5. VERSI DI CARNE E DESIDERIO
Non molto tempo dopo, e
dopo qualche altro veloce incontro di fine settimana, il Caso regala a Zoé, e a
Gordon, un’opportunità inaspettata che
potrebbe farli riunire di nuovo e a lungo, perché possano riscaldarsi in un vortice di carezze, tornare a
intrecciare i loro corpi in ardenti abbracci e gioire di nuovo della presenza appassionata l’uno dell’altra.
Gordie chéri,
mi manchi, questa lontananza mi fa impazzire.
Ma ho qualcosa di stupendo da proporti. Sono stata appena coinvolta in un’iniziativa
straordinaria e affascinante: mi hanno invitato a partecipare ad una crociera
di lettori. Qualche giorno a bordo di una nave che salperà da un porto italiano
per approdare a Barcellona, in occasione dei festeggiamenti di Sant Jordi[1], quando – così ho scoperto-
seguendo la tradizione catalana, gli uomini regalano alle donne una rosa
e in cambio ricevono un libro. Mi hanno chiesto un intervento, sponsorizzato
dalla mia casa editrice. Naturalmente ho già cominciato a prendere appunti e ti
invio, come al solito, il file appena abbozzato per avere i tuoi consigli.
Il tema non potrebbe essere più
seducente: ”Il desiderio del corpo”, naturalmente in poesia. Sì, hai capito
bene. A bordo, durante la traversata, avranno luogo una serie di eventi, in
ogni momento e in ogni angolo della nave … Non trovi che sia un’idea magnifica? E ora ascolta la mia di
idee e cerca di assecondarmi; ho la possibilità di fare invitare anche te! Che
ne dici di questa deliziosa opportunità
nella nave carica di libri, che ci sbarcherà in una città in festa, dove
il libro la fa ancora da protagonista? Già
mi sembra di sentire la tua voce pacata e calda che disserta sui poeti
caraibici... (conosco bene le tue
competenze sul meticciato delle Antille!)
Pensa: noi due, distesi al sole come lucertole di giorno, ad ascoltare buona musica sotto le stelle la
sera e … altro ancora! Non ti sembra
suggestivo? O mi trovi esageratamente romantica? Considera che a Barcellona potremo assistere
anche ad altre presentazioni, magari di poeti spagnoli. Sento già il profumo
della tua rosa. Coraggio allora! Getta
alle ortiche senza esitazione tutto
quello che avresti dovuto fare e rispondimi al più presto per aggiungere un altro tassello seducente al mosaico
che stiamo cercando di costruire insieme.
Che te ne pare?
A prestissimo.
Ti amo,
Z.
Ed ecco l’allegato di Zoé:
IL DESIDERIO DEL CORPO
Il
linguaggio poetico è da sempre particolarmente vocato all’espressione degli universi notturni, dell’inconscio,
del profondo con il suo codice
simbolico. La lirica sa esprimere
proprio quel momento prezioso
della sintesi tra immaginario e
simbolico che la figuralità della sua
espressione favorisce. Può così cogliere istanti di pulsioni e forze
interiori che sono vitali e palpitanti
all’interno di quel magma amorfo dove si annodano i fondamenti, le spinte di vita.
È perciò interessante andare a vedere alcuni esempi di espressione della
corporeità che si riferisce non soltanto
al materiale e al visibile, ma anche a
quell’insieme di fantasie, di simbolizzazioni che determinano l’identità, la
concettualizzazione e la consapevolezza del sé.
Se per secoli il desiderio si è espresso, in letteratura, nella
lontananza, nell’assenza, alimentandosi ad un tempo con il topos dell’inestinguibilità, fino a renderlo il cardine della tradizione
lirica, è davvero stimolante andare a
vedere quanto abbiamo conquistato la
libertà dall’autocensura e come la stiamo esercitando.
È cioè importante andare a
documentarci sui diversi risultati che hanno prodotto, a esempio, l’esodo e
l’esilio, che hanno trasformato il pianeta in un enorme contenitore dove le
pareti dei comparti-stagno si sono fatte più sottili permeabili; dove il punto di vista delle culture
dominanti può avere talora il contrappunto delle culture altre
minoritarie; dove, nell’arco del secolo, più generazioni si misurano, come
anche più generi; dove le sensibilità culturali
delle più lontane regioni del pianeta possono essere messe a confronto.
Il tutto riferito al corpo e alle emozioni
che sa suscitare secondo i molteplici, possibili punti di vista.
Da sempre infatti il corpo
dell'amato/a accende il fuoco del
desiderio, ma più raro è stato il suo canto. È stata una conquista graduale la
nostra e le modalità del sentire sono molto diversamente coniugate, nello spazio,
nel tempo e, solo recentemente, anche nei generi.
Sorprendono alcuni confronti tra poeti del Vecchio e del Nuovo Continente.
Dall'Europa germanofona all'America anglofona ritroviamo gli stessi stilemi per
cantare il corpo della donna con due titoli ai testi che, però, segnano
l'opposto punto di vista.
Un ritratto dai colori scurissimi, "Ritratto
di un'ombra" di Paul Celan[2] che, ripercorrendo analiticamente ogni elemento del corpo della sua donna, gli
affianca immagini segnate da forte aggressività, quando non corrosive e perfide:
I tuoi occhi, orma di
luce dei miei passi;
la tua fronte, solcata
dal lampo delle spade;
i tuoi sopraccigli, orlo
della rovina;
le tue ciglia, messi di lunghe
lettere;
i tuoi riccioli, corvi,
corvi, corvi;
le tue guance, stemma
del mattino;
le tue labbra, ospiti
tardivi;
le tue spalle, statua
dell'oblio;
i tuoi seni, amici delle
mie serpi;
le tue braccia, ontani
alla porta del castello;
le tue mani, tavole di
morti giuramenti;
i tuoi fianchi, pane e
speranza;
il tuo sesso, legge
dell'incendio boschivo;
le tue cosce, ali
nell'abisso;
i tuoi ginocchi,
maschere della tua boria;
i tuoi piedi, teatro
d'armi dei pensieri;
le tue piante, cripte di
fiamme;
la tua orma, occhio del
nostro addio.
