Bollettini,sempre
secondo l’uso del salotto di Mme Doublet,ma come didascalie che servono a introdurre,secondo il nostro
punto
di vista , gli stralci di documentazione.
di vista , gli stralci di documentazione.
A.La moda dei cafés si è ormai affermata e rende inquieto l’universo intellettuale dei salons,che se da un lato guardano con sufficienza questo mondo che si apre a un pubblico non selezionato e ne stimola la partecipazione attiva,dall’altro sembra quasi temere per il proprio primato. Considerati fino ad allora il punto di incontro dell’intellighenzia progressista del paese,percepiscono il pericolo che il nuovo sfugga al controllo,specialmente quando vedono che anche alcuni intellettuali nazionali e internazionali se ne interessano e perfino cominciano ascriverne,pronosticandone il grande successo e ‘importante funzione sociale,se saranno operati alcuni semplici accorgimenti.
Montesquieu
A.
Lettre XXXVI
Usbek a Rhédi,a Venezia.
Il
caffè è molto in uso a Paris :c’è un gran numero di case pubbliche dove lo
si distribuisce. In qualcuna di queste case,si dicono notizie;in altre si
gioca a scacchi. Ce n’è una,dove si prepara il caffè in un modo tale che dà
spirito a chi lo prende:almeno,di tutti quelli che escono,non c’è nessuno che
non creda d’averne quattro volte in più di quando è entrato. Ma ciò che mi
sorprende di quei begli spiriti,è che non si rendono utili alla loro patria,e
che esercitano i loro talenti in cose puerili. Per esempio,quando arrivai a
Paris,li trovai eccitati su una disputa , la più esile che si possa
immaginare: si trattava della reputazione di un vecchio poeta greco di
cui,dopo duemila anni ,si ignora la patria come il tempo della sua morte. I due
partiti confessavano che era un poeta eccellente;non era questione che del
minore o maggior merito che bisognava attribuirgli. Ciascuno ne voleva
dare il tasso;ma,fra questi distributori di reputazione,gli uni avevano
maggior peso di altri. Ecco la disputa! Era ben viva: perché si
scambiavano cordialmente da una parte all’altra ingiurie così
grossolane,si facevano scherzi così amari,che non ammiravo meno il modo di disputarsi che il tema della
disputa.”Se qualcuno,dicevo dentro di me,fosse abbastanza stordito
da
andare davanti a uno di questi difensori del poeta greco ad
attaccare la reputazione di qualche onesto cittadino,non sarebbe
molto notato ,e credo che quello zelo tanto delicato sulla reputazione
dei morti si infuocherebbe molto per difendere quella dei vivi!
Ma,comunque,aggiungevo,Dio mi guardi dall’attirarmi l’inimicizia dei censori di
quel poeta,che il soggiorno di duemila anni nella tomba non ha potuto
proteggere da un odio così implacabile! Danno attualmente colpi in aria. Ma che
succederebbe se il loro furore fosse animato dalla presenza di un nemico?”
Quelli
di cui hai appena parlato discutono in lingua volgare e occorre
distinguerli da un’altra specie di disputatori che si servono di una lingua
barbara che sembra aggiungere qualcosa al furore e alla testardaggine dei
combattenti. Ci sono quartieri dove si
vede come una mischia nera e folta di questo tipo di gente; si nutrono di
distinzioni;vivono di ragionamenti e di false conseguenze. Questo mestiere
,dove si dovrebbe morire di fame,non smette di rendere:si è vista una nazione
intera,scacciata dal suo paese,traversare i mari per stabilirsi in Francia ,non
portando via con sé per fronteggiare le necessità della vita,che un indubbio
talento per la disputa. Addio.
Da Paris,l’ultimo della luna di Zilhagé,1713.
****
B.Infatti
l’apertura dello storico Procope non
resta un caso isolato In poco tempo si dice
che il numero dei cafés a Parigi sia arrivato
quasi a quattrocento . Infatti si
sono rivelati luoghi in cui la socievolezza è diretta,immediata,assolutamente priva di
conformismo .Le regole dei salons non solo limitavano l’accesso a un pubblico
ristretto,ma finivano inevitabilmente per limitare la libertà effettiva del
dibattito,dunque la ricchezza reale del
pensiero. Gli intellettuali,ospiti apprezzati dai salons,non solo ne hanno
parlato con favore,ma hanno preso a frequentarli e a metterne sempre più in
evidenza i numerosi aspetti positivi.Diderot incontra il Neveu de Rameau al
Café Régence.,dove si reca spesso per assistere alle partite di scacchi.
Goldoni,che trasferitosi dalla
sua Venezia in un appartamento al Palais Royal scrive una testimoniaza
entusiastica dell’animazione che a tutte le ore del giorno si produce intorno
alle più disparate attività che egli ammira con piacere,osservandole dalla sua
finestra,nelle sue pause di lavoro
Denis Diderot
A.
Le Neveu de Rameau.
Lully e Jean –Philippe Rameau
E’ il nipote di questo
musicista celebre che ci ha liberati dal canto pieno di Lully che salmodiavamo
da più di cent’anni,che ha scritto tante di quelle visioni inintelligibili e di
verità apocalittiche sulla teoria della musica,dove né lui né nessun’altro capì
mai niente e del quale abbiamo un certo numero di opere dove c’è armonia,brani
di canti,idee sconnesse, fracasso,voli,trionfi,lance,glorie,mormorii,vittorie a
perdifiato,arie di danza che dureranno eternamente e che,dopo aver sepolto il
Fiorentino,sarà sepolto dai virtuosi italiani,ciò che lo rendeva cupo ,triste
,astioso[…]
Io.-Non chiederei niente di
meglio che di credervi,se non fossi trattenuto da un piccolo inconveniente.
Lui.-E quest’inconveniente?
Io.-E’ che se questa musica è
sublime bisogna che quella del divino Lully[…] e anche,sia detto tra noi,quella
del caro zio,sia un po’ piatta.
Lui,avvicinandosi al mio orecchio,mi rispose:-il fatto è che lo è pure quella. Non è che io mi
preoccupi del caro zio .E’ una pietra. Mi vedesse tirar la lingua da un
piede,non mi darebbe un bicchier d’acqua. Ma
a un bel fare ,all’ottava,alla
settima:hon,hon;hin ,hin;tu,tu,tu,tureletutu con una confusione,un chiasso del
diavolo;quelli che cominciano a raccapezzarcisi e che non scambiano più un baccano del diavolo per la musica,non
si adatteranno mai a questo.
Carlo Goldoni
B.
Mémoires.
Terza parte.Capitolo IV.
Avevo preso in affitto un
appartamento al Palais Royal ; il mio
studio dava su quel giardino che non aveva la forma né le piacevolezze che ha
attualmente,ma che offriva alla vista attrazioni che alcuni non cessano di
rimpiangere.
Potevo essere anche molto
occupato,ma non potevo impedirmi di gettare di tanto in tanto uno sguardo a
quel viale delizioso che riuniva ad ogni ora tanti oggetti diversi.
Vedevo sotto le mie finestre
colazioni del Café de Foye ,dove
gente di ogni stato veniva a riposarsi e a rinfrescarsi.
Davanti a me avevo quel famoso
castagno che chiamavano l’albero di Cracovia,intorno
al quale si riunivano i novellisti
,leggevano i loro racconti,tracciando sulla sabbia con i loro
bastoni,trincee,campi,posizioni militari,dividendo l’Europa a loro piacimento.
******
C. Si stabilisce un’inevitabile competizione,che
evidentemente giova alla circolazione delle idee e al loro arricchimento,tra i salons e i cafés .Il
dibattito ruota ormai,anche se con toni e spessori diversi,intorno al tema del
cambiamento. Un cambiamento molti segni confluiscono a farlo ormai apparire non
solo necessario,ma anche prossimo. La natura del potere coinvolge gli
intellettuali,che si servono dell’ironia più caustica ,per denunciarne i
limiti,ormai non solo evidenti,ma anche intollerabili. La razionalità più
rigorosa e limpida dei filosofi è funzionale al progetto di una nuova struttura
per un futuro più giusto.
