12. UN DISCORSO
A LUNGO RINVIATO
-Complimenti! È stato interessantissimo! Però,
mi lasci dire, ho sentito la mancanza dell’anima francofona contemporanea … Conosce già la Josée Yvon,
la Desautels, la Lalonde e la Dorion? Le mie amate Québecoises! Devo mandarle la nostra antologia! È stato un bel
colpo per la nostra casa editrice…
Gordon, seduto al tavolo del ristorante
e in attesa della cena mentre beve un bicchiere di Prosecco, osserva Zoé parlare vivacemente con Bellini
che si è subito unito a loro dopo il seminario. Guarda pensieroso quel viso
che, ultimamente, gli è diventato così caro al solo ricordarlo; sorride tra sé nel notare che Zoé, questa
sera, ha indossato un vestitino leggero, che rivela i suoi morbidi
fianchi, e che, quando si interrompe per
sorseggiare il vino, sembra perfettamente consapevole di suscitare un certo
interesse. Lui sente fortemente la sua vicinanza e: ‘No, non posso più
rimandare – pensa- mentre cerca, nel
frattempo, di farsi venire in mente un
posto tranquillo dove poter andare a parlare un po’ insieme a lei dopocena.
Senza Bellini, naturalmente.
-Adoro la Yvon[1]!- sta dicendo Zoé- Eppure in patria non l’ amano molto e
faticava a farsi pubblicare quando era ancora in vita … Troppo radicale! E di
un femminismo provocatore che ne fa l’angelo nero della contro-cultura québecoise. Potrei dire che rappresenta
la vera voce della pluralità del reale, nel suo intreccio di lingue e identità,
anche sessuali - e mentre parla, Zoé sta pensando ad una delle Maîtresses
Cherokee della raccolta di poesie della Yvon degli
anni Ottanta.
Questo il complesso testo
integrale di cui le piace regalare qualche passaggio ai suoi perplessi
interlocutori:
Quanti romanzi di madonne annamite[2]
Allacciati a sacchi a pelo di lusso
e il pianoforte si perde
una colonia d’alghe sui denti
si spande come olio
d’una famiglia nucleare
regina delle marinate dubbiose
diamante d’infimo prezzo al napalm
per infiammarsi i piedi d’ammirazione
una ballerina fornì caprioli e
cinghiali
di fiale di Periactin
un assegno, uno sguardo, un corso classico
lottatrice per les Barrack’[3]
la verità scivola sui battiscopa
unti
non si sfugge proprio ai battiti di speranza
del difficile contagio
come un’ urino-plastica
paralizzata il coltello nella pantofola
un profumo stropicciato
lei non sarà mai
la ragazza tatuata della sauna
facile da seguire marchiata dalla testa ai piedi
le sue cicatrici con funzione di dedica.
-Una vera poesia della guarigione delle
piaghe, di chi si rialza dopo periodi difficili- interviene Bellini, poco
convinto di tutto quell’entusiasmo, giusto per cortesia.
Zoé ha cercato di dire i versi
dell’Yvon tutti d’un fiato.
-Certo, l’eliminazione totale della
punteggiatura non va incontro al lettore, sembra una scelta determinata per
nutrire la polisemia del testo- dice svogliatamente Gordon come se intervenisse
solo per dovere conviviale.
Come ha già detto inequivocabilmente Zoé, è un gusto quasi perverso della
provocazione, quello della Yvon, che fa usare alla poetessa immagini corrosive
e ripugnanti, accostate in modo volutamente oscuro con riferimenti autobiografici
continui ed evidenti, a rendere una condizione disperata. L’ambiguità viene
sottolineata dalla completa eliminazione della punteggiatura, come ha intuito
Gordon, che dà anche ai versi un flusso continuo da cui scaturiscono immagini
quasi sovrapposte. Autrice marginalizzata dal pubblico e dall’editoria, in una
regione come quella del Québec, allora meno aperta a modelli di vita
diversificati e a tematiche in forte contrasto con un certo perbenismo
accademico e un po’ bigotto.
-...
oppure - continua imperterrita Zoé-
mi viene in mente una poesia di
Denise Desautels[4]. La
conosce?
Sognare Québec voi dite[5]:
1.
Altrove qui
ai margini del mondo
ci si chiede dove si è, dove si viva, dove si sogni
in quale lingua, con quale mano
sinistra, se sinistra
talvolta immenso, il gesto, si direbbe
come un cuore,
il continente dappertutto intorno
e la stranezza la più intima
scrivere qui la gravità del desiderio
l’orizzonte, la storia
il lungo fiume e la memoria viva
d’una parola, poi d’un’altra
apprese qui: aprile, maggio
fantasma, foresta, uccello o coltre
_ quando nevica ancora
al femminile forse
su un altro tono
sempre _
felicemente oscure, le parole
sotto una campana di vetro
e i Champs de Bataille[8]
Nascita e morte sempre
qualche secolo dopo
bruscamente.
