. SOLITUDINE E SPAZI INFINITI
‘... Inchiodata come sono a questa poltrona per il
mio piede infortunato e confinata nel ruolo di terzo incomodo in questa casa in
cui mi sono ostinatamente andata a cacciare...se non voglio impazzire ...mi
devo inventare qualcosa per distrarmi! Sì, potrei provare a partire … sulle ali
della fantasia, come facevo da bambina. In fondo, è una buona occasione per rivisitare i
paesaggi che più mi sono cari,
rileggendo i testi dei miei poeti preferiti che porto sempre con me, ma che di
solito non ho il tempo di riassaporare.
Potrei cominciare da...
Prévert[1].
La sua " A casa mia", forse,
potrebbe aiutarmi ad attenuare il disagio che provo in questa casa
anonima, dove anche la libreria mi è abbastanza estranea. Ho proprio bisogno di
un po' di luce e di colori del sud, almeno per evocazione, dopo aver visto il
giardino qui sotto la finestra ... Solo qualche ramo risecchito che spunta da
sotto il manto di neve, come scheletriche braccia che si levano al cielo per
chiedere pietà per la loro penosa condizione. Uno spettacolo di desolazione che
mi stringe il cuore...’
E così Zoé lascia
trascorrere il giorno rileggendo le sue amate poesie, udendo echi di suoni
lontani e immaginando i colori più vari sullo schermo lattiginoso del suo
portatile:
A casa mia [2]
Nella mia casa lei verrà
d'altronde non è la mia casa
non so di chi è
sono entrato così un giorno
non c'era nessuno
solo peperoncini rossi attaccati
al muro bianco
son restato a lungo in questa
casa
nessuno è venuto
ma tutti i giorni e tutti i
giorni
io l'ho attesa.
Non facevo niente
cioè niente di serio
talvolta la mattina
lanciavo gridi di animali
urlavo come un asino
con tutte le forze
e questo mi faceva piacere
e poi giocavo coi piedi.
Sono molto intelligenti i piedi
Vi portano lontano
e poi quando non volete uscire
restano lì, vi tengono compagnia
e quando c'è la musica ballano
non si può ballare senza di
loro.
Bisogna essere stupidi come
l'uomo lo è così spesso
per dire cose tanto stupide
come stupido come i piedi gaio
come un fringuello
il fringuello non è gaio
è soltanto gaio quando è gaio
e triste quando è triste o né
gaio né triste
forse che si sa cos'è un
fringuello
d'altra parte non si chiama
realmente così
è l'uomo che ha chiamato
quest'uccello così
fringuello fringuello fringuello
fringuello
Come son curiosi i nomi
Martino Ugo Vittorio il nome
Bonaparte Napoleone il nome
perché così e non così
un gregge di bonaparte passa nel
deserto
l'imperatore si chiama
Dromedario
ha un cavallo cassa e cassetti
da corsa
lontano galoppa un uomo che non
ha che tre nomi
si chiama Tim Tam Tom e non ha
un gran nome
un po' più in là ancora c'è uno
qualunque
molto più in là ancora c'è uno
qualunque
molto più lontano ancora c'è una
cosa qualunque
e poi che può fare tutto
questo
Nella mia casa tu verrai
e quando sarai entrata nella mia
casa
ti leverai tutti i vestiti
e resterai immobile nuda in
piedi con la tua bocca rossa
come i peperoncini rossi appesi
al muro bianco
e poi tu ti sdraierai ed io mi
sdraierò accanto a te
ecco
nella mia casa che non è la mia
casa verrai.
‘ L'attesa della donna amata
ha come sfondo questa casa enigmatica, senza padrone … Ma come non riconoscere
i segni del Sud mediterraneo con i suoi muri calcinati e abbaglianti su cui
spicca la macchia rossa della treccia di peperoncini messi a seccare al sole?