Montesquieu
A.
Les Lettres Persanes
Lettre XXIV
Rica à Ibben à Smyrne
Il re di Francia è il principe più potente
d’Europa,non ha affatto miniere d’oro come il re di Spagna,il suo vicino;ma ha
più ricchezze di lui,perché le trae dalla vanità dei suoi sudditi,più
inestinguibile delle miniere. Lo si è visto intraprendere o sostenere grandi
guerre senza avere altri fondi che titoli onorifici da vendere e,per un
prodigio dell’orgoglio umano,le sue truppe si trovavano pagate,le sue fortezze
equipaggiate e le sue flotte armate.
D’altronde questo re è un gran
mago: esercita il suo imperio sullo spirito stesso dei suoi sudditi;li fa
pensare come vuole. Se non ha che un milione di scudi nel suo tesoro,e ne abbia
bisogno di due,non ha che da convincerli che uno scudo ne vale due,e loro lo
credono.[…] Arriva perfino a far loro
credere che li guarisce da ogni sorta di male con l’imposizione delle sue
mani;tale è la forza e la potenza ch’egli ha sugli spiriti.
Denis Diderot
B.
Enciclopedia
Articolo “Autorità politica”
Nessun uomo ha ricevuto dalla
natura il diritto di comandare gli altri. La libertà è un dono del Cielo,e ogni individuo della
stessa specie ha il diritto di goderne
come gode della ragione. Se la natura ha
stabilito qualche autorità,è il
potere paterno;ma l’autorità paterna
ha i suoi limiti;e nello stato di natura,finirebbe appena i figli fossero in
condizione di gestirsi. Ogni altra autorità
ha altra origine della natura. Che la si esamini bene e la si farà sempre
risalire a una di queste due fonti:o la forza e la violenza di colui che se ne
è impadronito;o il consenso di coloro
che vi si sono sottomessi con un contratto fatto o supposto fra loro e colui al
quale essi hanno conferito l’autorità.
Il potere che si acquisisce
con la violenza non è che un’usurpazione e non dura che il tempo in cui la
forza di chi comanda l’ha vinta su quella di coloro che obbediscono; in modo
che ,se questi ultimi diventano a loro
volta i più forti e scuotono il giogo,lo fanno con altrettanti diritto e
giustizia dell’altro che glielo aveva imposto. Talvolta l’autorità che si stabilisce
con la violenza cambia di natura;è quando continua e si mantiene col
consenso espresso da coloro che sono stati
sottomessi; ma rientra di là la seconda specie di cui sto per parlare e colui che se l’era
arrogata ,divenendo allora principe, cessa d’essere tiranno.
Il potere,che viene dal
consenso dei popoli ,suppone necessariamente condizioni che ne rendono l’uso
legittimo,utile alla società,vantaggioso alla repubblica,e che la fissano e la
restringono nei limiti,perché l’uomo non deve né può darsi interamente e senza
riserva a un altro uomo,perché ha un padrone superiore,al di sopra di tutto al
quale soltanto appartiene
interamente..E’ Dio,il cui potere è
sempre immediato sulla creatura,padrone tanto geloso quanto assoluto e che non
perde mai i propri diritti e non li comunica affatto..
Jean Jacques Rousseau
C.
Discours sur l’origine de l’inégalité
L’origine della proprietà.
Finché gli uomini si
contentarono delle loro capanne rustiche,finché si limitarono a cucire i loro
abiti di pelle con spine o lische,a dipingersi il corpo di diversi colori,a
ornarsi di piume o di conchiglie,a perfezionare o abbellire i loro archi o le loro frecce,a tagliare con
pietre affilate qualche canotto da pescatore o alcuni
grossolani strumenti
musicali;in una parola,finché non si applicarono che ad opere che uno solo
poteva fare e che ad attività che non avevano bisogno del concorso di più
mani,vissero liberi ,sani,buoni,e felici per quanto lo potevano essere per loro
natura ,e continuarono a godere fra loro delle dolcezze di un commercio
indipendente:ma dall’istante in cui un uomo ebbe dell’aiuto di un altro,dacché ci si accorse
che era utile a uno soltanto avere
provviste per due,l’uguaglianza sparì,la proprietà si introdusse ,il lavoro diventò necessario, e le vaste foreste si trasformarono in
campagne ridenti che occorse innaffiare del sudore degli uomini,e nelle quali
si vide ben presto la schiavitù e la miseria germinare e crescere con le messi.
La metallurgia e l’agricoltura
furono le due attività la cui invenzione produsse questa grande
rivoluzione.
Per il poeta,è l’oro e
l’argento; ma per il filosofo sono il ferro e il grano che hanno civilizzato
gli uomini,e perduto il genere umano.
Voltaire
D.
Lettera a Rousseau
Aux Délices près de Genève
[30 août 1755]
Ho ricevuto,Signore,il vostro
nuovo libro contro il genere umano;ve ne ringrazio;piacerete agli uomini ai
quali dite le loro verità,e non li correggerete. Dipingete con colori ben veri gli orrori della società
umana la cui ignoranza e
debolezza si promettono tante dolcezze.
Non abbiamo mai impiegato tanto spirito a volerci rendere bestie.
Viene voglia di camminare a
quattro zampe quando si legge la vostra opera. Tuttavia come sono più di
sessant’anni che ne ho perso l’abitudine,sento sfortunatamente che mi è
impossibile riprenderla. E lascio questa andatura naturale a coloro che ne sono più degni di voi e di
me. Non posso più imbarcarmi per andare a trovare i selvaggi del Canada,per
prima cosa perché le malattie a cui sono
condannato mi rendono necessario un medico europeo,in secondo luogo perché la
guerra è portata in quei paesi e gli esempi delle nostre nazioni hanno reso i
selvaggi quasi altrettanto cattivi di noi. Mi limito a essere un selvaggio
pacifico nella solitudine che ho scelto
nella patria vostra dove anche voi dovreste essere.*
*Allusione alla Svizzera, Château de Fernay,dove vive
Voltaire e dove Rousseau è nato.
*****
D. E’dalle
opere dei filosofi che, in primis ,cominciano
ad affiorare l’ordito e la trama del
cambiamento.
Sembra ormai evidente che esso è necessario ,dunque
indifferibile.
L’analisi storica,sociale,antropologica nonché psicologica, prepara quella giuridica,che
sarà, alla fine del secolo, riassunta nella carta dei diritti e dei doveri dei
cittadini . E’ per questo che con questo ordito e questa trama sono tessute ancora
oggi le più accese discussioni e analisi
mediatiche,politiche e saggistiche,anche nel nostro paese.
Montesquieu
A.
L’esprit des lois,livre II,ch.II.
Dei governi.
Ci sono tre specie di governi:il repubblicano,il monarchico e il despotico.
Per scoprirne la natura basta l’idea che ne hanno le il corpo del popolo,o
soltanto una parte del popolo persone meno istruite. Suppongo tre definizioni,o
piuttosto tre fatti:uno ,che “il governo repubblicano
è quello in cui ha il potere
sovrano,il monarchico, quello in cui
uno solo governa,ma con leggi fisse e stabilite,invece nel dispotico,uno solo,senza leggi e senza regole,trascina tutto con la
sua volontà e con i suoi capricci”.
Il governo repubblicano si suddivide a sua volta in democrazia e aristocrazia:
quando,nella repubblica,il
corpo del popolo ha il potere sovrano,è una democrazia.
Quando il potere sovrano è nelle mani di una parte del popolo,ciò si chiama
una aristocrazia.
B.
L’esprit des lois,livre III,ch.III
Principio democratico.
Non occorre molta probità
perché un governo monarchico o un governo dispotico si mantenga o si sostenga.
