Parigi, con i carrozzoni dei Boehmiens. La nonna di Francesca era una di loro, possedeva una casa sulle ruote, frequentava Place d’Italie, forse negli anni  descritti dal poeta di Marradi. Ecco che allora Francesca impara l’italiano, legge, si documenta e si mette, con amore infinito, a tradurre Campana. Il lavoro duro e lungo è pronto per la pubblicazione. L’articolo di André Laude, pubblicato su Le Magazine Littéraire, Paris, nel 1969, viene ripreso da un anonimo estensore del Corriere della Sera, con il titolo Campana rintocca in Francia, dando anche  qui , in Italia, la notizia dell’imminente pubblicazione della prima traduzione francese di Campana che, tuttavia,non sarà mai pubblicata. È traduttrice oltre che di Dino Campana anche di Giuseppe Ungaretti.
[34] Francesca Yvonne Caroutch, «  Tu mio sosia… »  e « Desiderio cieco che cozza nelle tenebre » da Clameurs nomades-Editions du Cygne. In Couleurs Femmes, Le Castor Astral/Le Nouvel Athanor,Paris, 2010.Trad di Maria Gabriella Bruni.
[35] Elisaveta Bagryana nasce a Sofia nel 1893 e muore nella sua città nel 1991.È uno dei più grandi poeti del suo paese che ha saputo coniugare nella sua opera il fascino romantico della donna orientale e la fiera emancipazione della donna occidentale con la femminilità universale.
[36] Elisaveta Bagryana,” La discendente”, da Anthologie de la poésie classique bulgare, Paris-Sofia, 2011, avec le concours du Ministère des Affaires Étrangères et BTA,Sofia et l’UNESCO,Paris,a cura di Eric Karaïliev.
[37] Larghi pantaloni turchi da donna.
[38] Mohamed Kacimi El Hassani  è nato a El Hamel, in Algeria. Trasferitosi a Parigi nel 1982, si dedica alla scrittura in tutte le sue forme: romanzi, poesie, pièces  teatrali. È autore, tra l’altro, di Terra Santa (Elliot, 2008), e di scritti per bambini.
[40]Adonis (Ali Ahamd al-Said), intellettuale musulmano, poeta e traduttore, ha scritto numerosi saggi critici sulla poesia. Nasce a Qassabin, Siria, nel 1930. Frequenta l’università di Damasco, per poi trasferirsi a Beirut nel 1956. Sensibile agli influssi europei, la sua ispirazione personale si è fusa in modo originale con la tradizione araba, greca e biblica, mantenendo con l’innovazione una continuità con il passato. Censurato e perseguitato per le sue idee politiche, sceglie l’esilio e nel 1986 si trasferisce in Francia. E’stato tradotto in molte lingue e più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura.  (Vedi nota 44 a pag.25).
[41] Adonis, “29”, in  Cento poesie d’amore, Guanda editore in Parma, 2007.


[42] Claudio Bertoni, poeta, fotografo e musicista cileno, nasce nel 1946 a Santiago; vive a Con Con.
[43]Claudio Bertoni, ” Avresti dovuto…”, dalla rivista messicana Corno Emplumado, in Giovani Poeti Sudamericani, a   cura di Hugo Garcìa Robles e Umberto Bonetti, Einaudi ed, 1972. 
[44]Youcef Sebti, poeta algerino francofono, impegnato nella promozione della letteratura d’espressione araba, giornalista e chimico, nasce a Dijelli, El Milia, nel 1943, e muore a El Arrach nel 1993, una delle numerose vittime delle agitazioni politiche del suo paesein quegli anni .
[45] Jacques Prevert, “Prima colazione”,da  Paroles ,Op.Cit. Trad di Maria  Gabriella  Bruni.
[46] Yousef Sebti, « Notte di nozze »,  da  Anthologie de la nouvelle poésie algerienne,  Ed. Saint Germain, 1986 .A cura di J. Sénac. Trad . di Maria Gabriella  Bruni.

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