Edward Estlin Cummings
(e.e.cummings)[4] nel suo "Cara" traccia anche lui la mappa del corpo
dell'amante con cura minuziosa, ma per esaltarne, invece, le virtù regali, dove
luce, colori, suoni, profumi riescono ad esprimere il meglio di sé. E, anche
quando i capelli o le spalle evocano in lui immagini guerriere, il senso
attribuito è quello del valore trionfante che hanno assunto ai suoi occhi:
cara[5]
cara
i tuoi capelli sono un
regno
dove sovrana è l'oscurità
la tua fronte è una fuga
di fiori
la tua testa è bosco
vivo
pieno di assonnati uccelli
i tuoi seni grappoli
d'api bionde
sul ramo del tuo corpo
il tuo corpo è per me
aprile
dalle sue ascelle giunge
primavera
le tue cosce pariglia di
bianchi cavalli a un cocchio
di re
sono il tocco d'un buon
menestrello,
e sempre vi risuona un
dolce canto
cara
il tuo capo è uno
scrigno
per la fresca gemma
della mente
i capelli sul capo sono
un guerriero
ignaro della sconfitta
i capelli sulle spalle un'armata
di vittorie e di trombe
le tue gambe sono alberi
di sogno
i suoi frutti vero
mangiare d'oblio
le tue labbra satrapi
scarlatti
nei cui baci combaciano
i re
i tuoi polsi
sono santi
custodi del tuo sangue
i tuoi piedi sulle
caviglie fiori in vasi
d'argento
nella tua bellezza
oscillano i flauti
i tuoi occhi tradiscono
campane intese fra
incenso
Due seduzioni ritmiche martellanti
quasi a dire la propria diversa
ossessione, quasi sovrapponibili, come a lanciare, però, due opposti messaggi:
quello cupo e irridente della voce del Vecchio Continente contro quello solare,
caldo ed esaltante di quella del nuovo mondo.
Di notte sulla
raggiante Rialto,[8]
vicino alle stelle,
nelle loro case di vetro,
vagai con l’anima in
tasca
pregando che quel
momento non finisse mai.
Ho visto il mio cuore,
il mio spirito, il mio pudore
prostrarsi ai piedi
della Bellezza.
Quelle sembianze!
Quante volte mi avevano allettato,
e quante volte sono
caduto nell’inganno!
E quante migliaia e migliaia di volte
ho camminato all’ombra
di una Layla!
Ma l’estasi e la
beatitudine della visione
finivano sempre in una
frustrazione profonda.
Ho colto ogni invito
sussurrato dalle pieghe
del suo abito, ma non osavo.
Ho visto ogni mia
fantasia
indietreggiare dinanzi
al nero dei suoi capelli.
Ho desiderato che ogni edificio intorno a noi
fosse un cedro, un
pioppo, un pino,
che gli uomini e le
donne fossero statue
e la pioggia che cadeva
fosse vino.
Che le luci fossero
fiori eterei
E le automobili fossero
rifugi nel bosco …
“Oh, basta così!”
esclamò lei e mi diede un bacio.
“questa soffitta e
questo letto vanno benissimo”.
Il Mediterraneo e l’Atlantico
confluiscono nella sensibilità che ispira questo poeta, arabo che vive a New
York, a rappresentare la dimensione della memoria e quella del presente. La
prima ottava racchiude il sortilegio del paesaggio metropolitano,
architettonico e umano, così affascinante da intimidire, ma che si rivela
presto ingannevole. Come nel linguaggio
filmico, dall’inquadratura panoramica si passa all’inquadratura più ravvicinata
per ribadire gli allettamenti e l’ammiccare delle Belle e dei loro abiti che
svolazzano leggeri e capricciosi, con l’inevitabile delusione per le fantasie
irrealizzate, nella seconda strofaInfine, quasi a sottolineare il disagio dello
spaesamento, l’evocazione del paesaggio familiare libanese con le sue foreste
di cedri, di pioppi e di pini e, in conclusione, il colpo d’ali di lei che lo accompagna, che
tronca le sue esitazioni per liberarlo con un bacio, completamente a suo agio,
anche in quella squallida soffitta, perché quel
che conta è che lui sia lì.
Altro orizzonte si apre se esploriamo
il corpo femminile attraverso la voce cilena di Pablo Neruda[9] ne :
Vedi queste mani? Han misurato
la terra, han separato
i minerali e i cereali
han fatto la pace e la
guerra,
hanno abbattuto le
distanze,
di tutti i mari, di
tutti i fiumi,
e tuttavia
quando percorrono
te, piccola,
grano di frumento, allodola,
non riescono a
comprenderti,
si stancano raggiungendo
le colombe gemelle
che riposano o volano
sul tuo petto
percorrono le distanze
delle tue gambe
si avvolgono alla luce
della tua cintura.
Per me sei un tesoro più
colmo
d'immensità che non il mare
e i grappoli,
e sei bianca e azzurra e
vasta come
la terra della vendemmia
.
In questo territorio,
dai tuoi piedi alla tua
fronte
camminando, camminando,
camminando,
passerò la mia vita.
E le ombre s'aprirono
nuovamente e mostrarono un corpo:
i tuoi capelli, autunno
denso, caduta d'acqua solare,
la tua bocca e la bianca
disciplina dei tuoi denti cannibali, prigionieri in fiamma,
la tua pelle di pane
appena dorato, gli occhi di zucchero bruciato,
luoghi dove il tempo non
passa,
valli che solo le mie
labbra conoscono,
passaggio della luna che
ascende alla tua gola tra i tuoi seni,
cascata pietrificata
della nuca,
alta pianura del tuo
ventre,
spiaggia senza fine del
tuo costato
i tuoi occhi sono gli
occhi fieri della tigre
e un minuto dopo sono
gli occhi umidi del cane
ci sono sempre api nei
tuoi capelli
la tua schiena fluisce
tranquilla sotto i miei occhi
come la schiena del
fiume alla luce dell'incendio.