2.
Urbana resistente
sempre più lacerata fra due terre
cerco, scruto, soppeso
la prossimità e la lontananza
i volti simili
e l’unanime lucidità
“Sognare Québec” voi dite
Ora confusione improvvisa
le mie frasi si mescolano
agli avvenimenti delle città e dei continenti
davanti a bastioni, feritoie, laghi, deserti o grattacieli
io mi monto la testa, e tutte le autostrade
mi tornano cariche di cenere.
There Will Be Blood, There Will Be Blood[9]
Più in alto, molto più in alto io respiro e cammino
avenue Christophe - Colomb [10] o altrove
_ fra due capi del mondo
in questo paese recente
stravagante e sognatrice
ad ogni passo stupita
d’esser tornata
d’essere qui
“Sognare Québec” voi dite
Ad ogni passo l’enigma
ciò che si lascia di sé alla frontiera
ciò che l’aurora, senza nulla tradire, raccoglie.
-… una poesia in cui segrete
sensibilità femminili si intrecciano ai ricordi del Passato; tutto reso
attraverso illuminazioni improvvise e mediante una lingua a metà strada tra
poesia e prosa. Come se la Desautels volesse farci cogliere la sfasatura tra macrostoria
e piccole storie personali che continuano a intrecciarsi su piani temporali
diversi. I luoghi legati alla storia nazionale sono diventati luoghi del
quotidiano, di piccoli gesti, luoghi di solitudine e follia, con un sentore di
distruzione e morte. Se vogliamo, ancora una poesia intimistica, ma come in
esilio nel suo stesso paese … È una sorta di poesia dell’erranza.
Una regione strana, la provincia del Québec, che attrae e
respinge a un tempo, per il fascino delle molteplici contraddizioni, eredità di
un passato recente, difficile, povero e chiuso, contro un presente liberato,
che però ne conserva ancora le
cicatrici. È emblematico, a questo proposito, il testo di Catherine Lalonde[11]:
Ti mostro me stessa e la mia decorazione interiore [12]
Ti mostro me stessa e la mia decorazione interiore
i tappeti rossi
sesso
e lingua
per accoglierti da
re
i bruchi delle stie gli incendi fertili
le piccole sfere di
legno trascinate dalla corrente
l’aurora boreale la
notte in cui Petronilla ha partorito
i cuccioli di terra molle
le immagini rimaste bendate nell’arco della mia
infanzia
e il bersaglio della mia morte
io ti mostro la tire[13] la tire Santa
Caterina
impiastricciata
nelle mie trecce
la collezione di alberi morti di mio padre i
gran
falò di San Giovanni che davano riflessi rossi
ai capelli
la riserva dei Gran Giardini quella foresta
difforme
i suoi alberi bruciati nel mio ventre ma rimasti
in piedi
il suolo raro che dovrebbe essere altrove ma
che lascia risalire fossili e ricordi il mio
Giardino personale carne delle
Meraviglie e delle Angosce
la notte appende la sua luna
unica palla di Natale alla tua finestra
io ti mostro a casa mia gli arazzi degli
inconsci
successivi
il palo del calvario piantato nella mia lingua
di donna
scheggia trasmessa da donne di prima
le brute senza scuola né libri che parlavano
dei possibili fra bucato Dio e
dodici figli
non godere sui muri
vengo da un paese dove le donne si
sgravano ciò
lascia tracce
nodi nei capelli.
Versi che sembrano rappresentare in
modo molto originale quella realtà, stratificata e composita.
La poetessa scompone
infatti il senso logico e la costruzione sintattica della frase introducendo enjambements che la disarticolano : ” Ti faccio vedere me
stessa e la mia decorazione interiore /i tappeti rossi sesso/ e lingua /per
accoglierti da re”, dove il senso è: ti faccio vedere la mia decorazione
interiore, i tappeti rossi, sesso e lingua per accoglierti da re.
La comprensione immediata
diventa quindi impossibile. Il lettore è obbligato a compiere un lavorio
interpretativo per ripristinare la logica della frase. Questo lavorio potrebbe
corrispondere al travaglio psicanalitico che lei stessa ha dovuto compiere per
disfarsi dai traumi, dalle remore, dalle limitazioni tramandate da secoli di
oppressione della donna nel suo paese, che pure ama e che le ha lasciato anche
teneri ricordi, che sono appunto
l’oggetto della poesia.
Se ne parlassero, Gordon
si ravviverebbe almeno per un attimo, incuriosito da un particolare che non
sfuggirebbe alla sua attenzione, per quanto
apparentemente opaca, e non potrebbe fare a meno di tornare a osservare:
-Ancora una volta l’assenza di punteggiatura è determinante per ottenere
quell’effetto sul lettore … Potrei quasi dire che è uno strumento che ha finito
per fare parte integrante della scatola degli attrezzi della poesia contemporanea, che alcune scrittrici, che volevano esprimere
nuove realtà, scelsero per ottenere uno
dei suoi più ricorrenti effetti speciali.