Una spezia che accende la fantasia nell'attesa. Del resto che può fare un
innamorato che aspetta la sua lei, ma non sa quando possa arrivare? Non riesce
a concentrarsi su niente, si trastulla, anche coi piedi, e poi comincia a
cavillare tra sé fino a che la fantasticheria diventa un godibilissimo nonsenso
che lo aiuta a rinfrancarsi, a scacciare quell'ansia che si insinua inquietante
e, agli ultimi versi, dove torna ad augurarsi il suo arrivo, la sente più
vicina. Ora può darle del tu, rivolgersi direttamente a lei e riuscire a
materializzare la visione del suo corpo nudo e trionfante, all'interno della
casa misteriosa e accogliente, con la bocca generosamente rossa proprio come la
treccia di peperoncini appesa al sole.
… Più spesso, però, a
pensarci bene, lo sfondo degli innamorati è
un tuffo nella natura.
Vestita d'ulivo
l'Innamorata
aveva detto:
credete alla mia
fedeltà molto infantile
e dopo
una valle aperta
una costa che brilla
condiviso
hanno invaso la città
un sentiero
dove il libero dolore è sotto il
vivo dell'acqua.
Le magie salvifiche della mia Vaucluse,
sviluppate attraverso immagini enigmatiche. La proposta di un contrasto per
cogliere il momento della scoperta, del passaggio dalla gioia espressa dalla
natura ancestrale, coi suoi segni di pace, di solare innocenza, alla
condivisione del dolore di quelle visioni minacciose che sembrano impregnare la
realtà urbana.
Sì, con lui ritorno alla mia
terra natale e ritrovo felice le sue linee sinuose, i suoi colori smaglianti e
le sue luci che tanto piacquero a Vincent![5]
Ma scorci ancora più intriganti
mi aspettano "di là dal mare"[6] ... Solo il tempo di sorbire un succo di
melagrana, che ho trovato nel frigo …. E poi, via!
Et alors! Ecco
infatti Darwish venirmi incontro nel suo “Sonetto IV”, con squarci di mondi come incantesimi, che rispecchiano con il loro balenio la
lacerazione costante che gli procura la sofferenza dell'esilio. Un'ansia
che lo pone sempre in bilico sul crinale che separa
l’evocazione nostalgica della sua terra natale,forzatamente abbandonata e la realtà
di quella terra straniera, precaria e mutevole, che lo accoglie nel presente.
Versi oracolari, fatti di illuminazioni ed ellissi.
La luna
filtra le sue lentiggini di luce e dal corpo dell'amata che dorme sorgono le
epifanie della sua terra martoriata di Palestina. I capelli di lei evocano
beduini addormentati e senza sogni e i suoi seni le bianche colombe. Ha invaso
il suo sogno avvolgendola, nessuno spettro sveglierà il gelsomino col profumo
del desiderio; nessun flauto per rimpiangere la cavalla che non abita più
accanto alla tenda del poeta. Quel flauto, finora muto sul tappeto dentro la
tenda beduina del sogno, lo sento intonare per me - che mi commuovo - le
melodie languide e struggenti di Marcel Khalife[7] …
Ma nel sonetto, in chiusura, un'altra realtà insorge e si oppone. Il sogno di lei a lei sola appartiene ed è
quello di una terra del Nord con le
sue mille foreste, la sua terra straniera.
Lentamente massaggio il tuo sonno. O nome che abito in sogno, dormi. La
notte si coprirà con i suoi alberi e si addormenterà.
sulla sua terra, sovrana di un'assenza breve.
Dormi, ché io galleggi
sulle lentiggini che filtrano in me da una luna...
I tuoi capelli campeggiano sul tuo marmo, beduini che dormono incauti
e non sognano. Il tuo paio di colombe t'illumina dalle spalle alle
margherite del tuo sogno. dormi su di te e in te
e che la pace dei cieli e della
terra spalanchi per te tutte le tue sale, una dopo l'altra.
Il sonno ti avvolge di me. Non un angelo a portare il letto,
né uno spettro a svegliare il gelsomino. O nome mio al femminile, dormi.
Nessun flauto piangerà una cavalla in fuga dalle mie tende.
Sei ciò che sogni, estate di una terra nordica
che offre le sue mille foreste al regno del sonno. Dormi
e non svegliare il corpo che desidera un corpo nel mio sogno.
Ed è nell'inverno bianco di una
terra del Nord che mi porta invece Anna Achmatova per regalarmi suggestioni
incantate fatte di leggerezza fastosa e di distese abitate dal silenzio che
hanno sapore di eterno e di infinito. Dimensioni che si riflettono, con uno
straordinario gioco di specchi sull'amore di Anna.