Alta pianura del tuo ventre,
spiaggia senza fine del
tuo costato
i tuoi occhi sono gli
occhi fieri della tigre
e un minuto dopo sono
gli occhi umidi del cane
ci sono sempre api nei
tuoi capelli
la tua schiena fluisce
tranquilla sotto i miei occhi
come la schiena del
fiume alla luce dell'incendio.
Acque addormentate
battono giorno e notte la tua cintura d'argilla
e sulle tue coste,
immense come gli arenili della luna,
il vento soffia per la
mia bocca e il suo lungo lamento copre con due ali grigie
la notte dei corpi
come l'ombra dell'aquila
la solitudine dell'altopiano deserto.
Le unghie delle dita dei
tuoi piedi son fatte del cristallo dell'estate.
Tra le tue gambe c'è una
pozza d'acqua addormentata,
baia dove il mare di
notte s'acquieta, nero cavallo di schiuma,
grotta a piede della
montagna che nasconde un tesoro,
bocca del forno dove si
fabbricano ostie,
sorridenti labbra
socchiuse ed atroci,
unione della luce e
dell'ombra, del visibile e dell'invisibile
(lì attende la carne la
sua resurrezione e il giorno della vita perdurabile)
Patria di sangue, unica
terra che conosco e mi conosce,
unica patria in cui
credo, unica porta sull'infinito.
La versificazione è più variata da interrogativi, ha un respiro più aperto, da voce latina, per riprendere con più gusto e vigore lo slancio e l'esaltazione successivi. La natura tutta partecipa all'adorazione dei corpi femminili. Se in Octavio Paz il corpo dell'amata ha la forza di squarciare le tenebre ed i suoi occhi sono luoghi dove il tempo non passa e "nella bocca del forno dove si fabbricano ostie" c'è il segno dell'eternità, le mani di Pablo Neruda che hanno abbattuto le distanze di tutti i mari, quando percorrono il corpo di lei, accusano momenti di affaticamento tanto infinito è "il territorio dai tuoi piedi alla tua fronte" che "camminando, camminando e camminando,/passerò la mia vita."
O ancora la voce di Joaquìn Pasos[13]
dal Nicaragua che unisce l’immagine sensuale e possente delle giovani indie,
che sfidano il vento opponendogli i loro seni denudati, a quelle di una natura
selvaggia e bellissima
Tormenta[14]
Il nostro
vento furioso grida attraverso palme giganti
Sordi
bramiti scendono dal cielo incendiato da lingue di leopardi
Il
nostro vento furioso cade dall’alto.
Il colpo
del suo corpo scuote le radici dei grandi alberi
Escono dal suolo gli scarabei
I
serpenti maschi.
Il
nostro vento furioso continua il cammino bagnato
È il
succo oscuro della sera che bevono i tori selvaggi
Imperversa
sui campi.
Gli
uomini odono in silenzio i gemiti del
vento
Con
l’anima spezzata,il corpo levato
I piedi
e la faccia di fango.
Le indie
giovani vanno nel cortile,lacerano le loro camicie
Offrono al vento i loro seni nudi, che esso aguzza
come vulcani.
Nella poesia di Joaquìn Pasos scopriamo ancora una volta la fantastica capacità di fondere le esperienze delle avanguardie -con la soppressione di nessi grammaticali, caotiche enumerazioni e invenzioni di immagini molto forti e originali, che ben rappresentano il vigore della sua terra –e un certo gusto degli artifici che ricordano quasi la retorica barocca.
Ancora più fantasioso e
variato è il punto di vista delle voci mediterranee sul
corpo amato; con brevi
cambiamenti sintattici, ad offrire necessarie rotture per non cadere nell'ovvio.Prendiamo
ad esempio Jacques Prévert, Nazim Hikmet
e Konstantinos Kavafis. Che dire della poesia di Jacques Prévert[15] che ci dipinge il quadro, dopo una notte
scatenata d'amore?
E i bicchieri erano
vuoti
la bottiglia in frantumi
il letto tutto aperto
e la porta chiusa
e tutte le stelle di
vetro
della felicità e della
bellezza
luccicavano nella
polvere
della stanza spazzata
male
Io ero ubriaco morto
e un falò di gioia
e tu ubriaca viva
tutta nuda fra le mie
braccia.
Una situazione un po' bohème,
dove la camera sporca, il letto in disordine, le schegge di bottiglia sul pavimento sono la cornice
perfetta per far rifulgere "le
stelle di vetro della felicità e della bellezza," dell'appagamento del
desiderio e dell'ebbrezza conquistata. E ancora una volta una sottolineatura
realistica in omaggio al gentil sesso da parte del poeta amico : l'ebbrezza
rende lui privo di forze, mentre in lei genera rinnovata vitalità.
A Nazim Hikmet[17] batte forte il cuore per la nudità del corpo
della sua lei, che le sue braccia accolgono; i suoi capelli sono capaci di
riverberare in lui l'intero spazio urbano e il tempo misterioso del vespro;
riesce a contenere tutto lo spazio e
tutto il tempo che contano, e la forza identificatrice dell'amore trasmette
anche al poeta le dimensioni dell'infinito e dell'eterno.
Nelle mie braccia
tutta nuda[18]
la città la sera e tu
il chiarore l'odore dei
tuoi capelli
si riflettono sul mio
viso.
Di chi è questo cuore
che batte
più forte delle voci e
dell'ansito?
È tuo è della città è
della notte
o forse è il mio cuore
che batte forte?
Dove finisce la notte
dove comincia la città?
Dove finisce la città
dove cominci tu?
Dove comincio e finisco
io stesso?