E Zoé continua imperterrita, dopo aver preso
fiato, mentre assaggia svogliatamente
l’antipasto, che tiene, invece, occupati i due accompagnatori: - … e, nella diversità di voci e tendenze
degli ultimi anni, aggiungerei anche
Hélène Dorion[14] … Converrà, converrete … che la scrittura al
femminile è stata prevalentemente scrittura dell’intimo, ma quando il nuovo
rapporto con il proprio corpo diventò poi
rivendicazione …
-Eh, già … il privato è
politico … - riesce a farfugliare Bellini.
Ma Zoé non ha nessuna intenzione di cedere il campo e continua,
mangiucchiando distrattamente: “… e che dire del rapporto del testo con la
realtà? Ho visto a volte
stravolgere il codice linguistico, altre
volte esprimersi addirittura aldilà dei codici, in un continuo
adattamento …”
- Il che, in letteratura … - Bellini cerca nuovamente di intervenire,
ma Zoé riprende senza lasciargliene il tempo, sia pure con una certa grazia e
delle piccole astuzie seduttive che frenano il povero Fosco.
‘Quando fa così, è decisamente
insopportabile! - pensa Gordon, seguendo la scena e gli scappa un sorriso. Comunque, peggio per Bellini! Non ho
nessuna intenzione di andar in suo aiuto.’
E continua a bere e ad ascoltare senza
dire nulla.
Ecco la poesia della Dorion,
alla quale Zoé sta pensando e di cui cita a memoria alcuni versi:
Da qui muove la luce. Guarda[15]
Da qui muove la luce. Guarda
il vuoto che pesa sulla spalla
sparso fra le finestre
Cerca ciò che tu chiami l’impossibile
mosaico silenzioso del viaggio
e la lampada che si direbbe bruciata
dal tempo. Guarda solo la stanza
dove risuona la tua vita. L’ombra mai vista
visibile ora, negli occhi della sera.
*
Fra tutte le terre, il centro, la casa
più al centro, il giardino: canaletti
che tu sarchi, vanga dell’anima
che attira a te il sole
le acque delle piogge sui petali
appena sbocciati. Nel cuore di questo mondo
la carne annerita del nome, teatro delle cose
che tu abbandoni ai venti. Quale uccello nasce
dall’uccello ferito? Tu rifai la tua dimora
ogni giorno, immaginiamo il suolo
sotto la mano, l’albero alto delle stagioni
il cielo piantato nella finestra, il gesto superbo
*
Qui la scala da dove sale
e ridiscende la storia, in questo dettaglio
che tu incarni. Parole spinte
dietro al silenzio. Poco importa
lo spazio lasciato a te stessa
- e resta in sospeso tra i muri, lo scricchiolio degli oggetti –
vedi la finestra, là si agita il mondo
un vento d’alba, e le note del piano
lentamente volteggiano.
Posi il piede, è il mare
che ti scioglie. Dimentichi quasi la piaga
la pietra che giace, sul filo della memoria.
Da anni guardi i rami
come radici, che finalmente si avvicinano.
- È bella! – esclama subito Fosco, ammirato –
Direi, una voce umana che parla di
dubbio, solitudine; la voce di un amante e la sua paura. Luce e ombra, morte e
rinascita, dal personale all’universale …
-Una tenera dedica a un
essere caro che soffre, ma resta generoso e forte?- azzarda, quasi senza
volere, Gordon.
- No - decisa Zoé interrompe
entrambi - Credo invece di poterla interpretare come la storia di una ricerca
interiore, il cammino di chi ha un passato sofferto che non riesce veramente a
superare, anzi di cui tende a restare prigioniero, pur essendo sulla buona
strada per tenerlo sotto controllo: “… i
rami/come radici che finalmente si avvicinano ”. Altrove gli imperativi
sembrano sollecitazioni della poetessa che indica la rotta, anche se poi resta
spettatrice del lavorio compiuto dal personaggio, l’osserva, si interroga
sull’esito, mentre continua a suggerirgli di non chiudersi in sé stesso. ’‘Là”
dove dovrebbe guardare, si oppone al “qui”
dove egli si rinchiude, addirittura negandosi …
-Una poesia che invita alla rilettura, diciamo
- conclude Fosco un po’ stizzito.