Qui si sta bene.[9]
Qui si sta bene. Fruscii, scricchiolii,
il freddo ogni giorno più forte.
L'albero si piega sotto la bianca fiamma
delle abbaglianti rose di ghiaccio.
Sulle fastose nevi di parata
una traccia degli sci, come per ricordare
che in certi secoli lontani
qui siamo passati in due.
Una poesia dove la malinconia
si stempera nella dimensione del mito, che consente di vivere il ricordo dello
stare insieme felici, immersi nella soffice coltre con un senso di conquistata
pacificazione .
Sull'onda della fantasia mi
lascio poi trasportare su un'altra terra nordica, che mi sommerge in un
acquario di parole.
"Acquario di parole che
riannoda la particolare esperienza canadese all'immaginario universale, che è
l'illimitatezza dell'oceano.
Acquario di parole che riconosce al suo grande fiume - il San Lorenzo -la
prerogativa di unire senza possibilità di errore la nazione canadese.
Acquario di parole che rappresenta in modo non equivoco come l'immaginario
nazionale sia legato alla psicologia dell'acqua e come, nell'acqua, prenda
forma anche il rito dell'amore"[10]-
A Sechelt[11]
Il mare è la nostra stagione;
né notte né giorno,
né autunno né
primavera, ma questa incostanza
che pure è continente:
questo completo
movimento organico,
oceano della nostra mente
illimitato come la
portata del pensiero, eppure chiuso
fra strette spiagge,
promontori
che l'accettano in
silenzio, l'orecchio alla terra
forma una conchiglia
concava sulla sabbia
per udire il brusio
del mare mentre ingrana la marcia
spumeggiando le sue
poesie sulle nostre mani nervate
gridando contro la
povera pavidità.
Oh vieni a letto
avvolgendomi, lasciati
andare a queste
braccia, a questo sonno, amata e orgogliosa!
Non avrai bisogno di
lenzuola né di sudario.
E ora che cammino sola
sulla ghiaia
sono costretta a
gridare, come il bianco gabbiano
che leggero come neve
sull'onda fluttuante
cavalca e si lamenta.
Sebbene lui
banchetti in eterno
sul petto blu del mare
ed io sia ancorata a
riva, incollata alla sabbia calda.
Calpestando
conchiglie, facendo scappare i granchi
e bruciata dal sole -
pure entrambi,
uccello e umano,
percorriamo il mondo da soli
invocando un'amante
che possa condividere il canto.
e tuttavia accettare
il rifiuto; ridere o rimanere muto;
invocando, e tuttavia
riluttante a rinunciare
per l'altro, ai caldi
silenzi della terra
o al loquace sollievo
del mare[12].
La città, più che lontana,
è assente. La natura ancora una volta appare maestosa e sovrana. Ma al
contrario della sua rappresentazione cantata ad Oriente, dove l'uomo si
abbandona fiducioso alla sua protezione rassicurante, qui Dorothy Livesay[13]
lascia intuire piuttosto una certa resistenza. Prima da parte della terra
stessa, che non si concede facilmente a tanta imponente grandezza, a quel
movimento illimitato del mare, che a sua volta si indigna contro "la sua
povera pavidità". E il mare, deve incoraggiare quell'amata orgogliosa a
lasciarsi avvolgere dalle sue forti braccia. Quella terra che, invece, tende a
chiuderlo con le sue spiagge ghiaiose e che sa inchiodare alla sua sabbia calda
l'abitante solitaria, che invoca un amante, con cui condividere gioie e silenzi.
E se la natura acquatica e terrigna instaurano tra loro una dialettica
identitaria, tra gli abitanti dei due universi la reazione è di analoga
riluttanza: la giovane donna resiste alla rinuncia della terra e della sua
solida sicurezza come il gabbiano a quella del movimento organico, illimitato
del mare, anche al prezzo di non trovare
un amante con cui condividere gioie o silenzi …’
È il momento per Zoé di fare una
piccola pausa nel suo fantastico viaggio e, per prepararsi alla tappa successiva, sorseggia una tazza profumata di caffè
fumante.Intanto,sgranocchia compiaciuta un'intera barretta di cioccolato,
tenendosene un’altra accanto in caso di bisogno.