L'emozione inquieta di Konstantinos Kavafis[19], infine, sembra voluttuosa ed estetica ad un tempo. È l'apparizione della bellezza che abbaglia la vista, la sua poesia. Una bellezza che cattura per le linee del corpo, per il colore pieno delle labbra, per i capelli statuari, anche quando ricadono in disordine sulla candida fronte. Un'emozione d'amore cantata nei suoi versi, ma anche nelle sue notti di gioventù enigmaticamente inconfessate.
Linee del corpo. Rosse
labbra. Corpo voluttuoso.
Capelli come
presi da statua
greca:
sempre belli, anche
spettinati,
che ricadono appena
sulla candida fronte.
Visi dell'amore, come li
voleva
il mio verso...nelle
notti della mia giovinezza,
nelle mie notti,
nascostamente incontrati...
*** NOTA PER GORDON
A questo punto devo
trovare una invenzione per uno scatto che renda dinamico e lieve il mio
intervento. Non voglio infatti rinunciare ai materiali che seguono perché sono, credo,
molto interessanti; te li mando ugualmente, anche se ancora non ho
trovato l’idea per proporli nel modo più efficace: nella stessa circostanza o in una diversa
collocazione? Tu hai qualche suggerimento da darmi?
Io, per ora, dispongo del
filo conduttore forte che li tiene insieme e che è quello del desiderio
ossessivo, stavolta circoscritto a una
parte ben definita del corpo. Ci sono infine due testi per uno straordinario
confronto di stilemi e di ritmi che rappresentano in modo sorprendente quando
c’è assenza d’amore, indifferenza,
brutale violenza … HELP!! J
Ecco allora la schiera dei poeti che, per un momento almeno, si fanno
feticisti e affidano in particolare a un solo chicco del rosario corporeo la
leva del desiderio. Ogni grano
col suo colore e sapore, ogni poeta con la sua ossessione esaltante, con la
sua monomania delirante da sublimare nel
verso per formare – tutti insieme - una collana bizzarra che sta a ben
rappresentare la follia dell'amore. Variegata e curiosa, spettacolare e
coinvolgente come la tavolozza del pittore più fauve[21].
Una tavolozza che va dal rosso audace
della bocca succosa e sapida come il mango maturo di Gina Valdès[22] che in
"Mangiando fuoco" è combattuta
fra il desiderio fertile del cuore di lui, che l'attanaglia con la sua lingua e
il suo respiro di nuvole, arricchendo la sua ispirazione, e l'urgenza di libertà che la preme e le fa
implorare il distacco per il bisogno d'impegno che urge verso chi non ha pane
...
Con la tua bocca
audace
tu fai all'amore
con la mia bocca il
sapore è
migliore di quel
mango,
quello saturo di succo
che lentamente
assaporai un giorno
finché non ci fu più
nemmeno una fibra
gialla
nel bianco guscio.
Non fermarti,
lascia che il sole mi
esploda
in silenzio nella
bocca
che è il modo in cui amo vivere,
mangiando fuoco,
ascoltandoti
il polso, i sogni
il cuore dentro la mia
bocca.
Non fermarti,
voglio che il tuo
bacio duri
una poesia, uno
sguardo di civetta.
[…]
Non so da dove giunga
un sospiro, non so se
è
mio o tuo, o di
qualche
donna che muore o di
un bimbo appena nato.
Non sospiro nella tua
bocca
assorbo il tuo respiro
di nuvole.
Amo quello che mi dice
la tua lingua:
il tuo cuore nella mia
bocca mi fa
sentire quello per cui
scrivo, per cui
lotto, per quello che
m'indigna quando manca.
Non fermarti,
dammi quello che tu
senti quando
apri gli occhi
all'alba,
che ti fa saltar giù
dal
letto verso il sole.
Non voglio
che ti fermi, sono
intrappolata
nell'audacia della tua
bocca.
Ma lasciami libera,
lasciami andare, dammi
il tuo respiro e
lascia che m'allontani.
Voglio avvicinarmi ad
altri fuochi.
Ho necessità di
scrivere, di scrivere
d'amore, di mani come
petali,
di ponti, di porte. Ho
bisogno
di scrivere di amore
appassionato:
l'amore del pane,
riso, mais
sulla tavola di
ognuno.
... Alla pelle scura di
"Moreno" che attrae Gina Valdès per il suo profumo
di foresta e di mare o a quella che affascina Seifert[24] perché ha il puro candore
del bucaneve. Ma anche a quella del giovane principe che la giovinetta
dell’hain teny malgascio evoca con fremiti di desiderio per il suo
indimenticabile profumo: quasi che, dal Centroamerica di Gina
Valdès all’Africa malgascia, l’incantamento femminile resti
costantemente lo stesso…
di foresta e di mare o a quella che affascina Seifert[24] perché ha il puro candore
del bucaneve. Ma anche a quella del giovane principe che la giovinetta
dell’hain teny malgascio evoca con fremiti di desiderio per il suo
indimenticabile profumo: quasi che, dal Centroamerica di Gina
Valdès all’Africa malgascia, l’incantamento femminile resti
costantemente lo stesso…
Tu sei come una
foresta
umida, frondosa e
verde
nei tuoi rami nei tuoi
fiumi
vorrei tanto
scomparire!
Il tuo corpo, la tua
pelle scura
hanno profumo di
foresta
quando mi smarrirò nei
tuoi torrenti
senza che io ti chiuda
per lasciartinon so se poi ritornerò.
La luna piena, la luna
la pelle la sabbia
ardente,
cresce la marea cresce
si schiantano i
cavalloni.
Sopra c'è la luna
piena
sotto il mare che
ribolle
tu col ritmo della
luna
odoroso come il mare.
Al ritmo della marea che sale
mi accarezzi sulla
sabbia,
mi sollevi sopra
un'onda
a raggiungere le
stelle.
La tua pelle ha il
candore dei bucaneve
ma la bocca ha il
profumo di rosa.
Son le monotone parole
d'amore,
a che cosa mi servono
adesso
che aspetto la tua
risposta
e confuso mi affanno
in quest'attesa?
