Il Sahara nei pressi di Douz. |
Antica Carovana |
La tradizionale preparazione del couscous |
“Non entrare se nei granelli di sabbia non sai intravedere il maestoso rincorrersi delle dune negli spazi infiniti del deserto futuro...”
Fine anni ’60,Djerba,Tunisia. Un ristorante sulla spiaggia di un club-vacanze. I tavoli sono per otto persone,per favorire la socializzazione degli ospiti che ,seduti,poggiano i piedi nella sabbia morbida come i camerieri che affondano fino al polpaccio e avanzano con qualche difficoltà. Tutto,in compenso ,è lindo e ordinato,perché la sabbia ingoia rapidamente qualsiasi rifiuto.
Ad un tavolo al limite del riquadro,con piena vista mare, due ragazze italiane dall’aria perbene e molto smarrita ascoltano attente e incantate il racconto nostalgico e magico di un’anziana coppia bretone che siede loro di fronte. Con voce bassa,impastata a tratti dall’emozione del ricordo, i due coniugi si alternano nel rievocare le suggestioni di una traversata nel deserto realizzata qualche anno prima . Raccontano l’incanto degli orizzonti infiniti,il rincorrersi delle dune a perdita d’occhio,la fatica del procedere soli nel silenzio assoluto con il sole a picco inesorabile. E ,all’improvviso,l’incredula percezione dell’ammaliante rumore di una cascatella d’acqua. Certo si tratta di un miraggio. Ma ,incredibilmente ,basta da solo a spegnere l’arsura. Il cinguettio di un uccellino rende più palpabile il miraggio ed annuncia l’apparizione ormai certa dell’oasi con l’ombra delle sue palme,la canzone allegra di un ruscelletto dove sguazzano torme di ragazzini vocianti,e la promessa di dimenticata frescura...
Ci vorranno giorni
perché abbiano una reazione adeguata manifesta. E un aiuto importante sarà
quello offerto da un gruppo di ragazzi
francesi diventati presto loro amici,che si affannano per i preparativi dell’organizzazione di una carovana con le
loro macchine da attrezzare per la traversata del deserto. I racconti
fantastici si intrecciano con i comportamenti ed i gesti molto concreti di
quell’iniziativa straordinaria. Le ragazze sono catturate dall’idea della speciale avventura,ma ancora
troppo prudenti per imbarcarsi col
gruppo dei nuovi arrivati. Sarà necessario
aspettare il loro festoso ritorno,ascoltare le cronache minuziose delle
loro eccezionali giornate per arrivare alla grande decisione. E’ lo stesso
villaggio che organizza una Saharienne per i suoi ospiti in jeep con
tanto di autista,meccanico e guida. La risoluzione finalmente presa, non resta
che pazientare qualche giorno finché arriva quello della partenza. La mattina
presto il primo rituale estraniante tra il pratico e il folcloristico:la vestizione. E invece di sottolineare il
ridicolo e ironizzare, come è di solito
nella loro natura ,sulla trasformazione operata all’aspetto del gruppo -da
tutti quegli shesh e djellaba
dai colori improbabili,che serviranno pure a proteggerli dal sole,ma sono
davvero ridicoli - Veronica e Lisa prendono tutto molto sul serio e si sorprendono a precorrere emozioni
sconosciute proprio col sostegno
di quei banali segni esteriori.
Questo
duplice piano dell’emozione e dell’ironia
tornerà poi per caratterizzare tutto il percorso. A cominciare dai
compagni di viaggio. Persone che a casa
loro saranno state pure normali ,ma che, nella jeep alla quale sono state
assegnate Veronica e Lisa ,sembrano
appartenere di diritto alla dimensione dell’assurdo. Una coppia sarda in
viaggio di nozze che per tutto il viaggio ,senza dire una parola,non si lascerà
però sfuggire neppure una foto ad ogni pompa di benzina incontrata;una coppia
milanese di più maturi innamorati che
,invece ,anche se non sembrano conoscere altre parole che “amore mio”
e “tesoruccio” ,ne riempiranno
impietosamente l’aria,a tutte le ore. C’è poi anche “una stangona di ragazza in fiore”
nordica,splendidamente fasciata in una sorta di salopette nera ampiamente
scollata e senza maniche, che sottolinea in modo abbagliante la sua vellutata
pelle alabastrina e i suoi setosi lunghi capelli biondo grano , che rifiuta in
modo categorico di sostituire con gli
indumenti pittoreschi che il resto della carovana ha accettato con
curiosità di vestire. E’ la sola che difende rigidamente il suo “stile” di
modella di successo .Resterà silenziosa e solitaria per tutto il viaggio forse
per motivi di lingua o più probabilmente per la dolorosa scoperta del costo alto che per il rifiuto del ridicolo
le tocca pagare: un vero massacro
.Resterà ,infatti ,fin dalla prima sosta,
troppo abbattuta dallo stato in cui il sole sahariano ha ridotto il suo
corpo , che all’inizio tutti avevamo ammirato come qualcosa di
straordinariamente seducente:una distesa di piaghe prima rosso vivo,poi
sanguinolente e infine purulente che volgono al giallo e al marroncino e che
dal volto all’abbondante decolleté ,alle braccia fino alle mani che non risparmia,a suo dire,neanche le parti
coperte. E, infine ,soprattutto,tre belgi fantastici,che si assumeranno, per
loro propria iniziativa ,il compito di guardie del corpo delle due giovani
italiane. Uno di loro,il più anziano,fedelissimo ai clichés più
consolidati della tradizione satirica legata agli ufficiali coinvolti nelle
imprese militari delle colonie. Distaccato,diffidente,alto e segaligno,che
riesce a mantenere rigide posture anche dentro la jeep,per centinaia di
chilometri. Il secondo,molto più giovane,che saltella e si muove come un
cucciolo,piccolo e tondo,dall’aria ingenua e dall’atteggiamento premuroso e socievole. E infine Krikri,il più
giovane,proprio belloccio,alto,slanciato ,con una cascata di riccioli biondi che
gli incorniciano il volto,riservato e all’apparenza, poco interessato a
intrecciare rapporti con gli altri.
Wilfried Goris a écrit:"La traduction marche.. formidable!!..
RispondiEliminaWilfried