‘ È tempo ormai di riprendere il mio
meraviglioso viaggio Ecco, scenderò
verso un altro grande fiume intorno al quale si estende l' "Amazzonia,
respiro del mondo"[14].
Sono
ora nel pieno di una festa nel mezzo della Foresta : gli indigeni accolgono con
entusiasmo la poetessa Marcia Theòphilo,grande loro amica,che conduce una lunga
lotta al loro fianco,per difendere quel mondo in grave pericolo.
Sarà proprio la poetessa[15] a
guidarmi e a offrirmi il privilegio di
ascoltare "il poema polifonico della foresta"[16] in italiano, la mia lingua d'adozione.
L'assenza di traduzione[17]
mi fa arrivare possente e diretta l'emozione per il succedersi di immagini
lussureggianti di luce e colori che tessono l'arazzo di una natura
antropomorfa, dove l'uomo è assente. Eccolo quel mondo lussureggiante e bellissimo in una
delle sue splendide poesie.
Qui è la natura tutta ad ardere
di fertile desiderio, percorsa da fremiti di voluttà, di seduzione, tutta
imbevuta di musica, in una sensuale simbiosi di acqua, terra, flora, fauna,
luce, suoni. Ecco, ad esempio:
Munguba[18]
Guardandomi qualcuno proverà
a misurare il mio corpo
splendente
ma io, Munguba frondosa,
sono ancora più vasta
i miei grandi fiori bianchi,
gialli o rosati
non si misurano con lo sguardo.
Ombre e luci mi dilatano
mi diluiscono nel grande fiume,
nel terreno paludoso
io fecondo embrioni di luce
e irripetibili colori.
Semente e frutto, corpi in
trasmutazione
ferruginoso - vermiglio;
alle mie viscere concentro energie
e attiro l'appetito, il desiderio
vorace
di cutias[19],
di pappagalli e di scimmie.
Nel caldo alito delle acque
tropicali
sui miei rami a migliaia
penne e piume, arcobaleni di
uccelli
cantano i loro sogni di seduzione[20].
Ed ora, identificandomi con
una farfalla del mare, variopinta e leggera, riapproderò alle magie del
paesaggio mediterraneo con la poesia di Rafael Alberti[21],
grande amico di Marcia.
Ancora una volta al mare,
coi suoi boschi di coralli e con le sue selve di alghe, e alla terra saldamente
legati il poeta e la sua amata manifestano nell'attesa la certezza del loro
amore.
Le farfalle del mare.[22]
Per i boschi di coralli
per le selve delle alghe,
amata mia, inseguiamo
tu ed io
le farfalle del mare!
Non mi cambio con nessuno
sapendo che giù nel mare,
giù nel fondo del mare
mi aspetti tu.
Con nessuna tu ti cambi,
sapendo che sulla terra
ti aspetto io.
Qui il paesaggio marino e
terrestre ridiventa sfondo,pretesto di atmosfere,lussureggianti di immagini
suggestive,e l'uomo e il suo amore
tornano ad essere protagonisti.
Sono evidentemente di nuovo in
Europa e mi torna in mente Paul Eluard [23]che dalla natura attinge a piene mani, per
illuminare di folgoranti similitudini la fronte,il cuore,gli occhi della sua
innamorata.
L'ho trovata!Ero certa di averla
!
il suo cuore si inscrive in una stella nera
i suoi occhi rivelano la mente
i suoi occhi sono il fresco dell'estate
la calura dell'inverno
i suoi occhi trafiggono, ridono
sonori
i suoi occhi che azzardano vincono il loro gruzzolo di luce.
Operazione che ritrovo in
Octavio Paz[25], che ha saputo innestare nella tradizione del
sentimento esuberante della natura della sua terra i frutti delle avanguardie
europee ed ha saputo ottenere così immagini che sono schegge di cristallo, puri
bagliori di luce. Come ne:
I tuoi occhi sono la patria del lampo e della lacrima
silenzio che parla
tempesta senza vento, mare senz'onde,
uccelli prigionieri, dorate fiere addormentate,
topazi crudeli come la verità
autunno in una radura del bosco dove la luce canta su
l'omero di un albero e sono uccelli
tutte le foglie
spiaggia che il mattino trova
costellata d'occhi,
cesto di frutti di fuoco,
menzogna che alimenta
specchi di questo mondo, porte dell'aldilà,
palpito tranquillo del mare a mezzogiorno,
assoluto che ammicca,
altopiano deserto.