La tua pelle ha il
candore dei bucaneve
ma la bocca ha il
profumo di rosa.
Solo non deludermi
alla fine,
e la paura che ti
chiude gli occhi
sparisca presto, ti
prego,
come la neve di un anno
fa.
La tua pelle ha il
candore dei bucaneve
ma la bocca ha il
profumo di rosa.
Hain teny[27]
Parlare a colui –che
–riceve –belle -acclamazioni,
Il giovane
Principe,all’est di Namehana.
Se lo chiamo,temo che
la gente non senta,
Se mi alzo,temo che
non mi veda.
Aspetto:ditegli il mio rimpianto.
La pelle di colui che
amo è profumata.
Parlate a Chi -riceve
–le- lodi ,
Quel giovane
principe,all’est di Namehana .
Se lo chiamo la
gente,mi sentirà,
Se mi alzo,mi vedrà.
Non mi muovo:ditegli
il mio desiderio.
La pelle dell’amato ha
un buon odore.
***ALTRA NOTA PER GORDON.
Con Rabindranath Tagore ci siamo
già imbattuti in una parte del corpo che, a sorpresa, emana sensualità e
spiritualità a un tempo: i piedi dell'amata, che nudi e fragili lo calamitano
in più di un canto. ( Tu, poi, non puoi
certo averlo dimenticato... J)
Eccotene un altro esempio con effetto estatico, nient’affatto
ossessivo:
Vedendo i tuoi piedi
nudi e fragili
penso che i fiori siano le orme
dei passi dell'estate.
I tuoi tracciano leggermente sulla sabbia
la storia delle loro avventure,
una storia che, passando, la brezza cancella.
Vieni, fai scivolare sul mio cuore
questi teneri piedi!
Lascia un'impronta
duratura sulla via
del paese dei miei sogni.
C'è poi la smania maschia e sofferta del
soldato Hemingway[29] per una caviglia di cui vorrebbe condividere i
segreti per dare un senso alla breve licenza in quel di Schio, prima di
ripiombare nell'inferno della prima linea. Intanto si stordisce con una
bottiglia insieme con i suoi commilitoni.
C'erano Ike e Tony
e Jaque e il sottoscritto[30]
che giravano per il
centro di Schio.
Tre giorni di licenza
e ti senti un gran dritto.
Sbronzi duri, ma
l'occhio aperto e fitto
Si guardavan com'eran fatte, loro e io.
Solo com'eran fatte,
santo dio.
Perché la faccia non
interessa, quando hai solo tre giorni di licenza
né a Ike né a Tony né
a Jaque né al sottoscritto.
La faccia è gratis, la
guardi, ne hai diritto,
ma una caviglia ti
costa sofferenza
perché la caviglia è
un segno.
Buono è il cognac
anche se Martel non è,
la caviglia ha segreti
che tiene per sé.
Certe volte li serba o
li scambia con te.
Fra tre giorni saremo
di nuovo all'inferno, ecco perché
non ce ne importa un
fico se anche lei Martel non è.
Diverso, ma attraente e ugualmente
interessante, è lo sguardo al femminile,
che sia quello fisico e terragno della
poetessa contadina occitana Marcella Delpastre[31]
come quello metafisico di Yvonne Caroutch, che sia il canto di un corpo di donna o di maschio.
Donna in fiore[32]
Donna in fiore come un
grande castagno che spande i suoi profumi possenti
tu ti ergi sulla
campagna, fiammeggi di buoni odori,
prendi il sole e la pioggia sui tuoi rami carichi di
frutti.
Sei in piedi sulla
collina,i l blu dello spazio e il vento grondano
su di te dalla
bocca ai talloni.
Le messi crescono
sulle tue braccia, il biondo rotondo dei
seni gonfia il tempo dei raccolti
maturi,
e nel tuo seno già la
notte profonda fermenta; già
il grande mare avvolge
su di te la curva delle sue onde.
Il linguaggio della poetessa
etnologa del Midi della Francia identifica i seni della sua donna in fiore con
il vigore della terra per esaltarne la provvida fertilità che la fa uguale agli
altri elementi della natura. Anche qui, come in Tagore , le onde del mare, con un rotondo abbraccio, le
tributano il loro omaggio appassionato. Una straordinaria comunione donna
/natura, che dichiara anche Francesca Yvonne Caroutch[33] .
Nei suoi
testi il linguaggio è ugualmente ricco di immagini forti, sensuali,
appassionate, ma non ha più la semplicità solare e generosa di Marcelle
Delpastre, anzi, a tratti, si fa
drammatico, aggressivo e febbrile quasi
a meglio esprimere l’urgenza del desiderio:
Tu mio sosia
nell’arte d’amare[34]
L’indecenza di
contemplare il tuo sonno
Sotto i resinosi
inebetiti di felicità
Tu mi avvolgi come un
velo di calore
Voluttà dell’assenza
straziante
Febbre d’incontro
Negli aromi della
passione
Divorarci l’un l’altro
Come quarti di luna
Sotto il grande artificiere in trance
***
Desiderio cieco che
cozza nelle tenebre
Desiderio cieco che urta nelle tenebre
Depositi del destino
oscuro
Che voga verso gli
spazi sempre più vergini dei cieli
I fichi cantano
Malgrado lo scorpione
nel cuore
Tutti gli uomini amati
non ne fanno che uno
Nell’etere che brucia
Non resta che una
bocca
che è in comunione con
i frutti sacri della terra
Che urla all’interno
che tace
che bacia l’impronta
dei tuoi passi sulla sabbia
o che costruisce quell’alone romantico di donna orientale dal ”sangue nomade e ribelle”
della poetessa bulgara Elisaveta
Bagryana [35] con la
sua:
La discendente[36]
Non ho né ritratti
d’antenati,
né libro di famiglia,
né i loro volti,la
loro anima,la loro vita.
Ma sento pulsare in me
l’antico sangue
nomade,ribelle;
corrucciato,è lui che
mi sveglia la notte,
lui che mi conduce al
peccato originale.