La forza delle leggi nell’uno e il braccio del principe sempre alzato
nell’altro,regolano o contengono tutto. Ma in uno stato popolare ci vuole una molla
in più,che è la virtù.
Quel che dico è confermato dal
corpo intero della storia ed è molto conforme alla natura delle cose. Perché è
chiaro che in una monarchia in cui colui che fa eseguire le leggi si giudica al
di sopra di esse,occorre meno virtù che in un governo popolare ,in cui colui
che fa eseguire le leggi sente che vi è
egli stesso sottomessoe che ne porterà il peso.
E’ ancora chiaro che il monarca che per
cattivo consiglio o per negligenza,cessa
di fare eseguire le leggi,può agevolmente riparare il male: non c’è che da
cambiare di Consiglio,o correggersi da questa stessa negligenza. Ma quando ,in
un governo popolare ,le leggi hanno cessato di essere eseguite,siccome ciò non
può avvenire che dalla correzione della repubblica,lo Stato è già perduto.
C.
L’esprit des lois,libro III, ch.VII.
Principio della monarchia.
Mi affretto,e cammino a grandi
passi affinché non si creda che io faccia una satira del governo monarchico.
No;se manca una molla ,ce n’è un’altra:l’onore,cioè
il pregiudizio di ogni persona e di ogni condizione prende il posto della virtù
politica di cui ho parlato e la rappresenta dovunque. Vi può ispirare le più
belle azioni,può,unito alla forza delle leggi,condurre a buon fine il governo come la virtù stessa.
D.
L’esprit des lois,livre III,ch.IX.
Principio del governo dispotico.
Come serve la virtù in una
repubblica,e in una monarchia,l’onore,occorre la paura in un governo
dispotico:quanto alla virtù non è per niente necessaria e l’onore vi sarebbe
pericoloso.
Un governo moderato può,finché
lo vuole,e senza pericolo allentare le sue molle. Si mantiene con le sue leggi
e con la stessa sua forza. Ma
,quando,nel governo dispotico il principe cessa per un momento di levare il
braccio,quando non può annullare all’istante coloro che hanno i primi
posti,tutto è perduto:poiché la molla del governo,che è la paura,non
essendoci più,il popolo non ha più
protettore.
Jean Jacques Rousseau
E.
Du Contrat Social
Dalla libertà naturale alla libertà civile.
Questo passaggio dallo stato di natura mallo stato civile produce nell’uomo un
cambiamento molto notevole,sostituendo nella sua condotta la giustizia
all’istinto e attribuendo alle sue azioni
la moralità
che mancava loro
precedentemente. E’ solo allora che,la voce del dovere succedendo all’impulso
fisico e il diritto
all’appetito,l’uomo che fino ad allora non aveva guardato che se stesso si vede
forzato ad agire su altri principi,e di consultare la sua
ragione prima di ascoltare le sue inclinazioni. Sebbene si privi in questo stato
di parecchi vantaggi che deriva dalla natura,ne guadagna di così grandi,le sue
facoltà si esercita tal punto ano e si sviluppano,le sue idee si espandono,i
suoi sentimenti si nobilitano,la sua anima tutta intera si eleva
a tal punto che ,se gli abusi di questa nuova condizione non lo
degradavano spesso al di sotto di quella
da cui è uscito,dovrebbe benedire senza tregua l’istante felice che da lì lo
strappò per sempre, e che,di un animale stupido e limitato ,fece un essere
intelligente e un uomo.
Riduciamo tutta questa
bilancia a termini facili da comparare: ciò che l’uomo perde col contratto sociale,è la sua libertà naturale e un diritto illimitato
a tutto ciò che lo tenta e che può raggiungere;quel che guadagna è la libertà civile e la proprietà di
tutto quel che possiede. Per non sbagliarci nelle compensazioni ,bisogna ben distinguere la libertà naturale ,che non ha altri limiti che le forze dell’individuo
,dalla libertà civile ,che è limitata
dalla volontà generale;e il possesso
che non è che l’effetto della forza o del diritto del primo occupante ,dalla proprietà che non può essere fondata che su un titolo positivo.
Si potrebbe,su ciò che
precede,aggiungere all’acquisizione dello stato
civile la libertà morale , che
soltanto rende l’uomo davvero padrone di
sé:poiché l’impulso del solo appetito è la schiavitù ,e l’obbedienza alla legge
che ci si è prescritta è libertà.
Voltaire
F.
Dictionnaire philosophique
Article “Torture”
I Romani non inflissero la tortura che agli schiavi,ma
gli schiavi non erano considerati uomini..Non c’è apparenza non più che un
consigliere del tribunale criminale del parlamento di Parigi guarda come uno
dei suoi simili un uomo che gli si conduce smunto, pallido
disfatto,gli occhi cupi,,la barba lunga e
sporca,coperta di parassiti da cui è
stato divorato in una galera. Egli si
concede il piacere di applicarlo alla
grande e alla piccola tortura,in presenza di un chirurgo che gli tasta il
polso,fino a che sia in pericolo di morte,dopo di che si ricomincia e,come dice
molto bene la commedia dei Plaideurs (di
Racine)”Ciò fa sempre passare un’ora o due”.
Il grave magistrato che ha
comprato per qualche soldo il diritto di fare queste esperienze sul suo
prossimo,racconterà a cena a sua moglie
quel che è accaduto la mattina. La prima volta la signora ne è stata stravolta,la seconda ci ha preso
gusto,perché,dopotutto le donne sono curiose;e in seguito la prima cosa che lei
gli dice quando rientra a casa in toga:”Cuoricino mio,oggi non avete
fatto infliggere la tortura a nessuno?”
I Francesi,che passano,non so
perché,per un popolo molto umano,si
sorprendono che gli Inglesi ,che hanno avuto l’inumanità di prenderci tutto il
Canada,abbiano rinunciato al piacere di infliggere la tortura.
Quando il cavaliere de La
Barre,nipote di un luogotenente generale dell’esercito,giovanotto di molto
spirito e di grande speranza,ma avendo tutta la storditezza di una gioventù
sfrenata,fu convinto d’aver cantato canzoni empie,e anche d’aver passato davanti a una processione di cappuccini senza aver
tolto il cappello, i giudici di Abbeville, gente comparabile ai senatori
romani,ordinarono,non soltanto che gli si strappasse la lingua,che si si
tagliasse la mano,che gli si bruciasse il corpo a fuoco lento;ma gli applicarono
ancora la tortura per sapere con precisione quante canzoni aveva cantato e
quante processione aveva visto passare,col cappello in testa.
Non è nel XIIIe o
nel XIVe secolo che questa avventura è accaduta,è nel XVIIIe .Le
nazioni straniere giudicano della Francia dagli spettacoli,dai romanzi,dai
versi graziosi,dalle ragazze dell’Opéra,che hanno costumi molto dolci,dai
nostri ballerini dell’Opéra,che posseggono la grazia,da Mme Clairon,che declama
versi da rapirci .Non sanno che non c’è per niente, in fondo,nazione più
crudele della francese.
Marivaux
G.
Le Paysan parvenu
Première partie.
Fui di ritorno a casa nel
momento in cui ci si stava per mettere a tavola. Mannaggia,la succulenta
cenetta!Ecco quel che si chiama brodo,per non parlare di un piattino d’arrosto
d’una finezza,di una
cottura così perfetta …
Bisognava aver l’anima ben rodata dalla prova del piacere che possono offrire i
buoni bocconi,per non cadere nel peccato di
leccornia mangiando di quell’arrosto e poi di quel ragù poiché ce n’era
di una delicatezza di condimento che non ho mai incontrato altrove.Se i
mangiasse in cielo,non vorrei essere meglio servito;Maometto,di quel pasto
,avrebbe potuto fare una delle gioie del suo paradiso.
