Da "La regina degli zingari a Venezia",di Michela Gambillara.
Per la Festa della
Salute a casa cucinavano la castradina, cioè una coscia di montone castrato che
viene salato, affumicato ed essicato, che arriva dalla Dalmazia. Si mangia il
giorno della Madonna della Salute in omaggio ai Dalmati, che durante il periodo
di isolamento per la grande pestilenza del 1630, erano gli unici a rifornire di
cibo la città. I veneziani per quell'anno mangiarono solo carne di montone che
avevano imparato a conservare con la salmistratura.
E così, nel giorno
in cui si celebra ancora dopo cinque secoli la fine della pestilenza, a Venezia
si usa ancora mangiare come allora. Oggi, dopo tanto tempo, ho deciso di
preparare la castradina, come la facevano a casa mia a Cannaregio. Ricordo l’odore forte, di selvatico che si
spargeva per la casa, durante la preparazione, mia madre diceva che schifo e
gelava la casa tenendo le finestre aperte tutto il giorno, invece vorrei proprio
di nuovo sentirlo.
Un cosciotto di
montone, una verza, sale e pepe, olio. Ho raschiato con una spazzola la carne
in modo da togliere il più possibile la salmistratura e messo a bollire
cambiando l'acqua ogni volta che bolle, per tre volte. (La ricetta originale
dice "tre volte in tre giorni" in ricordo della processione di tre
giorni e tre notti intorno a San Marco a cui i veneziani dell'epoca conferirono
il potere di aver placato l 'ira di Dio e quindi la peste). Ho scolato la carne
e ricoperto nuovamente la castradina di acqua per la cottura definitiva, e’
pronta quando la carne è morbida e quasi si sfalda, con la verza tagliata a
striscioline sottili e poi scaltrita. Una spruzzatina di aceto, pronta. E poi,
ho pensato, magari piace anche a Sara Crelia, e’ un piatto che arriva proprio
dalle sue parti e così quando è rientrata, in questa sera di freddo, umido e
nebbia, l’ho invitata a mangiare con me.
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