Una poesia, dunque, che invita alla
rilettura, come quella di Anne Michaels[16],
di cui Bellini ha parlato nel suo intervento del pomeriggio, in qualità di traduttore
italiano, quando ha detto, citando la poetessa:
"Il poeta parte dalla vita per arrivare al linguaggio, il traduttore
parte dal linguaggio per arrivare alla vita; entrambi, come l'immigrante,
tentano di dare un volto all'invisibile, a quello che c'è tra le righe, alle
implicazioni misteriose"[17]
La poesia di per sé presuppone sempre un ritmo di lettura più lento
rispetto alla prosa; il linguaggio lirico è preciso, non vago; proprio perché è
sintetico, è intenso e il ritmo scelto dall’autore può controllare il
coinvolgimento del lettore nel testo. Nel caso della Michaels, per esempio, la
cui lingua materna è lo yiddish, l’autrice
diviene la prima traduttrice di se stessa. Ma se è dell’orrore, della shoah che ha voluto parlare, se ha voluto scrivere la vita,
raccontare del proprio doloroso passato in una lingua estranea, ha
determinato una sorta di distanza,
producendo un’osservazione più attenta di vicende umane il cui
significato si è fatto in questo modo universale.
Canadese di Toronto, ”la città dove
tutti vengono da un altrove,”[18] figlia di esuli ebrei polacchi, è ormai conosciuta,[19]come Bellini ha fatto
notare, anche per le sue raccolte di versi. La sua poesia è ricerca appassionata di un senso[20], ma con un’originalità
di narrazione, un lessico inconsueto e un’audacia di stile in cui cuore e
testa, corpo e spirito si fondono
ricordandoci il pensiero sentito dei poeti metafisici inglesi[21]. Vita –
memoria- scrittura sono tenute insieme, nella sua poesia, dall’elemento temporale.
Secondo la Michaels, il tempo
modifica la Storia in modo definitivo, rendendola amorale e ingannevole. La memoria, al contrario, rende eterno il significato della Storia,
attraverso lo strumento della scrittura o di altri linguaggi. La memoria è ciò che ricordiamo
consapevolmente ed è, dunque, morale.
Quella che segue è una citazione da una
delle poesie, insolitamente lunghe, pezzi di storie o frammenti di
biografie, di Anne Michaels, intitolata:
Parole per il corpo[22]
Qualunque scoperta di forma è un momento di memoria,
esistente come il momento storico – solo,
e esistente nella storia – lineare,
in musica, nella frase.
Ogni poesia, ogni brano ci ricorda perfettamente,
nel modo in cui la terra ricorda i nostri corpi,
nel modo in cui l’uomo e la donna nel congiungersi
si ricordano reciprocamente prima che fossero separati.
Sono più di venticinque anni e ogni poesia d’amore
dice come la tua musica e le mie parole siano la stessa cosa:
in lode dell’aria comune, del motivo, della memoria.
La lode della memoria è lode del corpo .
E io mi ritrovo a descrivere
Il congiungersi di occhi e fianchi,
il rifugio di lombi e labbra,
come il cantare di due piccoli corpi in una forra buia,
come due piccoli corpi
che sostengono il cielo notturno in un campo d’inverno.
L’amore, in questi frammenti biografici,
dove prevale un senso generale di incompiutezza, diviene l’unico elemento
realizzato, l’ unica possibilità di salvezza dal dolore:
In arrivo[23]
Sarà in una stazione
con il tetto di vetro
sudicio della
fuliggine
di tutti i treni
e
si abbracceranno per ogni miglio
dall’arrivo. Non si lasceranno
andare, non per tutta la lunga strada,
il braccio di lui nella curva
del desiderio di lei. Camminare in una città
che nessuno dei due conosce troppo bene,
guardando donne con borsoni
dare monete a un prete per i
veterani di guerra;
scoprire la veduta della chiesa da un buco di serratura
in un vecchio muro attraverso la
città, la cupola
iscritta con precisione nel foro,
come un occhio. Nella casa
dell’inverno, sotto una terra
di coperte, lui le scalda la pelle
mentre lei risale dall’aria.
C’è un modo in cui i nostri corpi
Non sono nostri, e quando lui la trova
c’è finalmente posto
per tutti quelli che amano,
il luogo che lui trova,
lei trova, ogni parola di pelle
una decisione.
C’è terra
che non lascia mai le tue mani,
pioggia che non lascia mai
le tue ossa. Parole così vecchie che si staccano
da noi, perché possono solo essere
staccate. Loro non si lasceranno
andare, perché un pezzetto d’amore
si è staccato dall’amore,
come pietrisco,
dalla pietra,
pioggia dalla pioggia,
come il mare
dal mare.
Nel frattempo, Zoé, Gordon e
Fosco hanno già scelto il dessert e sono in attesa dei caffè più
o meno ristretti; la conversazione comincia a sfilacciarsi e ognuno sembra
perso in un proprio pensiero …
Quando finalmente termina
la cena, Bellini, ormai stanco e visibilmente provato, si scusa, saluta gli
amici e si dilegua rapidamente alla ricerca di un taxi per tornare in albergo, lasciando
gli altri due apparentemente indecisi sul da farsi.