Le nostre dame non mangiavano
per niente bollito,non faceva che apparire sulla tavola,e poi lo si toglieva
per darlo ai poveri.(…)
Mai avevano appetito;almeno
non si poteva vedere affatto quello che esse avevano;faceva sparire i bocconi;sparivano senza che paresse quasi toccarli..Si vedevano quelle dame servirsi
con negligenza con le loro forchette,appena avevano la forza di aprire la
bocca;gettavano sguardi indifferenti su quella bella vita:Oggi non ho punto
gusto. E io neppure. Trovo tutto insipido. E io tutto troppo salato.
Quei discorsi mi gettavano la
polvere negli occhi,di modo che io credevo di vedere le creature più disgustate
del mondo,e tuttavia il risultato di tutto questo era che i piatti si trovavano
così considerevolmente diminuiti quando si serviva che io nei primi giorni non
sapevo proprio come regolare tutto questo.
Ma alla fine vidi di che ero
stato vittima nei primi giorni. Erano proprio quelle arie di disgusto che
sottolineavano le nostre padrone che mi avevano nascosto la sorda attività dei
loro denti.
Il più divertente è che
immaginavano se stesse esser piccole e sobrie mangiatrici: e siccome non era
decente che le devote fossero golose ,che bisogna nutrirsi per vivere e non
vivere per mangiare; che malgrado questa massima ragionevole e cristiana,il
loro ghiotto appetito non voleva
perdere niente ,esse avevano scovato il segreto di lasciarlo fare ,senza
intingere nella sua ghiottoneria;ed era per mezzo di quelle apparenze di sdegno
per le carni,era per l’indolenza con la quale esse le toccavano,che esse si
persuadevano di essere sobrie conservandosi il piacere di non esserlo;era in
favore di quella scimmiottatura che la
loro devozione lasciava innocentemente il
campo libero all’intemperanza .Bisogna confessare che il diavolo è ben fine,ma
anche che noi siamo ben sciocchi! Il dessert fu in armonia con il pasto:confetture secche e liquide,e sul tutto
liquorini,per aiutare la digestione ,nonché per rinvigorire quel gusto tanto
mortificato …(…)
In seguito si toglieva il
coperto;si lasciavano allora andare in una poltrona,la cui mollezza e profondità invitavano al riposo;e a quel
punto si intrattenevano alcune riflessioni che si erano fatte dalla lettura
delle sante scritture,o di un sermone
del giorno e della vigilia del quale trovavano il
soggetto ammirevolmente
conveniente per tale Monsieur o per talaltra Madame.
***
E.Si cominciano
a individuare le limpide geometrie della struttura del nuovo stato. Tutto
sembra convergere verso una sintesi rigorosa e molto funzionale al cambiamento.
E’ proprio su
questi principi che si fonda lo Stato liberale ,laico e borghese che
nascerà alla fine del secolo e che tutt’ora noi facciamo fatica a vedere realizzati. Non è
certo per caso,anzi è un elemento di evidente coerenza, che le donne si sentano,perfino
nel periodo prerivoluzionario, costrette alla stesura di una carta dei diritti
di genere,che resterà,anche a Rivoluzione realizzata, a lungo disconosciuta.
Montesquieu
A.
L’esprit des lois,livre XI,ch.VI
La separazione dei poteri.
Ci sono,in ogni Stato,tre
specie di poteri:il potere legislativo,il potere esecutivo delle cose che
dipendono dal diritto delle genti,e il potere esecutivo di quelle che dipendono
dal diritto civile.
Col primo,il principe o il
magistrato fa leggi per un tempo o per sempre ,e corregge o abroga quelle esistenti.
Con il secondo fa la pace o la guerra,invia e riceve ambasciate,stabilisce la
sicurezza,previene le invasioni. Con il terzo,punisce i crimini,o giudica le
dispute dei privati. Si chiamerà quest’ultimo il potere di giudicare;e
l’altro,semplicemente il potere esecutivo dello Stato.
La libertà politica in
un cittadino è quella tranquillità di
spirito che proviene dall’opinione che ciascuno ha della sua sicurezza;e perché
si abbia quella libertà,bisogna che il governo sia tale che un cittadino non possa
temere un altro cittadino.
Quando,nella stessa persona
o nello stesso corpo di magistratura,il potere legislativo è riunito col potere
esecutivo,non c’è punta libertà,perché
si può temere che lo stesso monarca o lo stesso senato faccia leggi tiranniche
per eseguirle tirannicamente.
Non
esiste nemmeno alcuna libertà se il potere di giudicare non è separato dal potere legislativo ed
esecutivo. Se è unito al potere legislativo,il potere sulla vita e la libertà
dei cittadini sarebbe arbitrario:perché
il giudice sarebbe il legislatore. Se fosse congiunta con il
potere esecutivo,il giudice potrebbe avere la forza d’un oppressore.
Tutto
sarebbe perduto se lo stesso uomo,o lo stesso corpo dei oligarchi o dei nobili
o del popolo,esercitasse questi tre poteri,quello di fare le leggi,quello di
eseguire le risoluzioni pubbliche e
quello di giudicare i crimini o le dispute dei privati.
Nella
maggior parte dei regni d’Europa,il governo è moderato,perché il principe,che
detiene i due primi poteri,lascia ai suoi sudditi l’esercizio del terzo. Presso
i Turchi,dove i tre poteri sono riuniti sulla testa del sultano, regna un
terribile despotismo.
Nelle
repubbliche d’Italia,dove questi tre poteri sono riuniti,esiste meno libertà
che nelle nostre monarchie.
Perciò
il governo ha bisogno per mantenersi di mezzi altrettanto violenti del governo
dei Turchi, biglietto la sua accusa.
Guardate
quale può essere la situazione di un
cittadino in quelle repubbliche. Lo stesso corpo di legislatura ha
come esecutore delle leggi,tutto il potere che si è dato come legislatore. Può
danneggiare lo Stato con le sue volontà
generali e siccome ha anche il potere di giudicare,può distruggere ogni
cittadino con le sue volontà particolari. Ogni potere forma un’unità e sebbene
non ci sia nessuna pompa esteriore che
permetta di scoprire un principe
dispotico,lo si percepisce ad ogni istante.
Perciò
i principi che hanno voluto rendersi dispotici hanno sempre cominciato per riunire nella loro persona tutte
le magistrature;e parecchi re d’Europa,tutte le grandi cariche del loro Stato.
Sono
convinto che la pura aristocrazia ereditaria delle repubbliche d’Italia non
corrisponda precisamente al
despotismo dell’Asia.La moltitudine dei magistrati addolcisce talvolta la
magistratura;tutti i nobili non concorrono
sempre agli stessi disegni;Vi si formano diversi tribunali che si temperano.
Voltaire
B.
Lettres anglaises
Lettre
X ( sur le commerce )
Il
commercio che ha arricchito i cittadini in Inghilterra ha contribuito a
renderli liberi,e questa libertà ha ,a sua volta, esteso il commercio;da lì si
è formata la grandezza dello stato. E’ il commercio che ha stabilito poco
a poco le forze navali per cui Gli
Inglesi sono i padroni dei mari. Attualmente hanno circa duecento navi da guerra. I posteri
apprenderanno forse con sorpresa che una piccola isola,che non ha di per sé che
un po’ di piombo,di stagno,di argilla sgrassatrice e di lana grezza,è diventata
per il suo Commercio abbastanza potente da inviare nel 1723,tre flotte contemporaneamente in tre estremità
del mondo, l ’una davanti a Gibilterra,conquistata e conservata con le
armi,l’altra a Portobello(porto dell’America centrale)per togliere al re di
Spagna di godere dei tesori delle indie,e la terza nel mar Baltico,per impedire
alle Potenze del Nord di battersi.