L'importanza che assume
l'immagine nei versi dei due poeti e la tecnica metaforica che consente palpiti
di straordinaria intensità ed effetti di bellezza sorprendenti e imprevedibili,
sono caratteristiche comuni ad entrambi.
Il flusso delle immagini talora incalza con un ritmo percussorio,
martellante ed echeggia la forza trascinante di una cascata torrenziale. Può
assumere le sembianze di un vortice incontenibile perché l'esigenza espressiva
dei due poeti è insita nella natura stessa dell'immagine-
universo, nell'immagine- assoluto che domina la loro opera.
I vari tipi di
similitudine, metafora, analogia, che trasformano le immagini in surrealtà
sensibili, ora accostando ora fondendo fenomeni diversi, consentono di ottenere
effetti di folgorante concentrazione. Essi tendono a sconvolgere i rapporti
logici del discorso per crearne di nuovi, talora con effetto polivalente. Dalla
foresta di parole sanno scegliere avvicinamenti che seguono traiettorie
inusuali.
Ecco allora lo scambio dell'astratto
con il concreto, la fusione o l'approssimarsi di sensazioni o fenomeni
contrastanti come "gli occhi che rivelano la mente" o "il fresco
dell'estate" e "il tepore dell'inverno" in Paul Eluard oppure
"il silenzio che parla", "le tempeste senza vento",
"il mare senz'onde", "gli uccelli prigionieri" e "le
dorate fiere addormentate" di Octavio Paz. Uno scrigno davvero
elettrizzante, pieno di "diamanti del cuore"[27].’ È tempo di un nuovo intervallo per Zoé,
prima di volgersi a Oriente e, per propiziarsi l'ultima tappa del suo favoloso viaggio,
si prepara un buon tè caldo, profumato alle spezie, da sorseggiare mentre gusta
qualche bel frutto maturo che ha
prima adocchiato in un
cesto in cucina.
Davanti al terzo occhio della sua
immaginazione si profila un nuovo lungo percorso, un tripudio di immagini e
sull'eco della musica che le accompagna si lascia
trasportare nell’universo magico di Rabindranath Tagore[28].
Ecco l'India dei mille e mille
villaggi di cui parlava Gandhi-gi[29].
‘ Riconosco il suono del sitār[30] che accompagna i canti del poeta, ma anche lo
sciacquio che fanno le mani della ragazza, seduta indolente sulla sponda del
fiume. Indugia, quasi ad aspettare qualcuno che tarda ad arrivare. Le onde
ammiccano con sorrisi d'intesa e sussurri. Anche le nuvole vagabonde sembrano
indugiare sorridenti e complici laggiù all'orizzonte. Non più la natura in cui
l'uomo europeo si rispecchia e proietta la sua interiorità, ma una natura in
cui l'uomo è parte allo stesso titolo delle altre creature, sullo stesso
identico piano.
Perché siedi là
facendo tintinnare i braccialetti[31]
così solo per gioco?
Riempi la tua brocca. È
ora che torni a casa.
Perché muovi l'acqua
con le mani
e ogni tanto guardi
nella via se qualcuno arriva
così solo per gioco?
Riempi la brocca e
vieni a casa.
Le ore del mattino
passano, l'acqua scura scorre.
Le onde ridono e
sussurrano tra loro, così, solo per gioco.
Le nuvole vagabonde si
sono raccolte
all'estremo orizzonte,
sopra la collina
indugiano, ti guardano
in viso, sorridono,
così, solo per gioco
riempi la tua brocca e
vieni a casa.
Al tintinnare di quei braccialetti
risponde il suono dei campanelli luccicanti alle caviglie; sopraggiunge
sovrapponendosi e riecheggia nel sangue del poeta con la forza del ricordo:
quando il sāri[32]
di lei ondeggiava nel suo respiro e poteva carezzarle i capelli ondulati. Ora
può farlo nel sogno perché lei abita ancora i rami che vibrano danzando al
ritmo della sua melodia e i suoi occhi dal cielo azzurro gli sorridono. Non è
mai andata via.