Forse la mia antenata
dagli occhi di jais
una notte nera è
riuscita a fuggire
con qualche
straniero,superbo khan.
Forse gli zoccoli del
cavallo hanno risuonato
nelle pianure del
Danubio
e li ha salvati dal
pugnale
il vento che cancella
le loro tracce.
Forse è per questo che
io amo
le distese che lo
sguardo non può vedere,
la corsa di un
cavallo,sotto la frusta che schiocca,
una voce libera che il
vento fa muovere.
Forse sono peccatrice
e codarda
forse mi spezzerò a
metà cammino...
Non sono che la tua
figlia fedele,o terra
madre che mi hai dato
in eredità il tuo sangue.
o che si esprime infine con quello
popolare della sfida ribelle e sicura di sé nel canto delle donne d’ Algeri; una
testimonianza -importante per un paese dove la condizione delle donne non è
certo delle migliori- di Mohammed Kacini
El Hassani[38]:
La mela non voglio mangiare[39]
il suo rosso prenderò per le guance.
Un vecchio non voglio sposare,
lo getterò in fondo al mare.
Al suo posto prenderò un giovanetto,
con lui giocherò nel cuore del letto.
E in una sorta di parossistico climax si
approda a un erotismo quasi metafisico,
moltomediorientale; l'ombelico del Desiderio di Adonis[40]
appare al grande poeta come un'ammaliante ninfea che schiude i suoi petali in
un lago; egli ci si smarrisce, attratto come il vento che si perde nei suoi
antri e finisce per cantare in suo nome, cancellando le strade.
che su un lago di
fiori distende i suoi petali
in cui si aggirano le
mie viscere e la mia fantasia
ne indosso il roseo
corpo, congiunto
ad ogni luce, come se indossassi
l'orizzonte.
Quello è il suo ombelico? Precipito, mi
perdo
come si perde il vento, mi attraggono i
suoi antri
mi chino e canto in suo nome scendendo
al fondo e in suo nome cancello le strade
Si culmina col sofisticato ed
elegante "sederino di porcellana" della ragazza nordamericana di
Claudio Bertoni[42], come in sogno sedotto dal suo dimenarsi
sculettando tra le sue primordiali, sane
mani latino-americane,che, al momento dell’ineluttabile addio, trasforma
in un molto fisico culo da leccare,manifestando tutto il suo rabbioso rimpianto per quel che
avrebbe potuto essere e non è stato, sfuggito, semplicemente per essersi
limitato - da non credersi! - a baciarle le mani, per fare il compìto, per
mostrarsi un latinoamericano all'altezza... Un attacco feroce e sarcastico alle
gerarchie culturali travestite di perbenismo ipocrita e sterile di autentici
rapporti. Un risvolto amaro della colonizzazione culturale patita da tutta
l’America Latina.
o
qui a Denver non
abbiamo il mare
appena
la
vidi
le
chiesi
se
era
Nordamericana
per-
ché
il nostro
amore
fosse
fiorito
avresti dovuto
essere
stata
Scandinava
avremmo
avuto
più
tempo
e non una sola
notte
e una sola
visita
a un
museo
dove ci
piacquero
gli
stessi
bicchieri
di
birra
facemmo
errori
come quello di non
ballare nudi
quella
notte
del
"homecoming"
ci mancava
quella
qualità
di
razzo spaziale
che ci portasse
fuori
dalla
realtà
quella
notte
in cui ti conobbero
i miei
genitori nordamericani
avresti dovuto
ridere
impudicamente
dondolando
il tuo
sederino
di porcellana
tra le mie mani
latinoamericane
piene di
tesori vergini
e
sudori oscuri
avremmo dovuto
sciogliere
il
ghiaccio
con il nostro
solo
calore
invece
di
baciarti
la
mano
avrei
dovuto
leccare
il tuo
culo disperato
di
non
vederti
mai
più
mai
più
di
non
vederti
più
di
non
vederti
Se il corpo fa accendere il
desiderio e cantare l’estasi, la sua gestualità è anche una forma di
comunicazione molto immediata, espressiva. Ed è sorprendente ritrovare stilemi
straordinariamente simmetrici in regioni diverse del mondo per dire
l'indifferenza subentrata all'amore o addirittura la violenza che tout
court lo sostituisce.
Gestualità lapidarie, diversamente misogine.
Quella alienata di cui si
serve Prévert per rappresentare con
pochi tratti incisivi l'interno urbano parigino, dove si consuma il dramma
della solitudine della donna di fronte a un compagno che l'indifferenza ha trasformato
in un automa, in un manichino dalle sembianze umane.
Quella estrema che si produce nell'interno algerino, dove
Youcef Sebti[44] ripercorre l'anafora martellante di Prévert per
denunciare in modo inequivocabile la violenza demente della notte nuziale
brutale. L'effetto è di produrre sbalordita indignazione nel lettore, anche per
l'eco dei versi prévertiani, che accresce la sua reazione rabbiosa, quando deve
constatare che in Europa come in Africa, sia pure con moneta molto diversa, a
pagare, nelle difficoltà della coppia, è sempre e comunque la donna.
Bersaglio colpito...per il talento dei due poeti.
Ha messo il caffè
Nella tazza
Ha messo il latte Ha messo la chiave
Nella tazza di
caffè
Nella serratura
Ha messo lo
zucchero Ha bussato con
violenza
Nel caffelatte
Ha spinto la porta
Col cucchiaino Con violenza
Ha girato È entrato
Ha bevuto il
caffelatte Ha
camminato
Ha riposato la
tazza
Ha sollevato il velo
Senza parlarmi
Mi ha rialzato la testa
Ha acceso
Mi ha ghignato sul naso
Una sigaretta Mi ha
spogliata
Ha fatto i cerchi
Si è spogliato
Col fumo
Non mi ha detto niente
Ha messo la cenere
Ha rotto uno specchio
Nel portacenere
Ha fatto tutto
Senza parlarmi Ha fatto
tutto alla svelta
Senza guardarmi È uscito
Si è alzato
Aveva bevuto
Si è messo il cappello
in testa Ed io
Ha messo
Ho preso
L'impermeabile
Le lenzuola fra i denti
Perché pioveva
E sono svenuta
Ed è partito
Sotto la pioggia
Senza una parola
io mi son presa
La testa tra le mani
e ho pianto.