Quando
Louis XIV faceva tremare l’Italia ,e il suo esercito,già padrone della Savoia e
del Piemonte,era vicino a impadronirsi di Torino,servì che il principe
Eugenio(generale francese passato al nemico perché Luigi
XIV non voleva servirsene)marciasse dal fondo della Germania in aiuto del Duca di Savoia;non aveva per
niente denaro,senza il quale non si prendono né si difendono le città;fece
ricorso ai mercanti Inglesi;in una mezz’ora si tempo,gli prestarono cinquanta
milioni .Con ciò liberò Torino,batté i Francesi,e scrisse a quelli che avevano
prestato quella somma ho ricevuto il vostro denaro bigliettino:”Signori,ho ricevuto il vostro
danaro e mi pregio di averlo usato a vostra soddisfazione”.
Tutto
questo conferisce un giusto orgoglio a un mercante inglese e fa sì che egli osi
paragonarsi,non senza una qualche ragione, a un Cittadino romano . Così un
cadetto di un Pari del Regno non disdegna
di negoziare :Milord Townshend,Ministro di Stato,ha un fratello che si
contenta d’essere mercante nella City.
Nel
tempo in cui Milord Oxford governava l’Inghilterra,il suo Cadetto era Dirigente
di una agenzia commerciale a Aleppo(Siria del Nord)da dove non volle tornare e
dove è morto.
Questo
costume,che tuttavia comincia a passare,sembra mostruoso ai
Tedeschi,incaponiti nei loro quarti di nobiltà ;non saprebbero
proprio concepire che il figlio di un
Pari d’Inghilterra non sia che un ricco e potente Borghese,visto che in
Germania tutto è Principe;si son viste fino a trenta Altezze con lo stesso
nome,che non possedevano come beni che insegne e orgoglio.
In
Francia è Marchese chi lo vuole.; e chiunque arrivi a Parigi dal fondo di una
Provincia con denaro da spendere e un nome in
-ac o in – ille può dire:”un uomo come me ,un uomo della mia qualità” e disprezzare
sovranamente un Negoziante ;il negoziante sente lui stesso parlare con
disprezzo della sua professione da
essere così sciocco d arrossirne.Non so pertanto quale è più utile a uno Stato:un signore ben incipriato che sa con precisione a che ora il Re si alza ,a che
ora va a dormire ,e che si dà arie di Grandezza,recitando il ruolo di uno
schiavo nell’anticamera di un Ministro, o un negoziante che arricchisce il suo
paese,dà ordini dal suo ufficio a Surate(città dell’India) o al Cairo e
contribuisce alla fortuna del mondo.
Rousseau
C.
Du contrat social,I,6
“Trovare una forma d’associazione che
difenda e protegga con tutta la forza comune la persona e i beni di ogni
associato,e con la quale ciascuno,unendosi a tutti non ubbidisca tuttavia che a
se stesso e resti altrettanto libero di prima.” Tale è il problema
fondamentale di cui il contratto sociale
dà la soluzione.
Le
clausole di questo contratto sono talmente determinate dalla natura dell’atto
che la minima modifica le renderebbe vane e di nessun effetto;di modo che
,benché non siano mai state forse formalmente enunciate,esse sono dappertutto
le stesse,dovunque tacitamente ammesse e riconosciute;fino a che ,il patto
sociale essendo violato,ognuno rientri allora nei suoi primi diritti e riprenda la sua libertà naturale,perdendo
la libertà convenzionale per la quale vi aveva rinunciato.
Queste
clausole ben intese si riducono tutte a una tutta sola,cioè l’alienazione totale di ogni
associato con tutti i suoi diritti a tutta la comunità :perché per prima cosa
,ognuno dandosi tutto intero,la condizione è uguale per tutti,e la condizione
essendo uguale per tutti,nessuno ha interesse a renderla onerosa agli altri.
Ancor
più,l’alienazione essendo fatta senza riserve,l’unione è tanto perfetta quanto
lo può essere e nessun associato ha più nulla da reclamare:poiché se restasse
qualche diritto ai privati,siccome non ci sarebbe nessun superiore comune che
potesse pronunciarsi fra loro e il pubblico,ciascuno essendo in qualche punto il
suo proprio giudice pretenderebbe ben
presto d’esserlo in tutti,lo stato di natura sussisterebbe e l’associazione
diverrebbe necessariamente tirannica o vana.
Infine
ciascuno dandosi a tutti non si dà a nessuno e come non c’è un associato sul
quale si acquisisca lo stesso diritto che gli si cede su di sé ,si guadagna
l’equivalente di tutto ciò che si perde,e più forza per conservare ciò che si
ha.
Se dunque
si scarta dal patto sociale ciò che non fa parte della sua essenza,si troverà
che si riduce ai termini seguenti:”Ciascuno di noi mette in comune la sua
persona e tutto il suo potere sotto la suprema direzione della volontà generale;e noi riceviamo in
corpo ogni membro come parte indivisibile del tutto.”
Rousseau
D.
Emile,II
La
prima educazione deve dunque essere puramente negativa. Consiste,non tanto nell’insegnare la virtù né la verità,ma nel
garantire il cuore del vizio e lo spirito dell’errore. Se poteste non fare
nulla e non lasciar fare nulla
;se poteste condurre il vostro allievo sano e robusto all’età di dodici
anni,senza che sapesse distinguere la
sua mano destra dalla sinistra,fin dalle vostre prime lezioni gli occhi della
sua intelligenza si
aprirebbero alla ragione; senza pregiudizi,senza abitudini,non ci sarebbe nulla
in lui che , contrariare l’effetto delle vostre attenzioni:ben presto
diventerebbe nelle vostre mani il più oculato degli uomini,e cominciando col
non fare niente ,avreste fatto un
miracolo educativo.
Prendete
bene il contrario dell’abituale e farete quasi sempre bene. Come non si vuol fare di un fanciullo un fanciullo,ma
un dottore,i padri e i maestri non hanno mai abbastanza presto
redarguito,corretto,rimproverato adulato,minacciato,promesso,istruito,parlato
razionalmente .Fate meglio,siate ragionevole e non ragionate affatto col vostro
allievo,soprattutto per fargli approvare ciò che non gli piace.;perché condurre
sempre così la ragione nelle cose sgradevoli,non serve che a renderla noiosa,e
screditarla di buon ora in uno
spirito che non è ancora in condizione
di intenderla. Esercitate il suo corpo,i suoi organi,i suoi sensi,le sue forse,ma
tenete la sua anima oziosa tanto a lungo quanto più si potrà. Abbiate timore
di tutti i sentimenti anteriori al
giudizio che li apprezza.
Ritenete,fermate le impressioni estranee e per impedire al male di nascere ,non
affrettatevi a fare il bene;perché non è mai tale che quando la ragione lo illumina. Guardate tutti i rinvii come
vantaggi:è guadagnare molto,avanzare verso il termine senza niente
perdere;lasciate maturare l’infanzia negli infanti. Infine ,qualche lezione
diventa loro necessaria?Guardatevi dal darla oggi,se potete differirla fino a
domani senza pericolo.
E.
Emile,V,XXVIII
[…] ciò ,che Sophie sa meglio e che gli si è fatto apprendere con la massima
cura,sono i lavori del suo sesso,anche
coloro di cui non ci si accorge,come tagliare e cucire i suoi vestiti. Non esistono lavori con l’ago
che non sappia fare ,e che non faccia con piacere,ma il lavoro che preferisce a
ogni altro è il ricamo. Perché non ce
n’è uno che dia un atteggiamento più gradevole,in cui le dita si esercitano con
maggiore grazia e leggerezza.
Si
è anche applicata a tutti i dettagli del menage E’ al corrente della
cucina,conosce i prezzi delle derrate,ne conosce le qualità,sa tenere i conti
molto bene,aiuta sua madre. Fatta per essere un giorno madre di famiglia lei
stessa,governando la casa paterna, impara a governare la sua:può supplire alle
funzioni dei domestici e lo fa sempre
volentieri. Il suo unico scopo è di servire sua madre e di alleviarla di una
parte dei suoi impegni.