A Gordon piace camminare dopo un pomeriggio seduto al
chiuso , le lunghe gambe costrette dal sedile davanti, e gli piace camminare
per Londra la notte con i taxi neri che sfrecciano, le insegne dei locali, le
sagome scure delle case e le luci sull’asfalto. Stasera con qualcuno speciale
accanto. Insieme a Zoé, dunque,
raggiunge un caffè poco distante.
-Niente poesia, Zoé.
D’accordo?
-Sì, sì, hai ragione. E
poi … è da tanto che volevo parlarti.
- Anch’io, e pare proprio che
ormai … non possiamo evitarlo.
-Senti Gordon, ci sto
pensando da quella sera a Copenhagen … poi tutto si è così complicato. Mi sono
sentita così vicina a te e poi, però, laggiù in Argentina di nuovo così
distante che... Cioè, quello che voglio dirti è che non vorrei, per l’ennesima
volta nella mia vita, aver strafatto, aver prevaricato …
-Beh, hai appena distrutto
Bellini, ma in questo caso me ne compiaccio!
-Dai, Gordon. Ascolta … So di
essere insopportabile in quei momenti, ma è più forte di me. Con gli uomini,
soprattutto.
-Sì, l’ho notato: non posso
negarlo – e sorridendo aggiunge- e, in effetti, ora che ci penso, c’era già
qualcosa di questo tipo quando ti ho incontrato tanti anni fa …
-Mah!- a Zoé sfugge un
sospiro e continua – Vedi, a forza di sentir parlare mia madre -Gli uomini sono
tutti uguali! Non permettere a nessuno di dire l’ultima parola!!-,alla fine, si
cerca qualcosa, un mezzo, un’arma per sopravvivere, per non soffrire … Sai, non ho mai conosciuto mio padre e quel
che è peggio è che, per tutto il tempo che ho vissuto con mia madre, non ho mai
visto nessun uomo in quella casa. Né zii, cugini, nonni, amici. Nessuno. Un
mondo interamente al femminile, anzi un mondo fatto soprattutto da lei. Neanche
se ne parlava di uomini, se non in quei termini. Di mio padre, insomma non ne
so quasi nulla.
-Zoé, non credere … Troppe
assenze per qualcuno, troppe presenze per altri. Io ce li ho avuti un padre e
una madre, ma erano una coppia così perfetta e autosufficiente, si amavano così
tanto che mi sono sempre sentito un intruso. Eppure a modo loro sono stati
affettuosi. Poi, però, lo sai, non ho avuto figli, anche se mia moglie ne
avrebbe voluti … chissà? Non l’ho fatto.
Forse, per paura di creare intrusi, come me.
-Amavi così tanto tua
moglie?
- No, Zoé, non è così la
storia … Non vorrei che ti creassi un’immagine falsa di me. Sono stato crudele
con mia moglie. L’ho fatta soffrire.
Volutamente …
- Gordon … dobbiamo dirci un mucchio
di cose.
-Ci sarà tempo, se ci va. Intanto,
riprendiamo da dove avevamo interrotto a Copenaghen …
E senza poter più a lungo
controllare quello che da un pezzo lo
sta ossessionando, Gordon, terrorizzato,
sente la sua voce dire: -Zoé, credo di amarti. - Per poi cercare di arginare con un -.. ma
non sono sicuro di saperti rendere felice...
-Oh, Gordon, ma se è per questo, neanch’io. – risponde subito
Zoé, guardandolo dritto negli occhi -Faremo del nostro meglio, comunque …. Anch’io
ti amo.
- … Ehr … ci vuole qualcosa di forte! Che ne dici? Va bene anche per te?
Poi, le ore, dopo queste prime
battute, scorrono, ma nessuno dei due ha la minima percezione del tempo
passatoHanno parlato un po’ della loro vita, del lavoro, delle case dove hanno
vissuto negli ultimi anni, della nuova casa di Zoé, finalmente trovata grazie a
Bertrand; hanno ricordato quell’incontro di tanti anni fa, le poche lettere di
Zoé, le gelosie inconfessate, il dimenticare senza accorgersene tra mille cose
nuove …
-Eri bella, ma con l’aria di
quella che aveva già tante esperienze … e noi, poveri cristi, che speravamo in
uno sguardo.
-Dai! Intanto non è vero: non
pensavo che tu fossi un povero cristo! Anzi, mi piaceva il fatto che non ci
provavi come gli altri Comunque, altre
vite, altre persone. Faccio fatica a pensare che noi siamo quelli.
- No, non ci son più quei due! Ci sono state tante altre cose, altri
giorni, altre notti. “E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come
lacrime nella pioggia”[24]-comincia a citare Gordon, con voce impostata, per
poi, insieme a lei, ad una sola voce, concludere: -“… è tempo di morire!” e finalmente
ridere. Insieme.