Fammi sapere, PER FAVORE!! J
Love,
Z.
[1] Nella realtà la festa di Sant
Jordi ha luogo a Barcellona il 25 aprile.
[2]Paul Celan, pseudonimo di Paul
Antschel, nasce a Czernowitz nel 1920.Poeta rumeno di lingua tedesca, di
origini ebraiche, vive a Parigi dal 1948, dove muore nel 1970 gettandosi nella
Senna dal Pont Mirabeau.
[3]Paul Celan, “Ritratto di un’ombra”, in Poesie,
a cura di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, Meridiani,1998.
[4] Edward Estlin Cummings (ee.cummings), nasce
a Cambridge, Massachussetts, nel 1894 e muore a North Conway, New Hampshire nel
1962.
[5]ee.cummings ,”cara” da Tulips and Chimneys,1923, in Poesie,
trad. di Mary de Rachewitz,Einaudi, 1987.
[6] Ameen Rihani (Amīn Fāris al Rīhānī) nasce a Freike, Libano, nel 1876. Muore nel villaggio natale nel 1940, dopo
una lunga permanenza a New York (USA). In quella città è membro de “ Il Circolo
di Gibran”.
[7] Ameen Rihani, “Laylat-Al-Layālī “, da Poeti Arabi
di New York, Palomar editore, 2009. Layat- Al- Layālī è l’amata di Qays. L’equivalente arabo-persiano di Giulietta e Romeo.
[8] A Broadway, New York,N.Y.
[9]Pablo Neruda, pseudonimo di
Neftali Ricardo Reyes, nasce a Parral, Cile, nel 1904 e muore a Santiago, Cile,
nel 1973. Nel 1971 gli viene conferito il premio Nobel per la letteratura.
[11] Octavio Paz, pseudonimo di
Octavio Lozano, poeta e diplomatico, nasce nel 1914 a Città del Messico e muore
nel 1998. Nel 1990 gli è conferito il premio Nobel per la letteratura.
[13] Joaquìn Pasos, poeta
nicaraguense che nasce a Granada nel
1914 e muore a Managua nel 1947. Dal 1929
fa parte del gruppo Vanguardia (1928/1931)di José Coronel Urtecho, Pablo
Antonio Cuadra, Manolo Cuadra e altri. Con
alcuni di loro fonda la rivista omonima, organo del movimento.
[14] Joaquìn Pasos,
“Tormenta “, in Poeti
ispanoamericani del Novecento,II vol., a cura di Francesco Tentori Montalto, prefazione di
Mario Luzi, Bompiani, Milano, 1987,da
Poemas de un joven,con prefazione di E.Cardenal, México, Fondo de Cultura
Economica, 1962. Dello stesso autore precede
in Nicaragua, ma nello stesso anno ( 1962),
Sus mejores poesias, Managua, Club del Libro Nicaraguense. Successivo è Poesia escogida, México, CLE, 1974.Ci piace ringraziare il Prof.
Giuseppe Bellini per averci aiutato con il puntuale recupero delle fonti.
[15] Jacques Prévert, poeta e sceneggiatore,
nasce a Neuilly-sur-Seine nel 1900 e muore a Omomille - la - Petite nel 1977.
[16] Jacques Prévert, « Fiesta», da Histoires, Le Pré au Clerc, Paris, 1946. Trad. Maria Gabriella Bruni .
[17]Nazim Hikmet nasce a Salonicco nel 1902, privato della
cittadinanza turca nel 1959 diventa cittadino polacco. Muore a Mosca nel 1963.
[18] Nazim Hikmet , “Nelle mie braccia tutta nuda”, da Lettere
dal carcere a Munevver in Poesie
d’amore; Trad. Joyce Lussu, Oscar Mondadori, 1991.
[19] Konstantinos Petrou Kavafis nasce
ad Alessandria d’Egitto da famiglia greca nel 1863 e muore ad Alessandria
d’Egitto, dopo aver vissuto nel Regno Unito, a Liverpool e in Turchia, a
Costantonopoli,nel 1933. Solo dopo la morte è considerato uno dei più grandi
poeti greci contemporanei.
[20]Kostantinos Kavafis, ”Molto ho guardato la bellezza…”, da Poesie d’amore, Passigli editore,2004.
[21]’Selvaggi’:pittori che a Parigi, all’inizio
del ‘900, vengono definiti così per il loro uso violento del colore.
[22]Gina Valdès nasce a Los Angeles
nel 1943. Fanciulla soggiorna in Messico per poi rientrare negli USA dove
conduce i suoi studi a S.Diego, California. Giovanissima ha una permanenza in
Giappone, paese d’origine del marito, e torna negli USA.Vive a San Diego, alternando
viaggi soprattuto in Messico e in Giappone. Il suo impegno letterario è
improntato pittosto da interessi sociali che estetici. Insegna letteratura
chicana a Sacramento.
[23] Gina Valdes, “ Mangiando fuoco”, dalla silloge Eating
fire( 1986), in Sotto il Quinto sole.
Antologia di Poesia chicana a cura di
Franca Bacchieca, Fabbri ed, 1996.
[24] Jaroslav Seifert nasce nel 1901 a
Zizkov,quartiere operaio di Praga (Cecoslovacchia), e muore a Praga, nel 1986.
Premio Nobel per la letteratura nel
1984.
[25] Gina Valdès,” A Moreno”, in Sotto il quinto sole, op.cit.
[26] Jaroslav Seifert ,” La tua pella ha il candore del bucaneve”, in Le
più belle poesie d’amore, a cura di Piero Gelli,Dalai editore,2002.