E’
tuttavia vero che non li svolge tutti con uguale piacere Per esempio,sebbene
sia golosa ,non ama la cucina;il
dettaglio ha qualcosa che la disgusta:non ci trova mai abbastanza pulizia In
questo è di una delicatezza estrema e questa delicatezza spinta all’eccesso è
diventata uno dei suoi difetti. Per la stessa ragione non ne ha mai voluto
sapere della cura del giardino :la terra le sembra sporca.[…]
Sophie
ha lo spirito gradevole senza essere brillante,solido,senza essere
profondo;[…]Ha sempre quello che piace
alla gente che le parla,sebbene non sia molto eloquente,secondo l’idea che
abbiamo della cultura dello spirito delle donne.[..]
Sophie
ha una gaiezza naturale .Era anche bizzarra da bambina. Ma poco a poco si è
presa cura di reprimere le sue arie svaporate […] E’ dunque diventata modesta e
riservata anche prima del tempo in cui si deve esserlo.
E
ora che quel tempo è venuto le è più agevole conservare il tono che ha ormai
acquisito e che non lo sarebbe prenderlo senza indicare la ragione del
cambiamento. E’ piacevole vederla
talvolta lasciarsi andare per un residuo di abitudine alle vivacità
dell’infanzia ,poi d’un colpo rientrare in se stessa tacere,abbassare gli occhi
e arrossire.[…]
Non
solo conserva il silenzio e il rispetto
con le donne,ma anche con gli uomini sposati,o molto più anziani di lei..non
accetterà mai un posto al disopra di loro che per obbedienza,e riprenderà la
sua al di sotto appena lo potrà:poiché sa bene che i diritti dell’età vanno
prima di quelli del sesso,come a avere per loro il pregiudizio della
saggezza,che deve essere onorata prima di tutto[…]
F.I letterati echeggiano nelle loro opere la denuncia
dell’ingiustizia ,dell’illiberalità,della disuguaglianza.L’individuazione dei
nuovi valori si anima nel profilo
dei nuovi personaggi sociali,arricchiti
degli inevitabili elementi di contraddizione. Quelle che sembrano
contraddizioni,come gli spifferi di misoginia che qua e là
soffiano(in Voltaire:la Torture;in Rousseau:l’éducation de Sophie; in
Laclos:Les liaisons dangereuses;perfino in Beaumarchais:Le mariage de Figaro.)tuttavia non sono in realtà che
riferimenti coerenti dei nuovi valori ,atteggiamenti e comportamenti borghesi.
La condizione della donna sia essa aristocratica o borghese,arretra in modo vistoso e lo farà a lungo rispetto ai
progressi che ,almeno le intellettuali, avevano ottenuto nei salotti
aristocratici del secolo precedente Naturalmente le donne del popolo sono
ancora di fatto costrette fuori dalla storia: il loro silenzio sarà ancora
secolare. Il cosmopolitismo ,peraltro,colora di interesse sincero le pagine
degli illuministi per le culture diverse e lontane,non la rappresentazione di
un superficiale esotismo ,ma un confronto sincero che non presenta ombre di gerarchia ,neppure
mascherata.Sensibilità culturale che noi,oggi,sembra abbiamo smarrito.
Diderot
A.
Supplément au voyage de Bouganville ou dialogue entre A et B sur l’inconvénient d’attacher des idées morales à certaines actions physiques qui n’en comportent pas.
A. – [,,,]Avete visto il Tahitiano che Bouganville aveva preso a bordo e trasportato in questo paese?
B.
– L’ho
visto;si chiamava Aotourou. Alla prima terra che scorse ,la prese per la patria
dei viaggiatori;
sia
che gliela avesse imposto la lunghezza del viaggio;sia che, ingannato
naturalmente per la poca distanza apparente dalla costa che abitava,nel luogo
dove il cielo sembra confinare con l’orizzonte,ignorasse la reale estensione
della terra .L’uso comune delle donne era così ben radicato nel suo spirito,che
si gettò sulla prima Europea che gli
venne incontro,e si disponeva a farle
molto seriamente la cortesia di Tahiti.Si annoiava fra noi. L’alfabeto
tahitiano non avendo né b,né
c,né d,
né f,né g,né q, né x,né
y,né z,non poté mai imparare a
parlare la nostra lingua,che offriva ai suoi organi inflessibili troppe
articolazioni straniere e suoni nuovi.
Non cessava di sospirare dietro al suo paese,e non ne sono sorpreso. Il viaggio
di Bouganville è il solo che mi abbia dato gusto per un’altra contrada
diversa
dalla mia;fino a questa lettura,io avevo pensato che non si stava in nessun
posto
credevo
lo stesso per ogni abitante della terra;effetto naturale dell’attrazione del
suolo;attrazione che
riguarda
le comodità di cui si gode,e che non si ha la stessa certezza di ritrovare
altrove.
A.
– Che!Voi non
trovate l’abitante di Paris così
convinto che crescano spighe nella campagna di Roma quanto nei campi
della Beauce?
B.
– In fede
mia,no!Bouganville ha rinviato Aotourou,dopo aver provveduto alle spese e alla
sicurezza del ritorno.
A.
- Quanto sarai
contento di rivedere tuo padre,tua madre,i tuoi fratelli,le tue sorelle,le tue
amanti,i tuoi compatrioti,che dirai loro di noi?
B.
-Poche cose,e che
loro non crederanno .
A.
– Perché poche
cose?
B.
– Perché ne ha capite poche ,e non troverà
nella sua lingua alcun termine corrispondente a quelli
cui ha qualche idea.
A.
- E perché non lo
crederanno?
B.
– Perché paragonando i loro costumi ai nostri ,preferiranno prendere Aotourou per
un bugiardo.
piuttosto che crederci così pazzi..
A .- Davvero?
B .- Non ne
dubito:la vita selvaggia è così semplice
,e le nostre società sono macchine così
complicate!Il Tahitiano approda
alla fine del mondo e l’Europeo approda
alla vecchiaia .L’intervallo
che lo separa da noi è più grande della distanza dal bimbo
che nasce all’uomo decrepito .Non capisce niente delle nostre usanze.,delle
leggi,o non ci vede che vincoli mascherati sotto cento forme diverse;
vincoli che non possono che eccitare l’indignazione e
il disprezzo di un essere nel quale il sentimento di libertà è il più profondo
dei sentimenti.
A.
-Credereste nell’
utopia di Tahiti?
B.
-Non è u’utopia;e
voi non avreste nessun dubbio sulla sincerità di Bouganville,sconosceste il
supplemento del suo viaggio.
Voltaire
B.
Candide
Ch.XVII
Si avvicinarono
infine alla prima casa del villaggio.
Era costruita come un palazzo d’Europa.Una folla di mondo si affollava alla
porta,e ancora più nell’alloggio; una musica molto gradevole si
faceva ascoltare e un odore delizioso di cucina si faceva sentire. Cacambo si avvicinò
alla porta,e, intese che si parlava peruviano; era la sua lingua materna;perché
tutti sanno che Cacambo era nato a Tucuman,in un villaggio dove non si
conosceva che quella lingua.”Io vi farò da interprete”,disse a Candide;”
entriamo, qui c’è un cabaret.”
Subito due ragazzi e due ragazze della locanda,vestiti
di drappi d’oro,i capelli annodati con nastri,li invitano a mettersi a tavola.
Si servirono quattro minestre,guarnite ognuna di pappagalli,un grosso pezzo di
carne ben tagliata,bollita,che pesava duecento libbre,due scimmie arrostite dal
gusto eccellente,trecento colibrì in un piatto,e seicento uccelli mosca in un
altro;ragù squisiti,pasticceria deliziosa;il tutto in vassoi di una sorta di
cristallo di rocca. I ragazzi e le
ragazze della locanda versavano parecchi liquori fatti di canna da zucchero.
I convitati erano per la maggior parte mercanti e
vetturini,tutti di una gentilezza estrema,che posero alcune domande a Cacambo
con la più circospetta discrezione e che risposero alle sue in modo da soddisfarlo.