Quest'autunno è
mio, fu cullato dal mio cuore[33]
i campanelli
luccicanti alle caviglie
mi tintinnavano nel
sangue e il suo sari di velo
ondeggiava nel mio
respiro.
Io riconosco il
contatto dei suoi capelli ondulati
in tutti i miei sogni.
Intorno c'è sempre
lei, anche nei tremuli rami
che danzano al mio
ritmo e i suoi occhi,
che dal cielo azzurro
sorridono, presero luce da me.
Ora
il flauto riposa, a terra, nella
casa del poeta. Lo scorcio che si apre nella notte di plenilunio non ha per leitmotif che i colori ed i profumi.
Palpiti d'emozione per il familiare profumo di hennà sospeso nell'aria, per i tanti fiori intrecciati, per il velo
di un inebriante color zafferano di lei che offrirà la ghirlanda di gelsomini,
commuovendo il poeta che le stringe le mani, gli occhi negli occhi.
Quanto indiani sono questi innamorati,
quanto indiano questo paesaggio notturno costruito, più che con tocchi di ombre
vellutate e timbri scuri, con pennellate di colore luminoso come quello dei
fiori e del velo. Quanto indiana la semplicità con cui gli innamorati sono
capaci di vivere il loro amore’- sospira
Zoé con gli occhi pieni di immagini lontane.
Le mani stringono le mani, gli occhi
indugiano negli occhi.[34]
così comincia la
storia dei nostri cuori:
È un plenilunio di
marzo: il dolce profumo
dell'hennà[35]
è nell'aria; il mio flauto
giace per terra
dimenticato, la tua ghirlanda di fiori
non è terminata.
Quest'amore semplice
tra me e te è semplice come un canto.
Il tuo velo color
zafferano inebria i miei occhi
la ghirlanda di
gelsomini che intrecci per me
mi commuove come una
lode.
È un gioco di dare e
di trattenere, di rivelazioni
e di misteri, di
sorrisi e di piccole timidezze,
di dolci, inutili
lotte.
Quest'amore fra me e
te è semplice
come un canto.
Nessun mistero al di
là del presente, nessuna ricerca
per l'impossibile,
nessun'ombra dietro l'incanto
nessuna indagine nelle
profondità occulte.
Quest'amore fra me e
te è semplice come un canto.
Non cerchiamo con
parole vane di interrompere
l'eterno silenzio, non
alziamo le mani supplici
per cose impensabili
ci basta ciò che diamo
e quello che riceviamo.
Un abbraccio
schiacciato, la gioia
per spremere il vino
del dolore.
Quest'amore tra me e
te è semplice come un canto
Era l'ultima tappa di un viaggio
inebriante che l’ha immersa in scorci stupendi di paesaggi del mondo, filtrati
dalla sensibilità sapiente e diversa dei grandi poeti Anche le sue tensioni si sono placate, ha
potuto recuperare serenità e fiducia. Vorrebbe condividere le sue emozioni, le
sue scoperte, la sua riconquistata tranquillità. Le piacerebbe parlarne con
Gordon. Potrebbe far bene ad entrambi … Chissà?
‘ Non mi sembra tanto
felice, nonostante Ingrid.’
[1] Jacques Prévert nasce a
Neully-sur-Seine nel 1900 e muore a Omomille- La Petite nel 1977.
[2] Jacques Prévert da "Paroles", Le point du jour, NRF,
Gallimard 1949; di. trad. di M.G. Bruni.
www.youtube.com/watch?v=puxdDuKY6ag
[3] René Char nasce a L’Isle-sur-Sorgue nel 1907 e muore a
Parigi nel 1988. Ha combattuto nella Resistenza.
[4] Da "Le nu perdu" 1964/70,
Gallimard, 1971. Trad di M.G. Bruni. Le
Baronnies: suggestiva località della Drôme Provençale,
profumata di tiglio e di lavanda con il Mont Ventoux come orizzonte.
[5] Allusione al pittore olandese
Vincent Van Gogh.