Guardandolo teneramente Zoé comincia a
camminargli accanto in cerca di un taxi con cui raggiungere la casa di lui.
-È questa la famosa tana,
il posto in cui vivi?
-Quello in cui ogni tanto vivo. Sì.
-C’è odore di toast … mi piace!- e il suo sguardo vaga
per la stanza, si posa sulle poche foto, sui libri accatastati, sui disegni
incorniciati, sulla scrivania stracolma di volumi e fogli. Loro due sono lì
accanto, in piedi e vicini; la notte ha ingoiato il parco aldilà della finestra
e dietro le tende affiora l’immagine di un uomo e una donna e del loro
desiderio.
Gordon le sfiora il viso con
la mano e, quando infine si baciano, continuano a lungo a cercare ciascuno le
labbra dell’altro, e a esplorare i loro corpi finalmente vicini.
Il rapido e inaspettato
uscir di scena di uno dei protagonisti, però, rimescolerà di nuovo tutta la
situazione.
Zoé si è, infatti, come
improvvisamente incupita e invece di rispondere all’ultimo abbraccio pieno di
aspettative di Gordon si scosta e lo
allontana da sé, mormorando in fretta: -No, no. Dammi un po’ di tempo. Mi
dispiace, Gordon, scusami. Non riesco a rilassarmi … Lo sai devo ripartire tra
qualche ora… Mi dispiace, davvero! Devo tornare in hotel … Vieni venerdì a
Parigi: mi aiuterai durante il trasloco e staremo insieme. Ora, chiamami un
taxi, per favore. Per favore, Gordon … No, no, non accompagnarmi …
[1]Josée Yvon, regista e
sceneggiatrice occasionale, traduttrice, insegnante di letteratura e critica
letteraria, nasce a Montréal, Québec, nel 1950 e muore di Aids nella stessa
città nel 1994. In tutti i suoi lavori ha denunciato l’oppressione sociale e rappresentato
la marginalità e la sessualità attraverso l’uso di immagini violente, talvolta
apertamente pornografiche, e un linguaggio fortemente popolare.
[2] Josée Yvon, « Quanti romanzi di madonne annamite », in
Couleur femmes, Le Castor Astral/Le
NouvelAthanor, Paris, 2010.Trad. di Maria Gabriella Bruni. Le Maîtresses Cherokee della raccolta sono
quattro lesbiche vittime dell’intolleranza sociale e maschilista.
[3]Caserme, ma anche il nome di un
locale di Montréal frequentato da omosessuali.
[4]Denise Desautels nasce a
Montréal, Québec, Canada, nel 1945. Autrice prolifica, molto attiva nel mondo
delle lettere, è cofondatrice di una casa editrice e insegnante; ha collaborato
con molti artisti visivi e ricevuto importanti premi e riconoscimenti.
[5] Denise Desautels, « Sognare Québec voi dite », in Couleur Femmes, op.cit.; trad. di Maria Gabriella
Bruni.
[6] Il primo convento delle Orsoline
in Quebec fu fondato nel 1639, agli inizi della sua colonizzazione da parte dei
Francesi.
[7] Nel 1759, dopo più di due mesi di
assedio, il Quebec capitola davanti agli attacchi degli Inglesi. L’eroico
Montcalm, responsabile della difesa, aveva giocato una difficile partita contro
un potente nemico, e la mancanza di cibo e armi adeguate, ma i Canadesi
crollarono in un quarto d’ora per un’imboscata. Quando Montcalm morì, seguì una
grossa confusione e molti fuggirono via. La sensazione fu quella che l’intera
Francia, insieme a Montcalm, fosse morta. Fu, in effetti, l’inizio della fine e
dopo un mese anche Montréal fu conquistata dagli Inglesi.
[8] È il primo parco urbano storico
del Canada; sorge sui luoghi dell’assedio del 1759. È chiamato anche Plains de Abraham ed è luogo amato dai Quebecois, che lo frequentano per
prendere il sole o praticare attività sportive.
[9] Da Esodo 7:19, in cui Dio spinge
Mosè a chiedere al Faraone la libertà per Israele, sapendo bene che sarà rifiutata. In tal modo
Dio provocherà una giusta punizione e potrà distruggere l’Egitto.
[10] Il lungo viale di Montréal (Km
8,5) che va da Sud verso Nord.
[11] Catherine Lalonde nasce a
Montréal, Québec, Canada, nel 1974. Autrice precoce (pubblica il suo primo
libro a 16 anni), critica e poeta, insegna educazione fisica e danza
contemporanea. Nel 2009 le è stato conferito il premio Èmile Nelligan.
[12] Catherine Lalonde,”Ti
mostro me stessa e la mia decorazione interiore,Cfr.