Quando il pranzo fu terminato ,Cacambo credette,così come Candide,di ben pagare il suo scotto,gettando sul tavolo due di quelle larghe monete d'oro ch'egli aveva radunato;l'oste e l'ostessa scoppiarono a rideree si tennero a lungo i fianchi.Alla fine si ricomposero:"Signori,disse l'oste,vediamo bene che siete stranieri;e noi non siamo abituati a vederne.Perdonatecise ci siamo messi a ridere quando voi ci avete offerto in pagamento i ciottoli dei nostri grandi sentieri.Non avete senza dubbio la moneta del paese,ma non è necessario averne per mangiare qui.
Quando il pranzo fu terminato ,Cacambo credette,così come Candide,di ben pagare il suo scotto,gettando sul tavolo due di quelle larghe monete d'oro ch'egli aveva radunato;l'oste e l'ostessa scoppiarono a rideree si tennero a lungo i fianchi.Alla fine si ricomposero:"Signori,disse l'oste,vediamo bene che siete stranieri;e noi non siamo abituati a vederne.Perdonatecise ci siamo messi a ridere quando voi ci avete offerto in pagamento i ciottoli dei nostri grandi sentieri.Non avete senza dubbio la moneta del paese,ma non è necessario averne per mangiare qui.
Tutte le locande aperte per la
comodità dei commerci sono pagate dal governo. Ve la siete passata male
qui,perché è un povero villaggio;ma dappertutto,altrove, sarete accolti come
meritate .” Cacambo spiegava a Candide tutti i discorsi dell’oste e Candide li ascoltava con la stessa ammirazione e lo
stesso smarrimento che il suo amico Cacambo gli rendeva.”Qual è,dunque,questo
paese,si dicevano l’un l’altro,sconosciuto a tutto il resto della terra,e dove
tutta la natura è di una specie così diversa dalla nostra? E’ probabilmente il
paese dove tutto va bene:perché bisogna assolutamente che ce ne sia uno di
questa specie. E,checché ne dica il maestro Pangloss,mi sono spesso accorto che
tutto andava male in Westphalia.”
Diderot
Jacques le
Fataliste
C.
Lettre de cachet*
Mentre Jacques
e il suo padrone riposano,mi libererò della promessa,col racconto dell’uomo
della prigione che raschiava il fondo o piuttosto del suo compagno,il signore
Gousse.
-
Era un brav’uomo che si occupava di più del suo forno
che del comportamento di sua moglie. Se non era la sua gelosia era la sua
assiduità che infastidiva i nostri due amanti?Che fecero per liberarsi di
quella costrizione? L’intendente presentò al suo padrone un placet** in cui il
pasticcere era tradotto come un uomo di cattivi costumi ,un ubriacone che non
usciva dalla taverna,un brutale che picchiava sua moglie ,la più onesta e la
più infelice delle donne. Su questo placet ottenne una lettre de cachet e questa ,lettera di cachet che disponeva della
libertà del marito,fu messa nelle mani di un ufficiale di polizia per eseguirla senza rinvio Accadde per caso
che quello era l’amico del pasticcere. Andavano ogni tanto dal mercante di
vini. Il pasticcere forniva pasticcini,l’ufficiale di polizia pagava la
bottiglia. Costui,munito della lettera di cachet,passa davanti alla porta del
pasticcere ,e gli fa il segno convenuto. Eccoli tutti e due occupati a mangiare
e a innaffiare i pasticcini;e l’ufficiale di polizia che chiede al suo compagno
come andava il suo commercio?
-
“Molto bene.
-
“Se non aveva
nessun cattivo affare?
-
“Nessuno.
-
“Se non aveva nessun nemico?
-
“Non ne conosceva nessuno.
-
“Come viveva coi suoi genitori,i suoi vicini, sua
moglie?
-
“In amicizia e in pace.
-
“Da dove può dunque venire ,aggiunse l’ufficiale di
polizia,l’ordine che ho di arrestarti?Se io facessi il mio dovere ti metterei
le mani sul colletto e ci sarebbe là una carrozza ,molto vicina,ed io ti
condurrei al luogo prescritto da questa lettera di cachet. Guarda, leggi …
-
“Il pasticcere lesse e impallidì. L’ufficiale di polizia
gli disse:”Rassicurati,Riflettiamo solamente insieme a quello che abbiamo di
meglio da fare -“ per la mia sicurezza e la tua. Chi è che frequenta casa tua?
-“Nessuno.
-“Tua moglie è
civetta e graziosa.
-“Io la lascio
fare di testa sua.”
-“Nessuno le
sta dietro?”
-“In fede mia
,no,eccetto un certo intendente che viene talvolta a stringergli la mano e
dedicarle scempiaggini ,ma nel mio
negozio,davanti a me,in presenza dei miei ragazzi,e io credo che non succeda
niente che non sia del tutto buono e onorevole.
-“Sei un
brav’uomo.
-“E’
possibile;Ma il meglio è credere la propria moglie onesta ed è quel che io
faccio.
-“E questo
intendente ,da chi dipende?
-“Da M. de
Saint Florentin.
-“E da quali
uffici credi che provenga la lettera di cachet?
-“Dagli uffici
di M. de Saint Florentin,forse?
-“L’hai detto.
-“Oh! Mangiare
i miei pasticcini,baciare mia moglie e farmi rinchiudere,tutto questo è
troppo ! E io
non potrei crederlo!
-“Sei un brav’uomo! Da qualche giorno,come
trovi tua moglie?
-“Piuttosto
triste che allegra.
-“E
l’intendente,è da parecchio che non l’hai visto?
“-Ieri,credo;sì,era
ieri.
-“Non hai
notato nulla?
-“Sono poco
osservatore;
ma mi è
sembrato che separandosi si facessero qualche segno con la testa,come quando
uno dice sì e l’altro no.
“-Qual’era la
testa che diceva sì?
-“Quella
dell’intendente.
-“Sono
innocenti o complici. Ascolta,amico mio non rientrare a casa;riparati in
qualche posto sicuro,al Tempio,in un’Abbazia,dove vorrai,e tuttavia lascia fare
a me;soprattutto ricordati bene …
-“Di non farmi
vedere e di tacere.
-“Proprio
così.
-“Nello stesso
momento la casa del pasticcere è circondata di spie. Spioni con ogni sorta di abbigliamento,si rivolgono alla
pasticcera e le chiedono del marito;risponde a uno che è malato,a un altro che
è partito per una festa,a un terzo per
un matrimonio .Quando tornerà?Lei non ne sa niente.
-“Il terzo
giorno,verso le due del mattino,vengono ad avvertire l’ufficiale di polizia che
avevano visto un uomo, il naso coperto
da un mantello,aprire piano la porta della strada e scivolare dolcemente nella
casa del pasticcere. Subito l’ufficiale di polizia ,accompagnato da un
commissario,da un fabbro,da una carrozza
e da qualche , porta sul luogo. La porta è scassinata. L’ufficiale di polizia e
il commissario salgono senza fare rumore. Bussano alla porta della pasticcera
:nessuna risposta;bussano ancora:nessuna risposta;alla terza volta si chiede
dall’interno:”Chi è?
-“Aprite.
“Chi è?
-“Aprite,è da
parte del re.
“Bene!diceva l’intendente
alla pasticcera con la quale era
a letto;non c’è nessun pericolo.:è l’ufficiale di polizia che viene per
eseguire il suo ordine .Aprite:io mi presenterò;lui si ritirerà,e tutto sarà
finito.”
-“La
pasticcera ,in camicia,apre e si rimette a letto.
L’ufficiale di
polizia.-“Dov’è vostro marito?
La
pasticcera.-“Non c’è..
L’ufficiale di
polizia,scartando la tenda.- “Chi è là, dunque?
L’intendente.
-“ Sono io,sono l’intendente di M. de Saint Florentin.
L’ufficiale di
polizia.-“Mentite,siete il
pasticcere,perché il pasticcere è colui che dorme con la pasticcera.