[27]Hain teny dall’opera a cura di Bakoly
Domenichini Ramiaramanana,autrice della gigantesca ricerca ’Du
ohabolana au hainteny ’ , Langue, Littérature et Politique à
Madagascar ,éd.Karthala,Paris 1983.Tesi universitaria che si avvale della
scoperta dei preziosi manoscritti ottocenteschi,fatta dalla stessa studiosa nel
1968. L’Ohabolana può avvicinarsi al proverbio, mentre l’hain teny
è piuttosto una poesia popolare. Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[28] R. Tagore, ”Vedendo i tuoi piedi”, da Petali
sulle ceneri in Poesie d’amore, a
cura di B. Neroni, Guanda editore,2008
[29] Ernest Hemingway nasce a Oak
Park, Illinois, nel 1899,e muore a Ketchum, Idaho, nel 1961.Ottiene il Premio
Nobel per la letteratura nel 1954.
[30] Ernest Hemingway,”C’erano Ike e Tony e Jaque e il sottoscritto”;
poesia riconducibile agli anni 1918/20, circa.E’ inserita nella raccolta “88 Poems”curata da Nicholas Gerogiannis
e pubblicata postuma nel 1979,negli USA.In Italia, V.Mantovani cura la traduzione,
che è pubblicata nella collana ‘Specchio’ da Mondadori col titolo 88 poesie nel 1982.
[31] Marcella Delpastre nasce nel 1925
a Germont-de-Chamberet, Limousin, Francia, e muore nel 1998. Poetessa e
contadina, etnologa della sua stessa cultura, d’espressione occitana e francese.
[32]Marcella
Delpastre, « Donna in
fiore », da Il cacciatore d’ombre, Edicions dau Chamin de Sent
Jaume, in Couleurs Femmes, Le Castor
Astral/Le Nouvel Athanor, Paris, 2010.
[33]Francesca Yvonne Caroutch nasce a
Parigi nel 1937; saggista,studiosa di simboli alchemici, soprattutto del
liocorno, convertita al buddismo,
diventa famosa per un libro, Soifs,
pubblicato quando era ancora al liceo. Lesse, per caso, in una traduzione, una
delle poche allora apparse, l’inizio della “Notte”(Dino
Campana), dove si parla della Place d’Italie, a Parigi, con i carrozzoni dei
Boehmiens. La nonna di Francesca era una di loro, possedeva una casa sulle
ruote, frequentava Place d’Italie, forse negli anni descritti dal poeta di Marradi. Ecco che
allora Francesca impara l’italiano, legge, si documenta e si mette, con amore
infinito, a tradurre Campana. Il lavoro duro e lungo è pronto per la
pubblicazione. L’articolo di André Laude, pubblicato su Le Magazine Littéraire,
Paris, nel 1969, viene ripreso da un anonimo estensore del Corriere della Sera,
con il titolo Campana rintocca in
Francia, dando anche qui , in
Italia, la notizia dell’imminente pubblicazione della prima traduzione francese
di Campana che, tuttavia,non sarà mai pubblicata. È traduttrice oltre che di
Dino Campana anche di Giuseppe Ungaretti.
[34] Francesca Yvonne
Caroutch, « Tu mio
sosia… » e « Desiderio cieco
che cozza nelle tenebre » da Clameurs nomades-Editions du
Cygne. In Couleurs Femmes, Le Castor
Astral/Le Nouvel Athanor,Paris, 2010.Trad di Maria Gabriella Bruni.
[35] Elisaveta Bagryana nasce a Sofia
nel 1893 e muore nella sua città nel 1991.È uno dei più grandi poeti del suo
paese che ha saputo coniugare nella sua opera il fascino romantico della donna
orientale e la fiera emancipazione della donna occidentale con la femminilità
universale.
[36] Elisaveta Bagryana,” La discendente”, da Anthologie de la poésie classique bulgare, Paris-Sofia, 2011, avec
le concours du Ministère des Affaires Étrangères et BTA,Sofia et
l’UNESCO,Paris,a cura di Eric Karaïliev.
[38] Mohamed Kacimi El Hassani è nato
a El Hamel, in Algeria. Trasferitosi a Parigi nel 1982, si dedica alla
scrittura in tutte le sue forme: romanzi, poesie, pièces teatrali. È autore, tra l’altro, di Terra
Santa (Elliot, 2008), e di scritti per bambini.
[40]Adonis (Ali Ahamd al-Said), intellettuale
musulmano, poeta e traduttore, ha scritto numerosi saggi critici sulla poesia.
Nasce a Qassabin, Siria, nel 1930. Frequenta l’università di Damasco, per poi
trasferirsi a Beirut nel 1956. Sensibile agli influssi europei, la sua
ispirazione personale si è fusa in modo originale con la tradizione araba,
greca e biblica, mantenendo con l’innovazione una continuità con il passato.
Censurato e perseguitato per le sue idee politiche, sceglie l’esilio e nel 1986
si trasferisce in Francia. E’stato tradotto in molte lingue e più volte
candidato al Premio Nobel per la letteratura. (Vedi nota 44 a pag.25).
[42] Claudio Bertoni, poeta, fotografo
e musicista cileno, nasce nel 1946 a Santiago; vive a Con Con.
[43]Claudio Bertoni, ” Avresti dovuto…”, dalla rivista
messicana Corno Emplumado, in Giovani
Poeti Sudamericani, a cura di Hugo Garcìa
Robles e Umberto Bonetti, Einaudi ed, 1972.
[44]Youcef Sebti, poeta algerino
francofono, impegnato nella promozione della letteratura d’espressione araba, giornalista
e chimico, nasce a Dijelli, El Milia, nel 1943, e muore a El Arrach nel 1993,
una delle numerose vittime delle agitazioni politiche del suo paesein quegli
anni .
[46] Yousef
Sebti, « Notte di nozze », da Anthologie de la nouvelle poésie algerienne, Ed. Saint Germain, 1986 .A cura di J. Sénac. Trad . di Maria
Gabriella Bruni.
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