Corps étranger, ©Québec Amérique /
La Passe du Vent , In Couleur
Femmes, op. cit. Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[13] La tire Sainte Catherine:
sciroppo d’acero, colato sulla neve fino a farne una granatina candita e
appiccicosa che si vende il 25 novembre durante la festa di Santa Caterina.
Oggi anche una caramella di melassa.
[14] Hélène Dorion nasce a Québec,
Québec, Canada, nel 1958.Laureata in filosofia e letteratura, ha pubblicato una
ventina di opere. Una retrospettiva della sua opera è stata curata dalle
edizioni dell’Hexagone, col titolo Mondes
fragiles, choses frêles. Poèmes 1983-2000( Mondi fragili, cose
delicate. Poesie 1983-2000), 2006. Ha ricevuto molti premi letterari e
riconoscimenti.
[15] H. Dorion, « Da qui
muove la luce. Guarda»,da Ravir: les lieux,La Différence ,in Couleur Femmes ,Op. Cit .Trad. di Maria Gabriella
Bruni.
[16]Anne Michaels, nasce a Toronto
,Ontario, Canada, nel 1958.
[17]
Anne Michaels,”Parole per il corpo”in
In fuga, 2001, Giunti, Firenze; pag. 96.
[18] “il caravanserraglio di suoni e
colori, dove la ricerca del senso dell’essere deve ricondurre all’uomo”. DaLa seconda storia di Francesca Romana
Paci, in In fuga, ibidem.
[19] Ottenne un grande successo con il
romanzo In fuga, una specie di canto alla ritrovata possibilità di amare
dopo l’Olocausto.
[20] Cfr. La tradizione europea del
Novecento tra le due guerre.
[21] Sec XVII.
[22] Anne Michaels, dalla prima
raccolta poetica, A peso delle arance
del 1986, pubblicata in Quello che la
luce insegna, a cura di Francesca Romana Paci, Giunti Gruppo Editoriale,
Firenze,2001.
[23] Anne Michaels, “In arrivo” ( 1999) dalla terza raccolta
di poesie, pubblicata in ibidem.
[24] Dal monologo finale dal film:”Blade runner”di Ridley Scott (1982).
"Il poeta parte dalla vita per arrivare al linguaggio, il traduttore parte dal linguaggio per arrivare alla vita; entrambi, come l'immigrante, tentano di dare un volto all'invisibile, a quello che c'è tra le righe, alle implicazioni misteriose"[17]
La poesia di per sé presuppone sempre un ritmo di lettura più lento rispetto alla prosa; il linguaggio lirico è preciso, non vago; proprio perché è sintetico, è intenso e il ritmo scelto dall’autore può controllare il coinvolgimento del lettore nel testo. Nel caso della Michaels, per esempio, la cui lingua materna è lo yiddish, l’autrice diviene la prima traduttrice di se stessa. Ma se è dell’orrore, della shoah che ha voluto parlare, se ha voluto scrivere la vita, raccontare del proprio doloroso passato in una lingua estranea, ha determinato una sorta di distanza, producendo un’osservazione più attenta di vicende umane il cui significato si è fatto in questo modo universale.
Canadese di Toronto, ”la città dove tutti vengono da un altrove,”[18] figlia di esuli ebrei polacchi, è ormai conosciuta,[19]come Bellini ha fatto notare, anche per le sue raccolte di versi. La sua poesia è ricerca appassionata di un senso[20], ma con un’originalità di narrazione, un lessico inconsueto e un’audacia di stile in cui cuore e testa, corpo e spirito si fondono ricordandoci il pensiero sentito dei poeti metafisici inglesi[21]. Vita – memoria- scrittura sono tenute insieme, nella sua poesia, dall’elemento temporale.
esistente come il momento storico – solo,
e esistente nella storia – lineare,
in musica, nella frase.
Ogni poesia, ogni brano ci ricorda perfettamente,
nel modo in cui la terra ricorda i nostri corpi,
nel modo in cui l’uomo e la donna nel congiungersi
si ricordano reciprocamente prima che fossero separati.
Sono più di venticinque anni e ogni poesia d’amore
dice come la tua musica e le mie parole siano la stessa cosa:
in lode dell’aria comune, del motivo, della memoria.
La lode della memoria è lode del corpo .
E io mi ritrovo a descrivere
Il congiungersi di occhi e fianchi,
il rifugio di lombi e labbra,
come il cantare di due piccoli corpi in una forra buia,
come due piccoli corpi
che sostengono il cielo notturno in un campo d’inverno.
[1]Josée Yvon, regista e
sceneggiatrice occasionale, traduttrice, insegnante di letteratura e critica
letteraria, nasce a Montréal, Québec, nel 1950 e muore di Aids nella stessa
città nel 1994. In tutti i suoi lavori ha denunciato l’oppressione sociale e rappresentato
la marginalità e la sessualità attraverso l’uso di immagini violente, talvolta
apertamente pornografiche, e un linguaggio fortemente popolare.