Alzatevi,vestitevi e seguitemi.”
“Fu necessario
ubbidire; lo condussero qui. Il ministro,istruito della scelleratezza del suo
intendente .ha approvato a condotta dell’ufficiale di polizia ,che deve venire
stasera al tramonto a prenderlo
mangerà il suo
tozzo di cattivo pane,la sua oncia di bue e raschierà il fondo dalla mattina
alla
sera …”
*Lettera col
sigillo del re con una condanna alla prigione o all’esilio.
**Nota di
iscrizione di una causa.
Beaumarchais
D.
Le mariage de Figaro, Bordas,p.380
Acte V,scène
III
Figaro,solo,passeggiando
nell’oscurità,dice col tono più cupo, - O Donna !Donna!Donna!
Creatura debole e deludente!...Nessun animale creato
può sottrarsi al suo istinto;il tuo è dunque di ingannare?...Dopo avermi
ostinatamente rifiutato quando le facevo pressione davanti alla sua
padrona,nell’istante in cui mi dà la sua parola;proprio in mezzo alla cerimonia
… Rideva,mentre leggeva,il perfido ! Ed io come un minchione!...No,signor conte,non l’avrete …
non l’avrete. Perché siete un gran Signore .Vi credete un gran genio!...
Nobiltà,fortuna,un rango,cariche;tutto ciò rende così
fiero!Che avete fatto per tanti privilegi?
Vi siete dato la pena di nascere,e nulla più. Del
resto,uomo abbastanza ordinario!Mentre io,
accidenti!Perso nella folla oscura,mi è occorso
dispiegare più scienza e calcoli,solo per sopravvivere,di quanto non ce ne
siano voluti da cent’anni a questa parte a governare tutti i regni di Spagna;e
volete confrontarvi con me … si viene … è lei … non è nessuno. – La notte è
nera come il diavolo ,ed eccomi a fare lo sciocco mestiere di marito,sebbene
non lo sia che a metà!(Si siede su una panca)C’è niente di più
bizzarro del mio destino?Figlio di non so chi;rapito dai banditi,allevato
secondo i loro costumi,me ne disgusto ,voglio esercitare una professione
onesta;dovunque sono respinto! Imparo la Chimica,la Farmacia,la Chirurgia,e tutto il credito di un gran Signore può a malapena mettermi in mano un bisturi da
veterinario! – Stanco di assistere bestie malate,e per fare un mestiere
contrario,mi butto a corpo morto sul Teatro;meglio mettermi una pietra al
collo!Abbozzo una commedia sulla tradizione del serraglio;autore spagnolo,credo
di poter attaccare Maometto senza scrupoli: all’istante,un Inviato … di non so
dove ,si lamenta che io offendo nei miei versi la Sublime Porta* ,La Persia,una
parte della Penisola Indiana,tutto l’Egitto,i regni di Barca,di Tripoli,di
Tunisi,d’Algeri e del Marocco:ed ecco la mia commedia bruciata,per piacere ai
principi maomettani,di cui non uno,io credo,non sa leggere e che ci assassinano
l’omoplatto dicendoci:cani di cristiani!- Non potendo avvilire lo spirito,ci si vendica
maltrattandolo. – Le mie guance si scavavano,la mia fine era segnata;di lontano
vedevo arrivare il terribile
ufficiale giudiziario,la penna infilzata nella
parrucca;fremendo mi sforzo. Si pone una domanda sulla natura delle ricchezze;e siccome non è
necessario possedere le cose per ragionarne,non avendo un soldo,scrivo sul
valore del denaro e sul suo prodotto netto;subito vedo,dal fondo di un a
carrozza,abbassare per me il ponte di un castello fortificato,all’ingresso del
quale lasciai la speranza e la libertà.(Si
alza).Quanto vorrei avere tra le mani uno di quei Potenti da quattro
giorni,tanto leggeri sul male che ordinano,quando una buona disgrazia ha
calmato il suo orgoglio! Gli direi … che le sciocchezze stampate non hanno
importanza che nei luoghi in cui se ne
disturba il corso;che senza la libertà di biasimare,non esiste nessun
elogio adulatore.;e che non ci sono che piccoli uomini che paventano i piccoli
scritti.
Laclos
E.
Les liaisons dangereuses
Lettre XXXIII
La Marquise de Merteuil au Vicomte de Valmont
Dal momento che temete di riuscire,mio caro
Visconte,dal momento che il vostro progetto est quello di fornire armi contro
di voi,e che desiderate meno vincere che combattere,non ho più nulla da dire
.La vostra condotta è un capolavoro di prudenza. Ne sarebbe uno di
scempiaggine nella supposizione
contraria;e per dire il vero temo che non vi facciate illusioni.
Quel che vi rimprovero non è di non aver affatto
profittato del momento. Da una parte non vedo con sufficiente chiarezza che fosse venuto;dall’altro so
abbastanza ,checché se ne dica,che un’occasione mancata si ripresenta,mentre,non
si riemerge mai da un comportamento precipitoso.
Ma il vero
problema è di esservi lasciato andare a scrivere. Ora vi sfido a prevedere dove
tutto ciò può condurre. Per caso,sperate di provare a quella donna che deve arrendersi? Mi sembra che non può esserci lì che una verità di sentimenti,e non di dimostrazione;e che per
farla ricevere ,si tratta di intenerire e non di ragionare;ma a che vi
servirebbe d’intenerire per lettera,poiché non sareste là per profittarne?
Quando le vostre belle frasi producessero l’ebbrezza dell’amore ,vi lusingate
che essa sia sufficientemente lunga perché la riflessione non abbia il tempo d’impedirne la confessione?Pensate dunque a quel che occorre
per scrivere una lettera,a ciò che accade prima che la si consegni; e vedete,soprattutto,una
donna di principi come la vostra Devota,può volere così a lungo quel che cerca
di non volere mai.
Questo andamento può riuscire con i bambini,che,quando
scrivono”vi amo”non sanno che dicono “mi
arrendo”.Ma la virtù razionale di madame de Tourvel ,mi sembra molto ben conoscere il valore dei
termini. Perciò,malgrado il vantaggio che avevate preso su di lei
Nella vostra conversazione,vi batte nella sua lettera.
E poi,sapete che succede? Solo per ciò che ci si disputa,non si vuole cedere.
A forza di cercare buone ragioni ,se ne trovano;le si dicono;e
dopo ci si tiene,non tanto perché sono buone quanto per non smentirsi. Di
più,una
Notazione che mi sorprendo che non abbiate fatta
,dipende dal fatto che non c’è niente di così difficile in amore ,quanto
scrivere ciò che non si sente. Dico scrivere in modo verosimile:non è che non
ci si serva delle stesse parole;ma non le si arrangia nello stesso modo,e
questo basta. Rileggete la vostra lettera:vi regna un ordine che vi rivela ad
ogni frase. Voglio credere che la vostra Presidente sia abbastanza poco formata per non accorgersene:ma che importa?
L’effetto non è per questo mancato di meno. E’ il difetto dei romanzi;l’autore si batte i fianchi per scaldarsi,e
il lettore resta freddo. Héloïse è il
solo che faccia eccezione;e nonostante il talento dell’autore,
quest’osservazione mi ha sempre fatto credere che il fondo fosse vero. Non è la
stessa cosa parlando. L’abitudine a
lavorare il proprio organo,gli conferisce sensibilità;la facilità delle
lacrime vi aggiunge dell’altro: l’espressione del desiderio si confonde negli
occhi con quella della tenerezza;infine il discorso meno seguito conduce più
agevolmente quell’aria di turbamento e di disordine,che è la vera eloquenza
dell’amore;e soprattutto la presenza
dell’oggetto amato impedisce la
riflessione e ci fa desiderare d’essere vinte.Credetemi,Visconte:vi si chiede di non scrivere
più:profittatene per riparare il vostro errore
e attendete l’occasione di parlare.
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