[6] Allusione all’espressione usata
da Jaufré Rudel, trovatore provenzale medievale, per indicare il suo amore
maghrebino.
[7] Il musicista che compose molte
note per accompagnare i testi di Darwish
[8] da "Il letto della
straniera". Epoché ed., 2009
[9] Anna Achmatova, da "La canna"-1934/40. Trad. di
Raissa Naldi- Nuova Accademia ed. 1962.
[10] Dalla prefazione all'antologia a
cura di Caterina Ricciardi, “Poesia canadese del ‘900”, Liguori, 1986
[11] Sechelt ( parola che indica paese tra due acque. Una leggenda indiana
racconta che gli dei creatori vi erano stati inviati dal Divino Spirito per
formare il mondo.) nel Sunshine Coast, British Columbia, Canada.
[12] di Dorothy Livesay da "Two
seasons"1968, in Collected poems
1972, in “Parole sull’acqua” a cura di Caterina Ricciardi e Liana Nissim, Empirìa ed., 1996 .
[13] Dorothy Livesay nasce a Winnipeg,
Manitoba, Canada nel 1909 e muore a Victoria, Canada, nel 1996
[14] Cfr Marcia Theophilo, "Amazzonia, respiro del
mondo", Passigli ed., 2005
[15] Marcia Theophilo nasce a
Fortaleza, nell’Acre, Brasile, nel 1941.
[16] come Mario Luzi lo ha definito,
cfr prefazione di Franco Loi a “Amazzonia, respiro del mondo”, op.cit.
[17] Marcia Theophilo ha scritto i
testi di questa raccolta direttamente in italiano.
[18]
Munguba: maestoso albero che cresce in Brasile, dai fiori spettacolari.
[20]
Marcia Theophilo,Munguba,da "Amazzonia, respiro del
mondo", op.cit.
[21] Rafael Alberti nasce a Puerto
Santa Maria, Spagna, nel 1902 e muore a
Cadice nel 1999.
[22] da "L'alba
della violacciocca" di Rafael Alberti (1927), in “Rafael Alberti” a cura
di Ignazio Delogu, La Nuova Italia,
Firenze, 1972, collana “Il
Castoro”, mensile diretto da Franco Mollia.
[23] Pseudonimo di Eugène,Émile, Paul
Grindel;Paul Eluard nasce a Saint Dénis nel 1895 e muore a Boulogne –sur-Mer nel 1952.
[24] Da "A’ toute épreuve" ( 1930), in “Oeuvres Complètes”, Coll.La Pléiade,
Gallimard, Paris 1968; trad. di
M.G.Bruni.
[25] Octavio Paz, poeta, saggista e
diplomatico, nasce a Città del Messico nel 1914 e muore a Città del Messico nel
1998. Gli viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1990.
[26]
Da "La libertà sulla parola" , Guanda, Parma, 1965.
[27] Paul Eluard, da “Seconde Nature IX”, in “L’Amour la poésie”, (1929), “Oeuvres Complètes”, op.cit.; trad
M.G.Bruni
[28] Rabindranath Tagore nasce a
Calcutta nel 1861 e muore nel 1941 a Santiniketan nella scuola da lui fondata.
Gli è stato conferito nel 1913 il Nobel per la Letteratura.
[29] Il suffisso –gi si attribuisce in
hindi in segno di rispetto ai nomi delle persone.
[30] Strumento a corde tradizionale
della musica indiana
[31] di Rabindranath Tagore da
"Il giardiniere" - Carabba ed.
1915.
[32] Abito tradizionale delle donne
indiane di religione indù. Se di religione islamica alla tunica si sostituisce
una lunga camicia sopra i pantaloni.
[34] R. Tagore - da
Il Giardiniere, op.cit.
[35] Erba profumata in uso in tutto
l’Oriente e in Africa. Ridotta in polvere, ha effetti curativi della pelle con
impacchi. In alcune aree geografiche è usata anche per decorare la pelle con il
suo effetto di tintura.
Sono in preparazione e sarà prossimamente pubblicata nel blogger gabysouk oppure in bazar
RispondiEliminauna serie di post per un viaggio all'interno del mito da oriente a occidente.Spero che i miei amici lettori trovino interessante questa nuova lettura!