[2] Josée Yvon, « Quanti romanzi di madonne annamite », in
Couleur femmes, Le Castor Astral/Le
NouvelAthanor, Paris, 2010.Trad. di Maria Gabriella Bruni. Le Maîtresses Cherokee della raccolta sono
quattro lesbiche vittime dell’intolleranza sociale e maschilista.
[3]Caserme, ma anche il nome di un
locale di Montréal frequentato da omosessuali.
[4]Denise Desautels nasce a
Montréal, Québec, Canada, nel 1945. Autrice prolifica, molto attiva nel mondo
delle lettere, è cofondatrice di una casa editrice e insegnante; ha collaborato
con molti artisti visivi e ricevuto importanti premi e riconoscimenti.
[5] Denise Desautels, « Sognare Québec voi dite », in Couleur Femmes, op.cit.; trad. di Maria Gabriella
Bruni.
[6] Il primo convento delle Orsoline
in Quebec fu fondato nel 1639, agli inizi della sua colonizzazione da parte dei
Francesi.
[7] Nel 1759, dopo più di due mesi di
assedio, il Quebec capitola davanti agli attacchi degli Inglesi. L’eroico
Montcalm, responsabile della difesa, aveva giocato una difficile partita contro
un potente nemico, e la mancanza di cibo e armi adeguate, ma i Canadesi
crollarono in un quarto d’ora per un’imboscata. Quando Montcalm morì, seguì una
grossa confusione e molti fuggirono via. La sensazione fu quella che l’intera
Francia, insieme a Montcalm, fosse morta. Fu, in effetti, l’inizio della fine e
dopo un mese anche Montréal fu conquistata dagli Inglesi.
[8] È il primo parco urbano storico
del Canada; sorge sui luoghi dell’assedio del 1759. È chiamato anche Plains de Abraham ed è luogo amato dai Quebecois, che lo frequentano per
prendere il sole o praticare attività sportive.
[9] Da Esodo 7:19, in cui Dio spinge
Mosè a chiedere al Faraone la libertà per Israele, sapendo bene che sarà rifiutata. In tal modo
Dio provocherà una giusta punizione e potrà distruggere l’Egitto.
[10] Il lungo viale di Montréal (Km
8,5) che va da Sud verso Nord.
[11] Catherine Lalonde nasce a
Montréal, Québec, Canada, nel 1974. Autrice precoce (pubblica il suo primo
libro a 16 anni), critica e poeta, insegna educazione fisica e danza
contemporanea. Nel 2009 le è stato conferito il premio Èmile Nelligan.
[12] Catherine Lalonde,”Ti
mostro me stessa e la mia decorazione interiore,Cfr.
Corps étranger, ©Québec Amérique /
La Passe du Vent , In Couleur
Femmes, op. cit. Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[13] La tire Sainte Catherine:
sciroppo d’acero, colato sulla neve fino a farne una granatina candita e
appiccicosa che si vende il 25 novembre durante la festa di Santa Caterina.
Oggi anche una caramella di melassa.
[14] Hélène Dorion nasce a Québec,
Québec, Canada, nel 1958.Laureata in filosofia e letteratura, ha pubblicato una
ventina di opere. Una retrospettiva della sua opera è stata curata dalle
edizioni dell’Hexagone, col titolo Mondes
fragiles, choses frêles. Poèmes 1983-2000( Mondi fragili, cose
delicate. Poesie 1983-2000), 2006. Ha ricevuto molti premi letterari e
riconoscimenti.
[15] H. Dorion, « Da qui
muove la luce. Guarda»,da Ravir: les lieux,La Différence ,in Couleur Femmes ,Op. Cit .Trad. di Maria Gabriella
Bruni.
[16]Anne Michaels, nasce a Toronto
,Ontario, Canada, nel 1958.
[17]
Anne Michaels,”Parole per il corpo”in
In fuga, 2001, Giunti, Firenze; pag. 96.
[18] “il caravanserraglio di suoni e
colori, dove la ricerca del senso dell’essere deve ricondurre all’uomo”. DaLa seconda storia di Francesca Romana
Paci, in In fuga, ibidem.
[19] Ottenne un grande successo con il
romanzo In fuga, una specie di canto alla ritrovata possibilità di amare
dopo l’Olocausto.
[20] Cfr. La tradizione europea del
Novecento tra le due guerre.
[21] Sec XVII.
[22] Anne Michaels, dalla prima
raccolta poetica, A peso delle arance
del 1986, pubblicata in Quello che la
luce insegna, a cura di Francesca Romana Paci, Giunti Gruppo Editoriale,
Firenze,2001.
[23] Anne Michaels, “In arrivo” ( 1999) dalla terza raccolta
di poesie, pubblicata in ibidem.
[24] Dal monologo finale dal film:”Blade runner”di Ridley Scott (1982).
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